Barbara Rossi è Presidente de ‘La voce della luna’, Associazione che ha l’obiettivo di promuovere la cultura cinematografica, letteraria, filosofica ed artistica, proponendosi come luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali ed assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l’ideale dell’educazione permanente. L’abbiamo incontrata a seguito dell’uscita del suo libro “Anna Magnani: un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood” (Edizioni Le Mani, Recco, 2015), che racconta una complessa figura di donna e di attrice, con particolare riguardo all’esperienza hollywoodiana.
Partiamo dal titolo del suo libro, “Anna Magnani: un’attrice dai mille volti”. Noi spettatori ricordiamo la Magnani soprattutto per alcuni ruoli che le hanno regalato il successo internazionale: la popolana di “Roma città aperta” di Rossellini, la madre ambiziosa di “Bellissima” di Visconti… perché, allora, lei parla di “un’attrice dai mille volti”?
Perché effettivamente Anna è stata un’attrice dai mille volti: pensiamo agli esordi teatrali, a quella parte della sua carriera che ha dedicato alla rivista, agli spettacoli in duetto con Totò. Si tratta di una fase che noi abbiamo in parte dimenticato, forse perché oscurata dai ruoli cinematografici di Anna; pensiamo alle parti di mamma tragica, a “Roma città aperta” di Rossellini e a “Mamma Roma” di Pasolini, ruoli con i quali si è fortemente identificata, ma che hanno fatto passare in secondo piano i suoi esordi teatrali e anche il tentativo compiuto dall’attrice di portare alla luce diversi volti di sé valicando l’oceano e andando a lavorare in un contesto produttivo totalmente diverso da quello italiano.
Volti che a Hollywood la Magnani è riuscita a far emergere?
Soltanto in parte. Bisogna tener conto del fatto che lo star system hollywoodiano dell’epoca era piuttosto rigido: di conseguenza, a parte il primo film girato negli States, “La rosa tatuata”, con cui vince l’Oscar, la Magnani si trova, a lungo andare, nuovamente costretta in ruoli piuttosto stereotipati e dunque decide di concludere prematuramente l’avventura americana.
Il suo libro è il frutto di un lungo percorso di studio e di ricerca sulla figura di Anna Magnani: come e quando è nato in lei l’interesse per questa attrice?
L’interesse per la figura di Anna Magnani è nato sin da quando ero ragazzina, e mi incantavo nel guardare i suoi film. Poi, nel corso del tempo e a partire dagli studi universitari ho avuto modo di conoscerla meglio, di approfondire la conoscenza dei suoi ruoli, del suo essere attrice e artista a tutto tondo, dalla straordinaria personalità.
Lei parla nel suo saggio di una unicità della Magnani rispetto alle attrici italiane che sono comparse sullo schermo prima e dopo di lei. In cosa consiste questa differenza tra Anna e le altre?
La Magnani inizia la sua carriera cinematografica nel 1934, con “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma: all’epoca, trionfavano sugli schermi le dive del cinema di regime, che senza dubbio non possedevano la fisicità e il magnetismo, la forza espressiva di Anna. In seguito, quando l’astro della Magnani inizia a declinare, sul finire degli anni cinquanta, vanno di moda le “maggiorate” come la Loren, la Mangano o la Lollobrigida: dive straordinarie, provenienti dai fotoromanzi o dai primi concorsi di bellezza, ma senza dubbio altro rispetto a “Nannarella”. Eduardo De Filippo diceva che «Anna è un animale di cinema e di teatro che non si avrà mai più». Era unica, appunto.
Nel suo libro si concentra sulla cronaca, anche giornalistica, degli anni americani di Anna Magnani, e sull’analisi dei film hollywoodiani. Che cosa l’ha interessata di questa fase della sua carriera?
Si tratta di una fase poco studiata, nonostante le abbia fruttato un Oscar, prima attrice italiana a riceverlo nell’intera storia del premio. Qui in Italia, conquistati dai ruoli che hanno contribuito a far conoscere la Magnani anche oltreoceano, in film quali il già citato “Roma città aperta”, “L’onorevole Angelina” di Zampa e “Bellissima” di Visconti, abbiamo un po’ trascurato ciò che ha realizzato altrove. Eppure, è proprio dalla lettura delle cronache giornalistiche dell’epoca che la riguardano, come del ricco epistolario con i grandi produttori e registi americani che emergono i mille volti di Anna. Un’attrice istintiva nella recitazione, ma anche estremamente pignola e precisa nella preparazione a un ruolo: era capace di ricordare alla perfezione ogni singolo passaggio del copione. Mi ha molto colpita, inoltre, nella ricostruzione degli anni americani, la sua intenzione di dedicarsi alla regia, di passare dietro la macchina da presa, proposito inconsueto, in quel periodo, per un’attrice, e che la dice lunga sul suo straordinario talento.
C’è un aneddoto legato alla Magnani degli anni hollywoodiani che ci può raccontare?
Di aneddoti ce ne sarebbero tanti. Ma ne ricordo uno, in particolare, legato alla figura di Marlon Brando. Brando e Anna si incontrano sul set di “Pelle di serpente”, di Sidney Lumet, l’ultimo film americano della Magnani, e fanno scintille. Sono due divi profondamente diversi fra loro, per carattere e modo di recitare: per questo passano tutto il giorno a litigare. Un giorno Marlon va nel camerino di Anna con un’aria torva: «Tu sei molto più forte di me, tu vinci sempre», le dice. Anna risponde serafica: «Tu non sai, Marlon, quante volte ho perso nella mia vita. Ma perdere ogni tanto fa bene. Farebbe bene anche a te».
Quale tra i film americani della Magnani le è piaciuto di più e perché?
Ho amato tutti i film hollywoodiani della Magnani, ma in particolare “La rosa tatuata” di Daniel Mann, con cui ha vinto l’Oscar: qui, la particolare alchimia creatasi sul set con il regista e con Burt Lancaster, ha permesso ad Anna di uscire almeno in parte dallo stereotipo in cui molti ruoli italiani l’avevano costretta. Amo molto anche “Pelle di serpente”, il suo terzo e ultimo film americano: una storia tragica scritta per la Magnani ancora una volta da Tennessee Williams, la riproposizione in chiave moderna del mito di Orfeo ed Euridice. Un film drammatico, estremo a tratti, ma in cui possiamo godere dell’interpretazione di due grandi divi internazionali.
Che cosa pensa che rappresenti Anna Magnani per le generazioni che hanno avuto modo di conoscerla direttamente e per quelle più giovani?
Per quanto riguarda le prime, credo che Anna Magnani abbia rappresentato il simbolo della ricostruzione dopo la tragedia della seconda guerra mondiale; in particolare, ha incarnato tutte quelle donne che con il loro duro lavoro quotidiano hanno riedificato, mattone dopo mattone e dal basso, il nostro Paese, lottando nello stesso tempo per far quadrare il bilancio familiare e crescere i figli. Le giovani generazioni, invece, sfortunatamente la conoscono meno: forse hanno nella memoria quella caduta mortale della Pina sul selciato di via Montecuccoli, a Roma, che grazie al film di Rossellini ha reso la Magnani un simbolo e un’icona. Ma Anna è stata ed è molto altro, sia dal punto di vista artistico che umano: come tutti i grandi artisti, un’opera aperta, con ancora molto da raccontarci.
Per quale motivo sia i lettori giovani che quelli meno giovani dovrebbero acquistare il suo libro?
Da lettrice, penso che il mio libro possa interessare le giovani generazioni per l’opportunità che offre di scoprire un’attrice e una donna che non appartiene al loro immaginario; per quanto riguarda la generazione più matura, credo che contribuisca a rievocare due mondi artistici che ci hanno fatto egualmente sognare: quello di Cinecittà negli anni Cinquanta, degli attori italiani venuti dal teatro e poi passati al grande schermo, da Totò ad Aldo Fabrizi, da Carlo Campanini ad Ave Ninchi; e quello hollywoodiano degli stessi anni, frequentato da star del calibro di Bette Davis, Ava Gardner, Joan Crawford, Marlon Brando, Burt Lancaster e molti altri.
Che insegnamento potrebbero trarre i giovani da questo libro?
Se di insegnamento possiamo parlare, credo che possa derivare non dal libro in sé, ma dalla figura di Anna stessa: una donna, prima ancora di un’attrice, che si è fatta strada contando esclusivamente sulle proprie forze, senza l’aiuto di nessuno; e che, oltretutto, è stata molto coraggiosa, a un certo punto della sua carriera, nell’abbandonare una patria che l’aveva messa da parte ma che aveva anche saputo porre in risalto il suo talento, per andare a lavorare in un luogo e in un contesto produttivo molto diversi da quelli abituali, con l’obiettivo di scoprire nuovi lati del proprio talento. La Magnani ci insegna che c’è sempre la possibilità, nella vita, di superare i propri limiti, di avvicinarsi ai propri sogni, facendo leva su noi stessi. Un monito davvero molto attuale.
E’ già possibile trovare il suo lavoro in libreria, e dove può documentarsi il lettore che desidera saperne di più?
Il mio libro è uscito in libreria a metà luglio; per saperne di più e per venire aggiornati sulle novità e sulle date delle presentazioni, è possibile visitare i siti www.lemanieditore.com e www.annadaimillevolti.wordpress.com
Ricordo, inoltre, il sito dell’Associazione La voce della luna, www.voceluna.altervista.org