Meschine convenienze

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Noi tutti, da bambini, abbiamo sognato il grande eroe che inseguisse i cattivi sul suo cavallo bianco. Poi, crescendo, abbiamo cominciato a notare che le cose non erano proprio così semplici come immaginavamo che fossero: a volte buoni e cattivi si scambiavano i ruoli, a volte quelli che erano cattivi diventavano buoni e viceversa. La politica ha le sue convenienze, dicevano i più anziani. Qualche volta stai con uno solo perché ti conviene e dai addosso a un altro sempre per lo stesso motivo. Ragion di stato, si chiama anche, o questione di opportunità, come dicono gli strateghi.

Ebbene, questa ragion di stato o questione di opportunità sta combinando una vera nefandezza a spese dei Curdi.

Per chi non rammentasse bene, vorrei ricordare brevemente l’epopea curda. Si stimaKobane che questo popolo, di ceppo etnico indoeuropeo e di religione musulmana, privo di uno Stato e di un’unità nazionale, sia composto da circa 40 milioni di individui, in prevalenza distribuiti fra la Turchia, l’Iran, l’Irak e la Siria. In nessuno di questi Paesi ha trovato buona accoglienza. Anzi. Il governo di Teheran ha esercitato dure repressioni nei confronti delle loro richieste di autonomia, sia che al comando ci fossero gli scia, sia che ci fossero gli ayatollah. La stessa cosa è avvenuta in Siria con la dinastia degli Assad e in Irak con Saddam Hussein. In Irak, ricorrendo persino allo sterminio di interi villaggi mediante il ricorso ad attacchi con armi chimiche.

La Turchia non è stata da meno. Possiamo ricordare come i governi turchi giunsero a denominare i Curdi come “turchi di montagna” negli anni trenta e come “turchi orientali” negli anni 80 del ‘900. Qualunque cosa, pur di puntare a un’assimilazione forzata e al disconoscimento di qualsiasi elementare diritto di questa pur cospicua minoranza che stava nei suoi confini.

Ma i Curdi sono un popolo tenace, che non si rassegna. Così, in Turchia nasce il PKK, quello di Öcalan, in carcere dal 1999, dove da tempo porta avanti trattative di pace con il governo turco. In Siria si costituisce nel 2003 il Partito indipendentista (Pyd), affiliato al PPK con cui condivide basi anche in Irak, con i suoi combattenti noti come Unità di protezione del Popolo (Ypg). Ancora, in Irak dopo la sconfitta di Saddam Hussein, si forma il Governo Regionale del Kurdistan (Krg) con i suoi famosi peshmerga.

Quando arriva l’Isis con le sue bandiere nere, chi pensate che si opponga validamente a quell’avanzata? Non certo le truppe irachene, poco addestrate e ancor meno motivate. Non certo il regime siriano, preso in mezzo fra la ribellione interna e l’esercito del terrore. Ci provano alcune milizie iraniane (scite) e gli attacchi aerei di una variopinta coalizione arabo-occidentale, capitanata dagli Stati Uniti. Ma il grosso della resistenza, sul terreno, è opposta dalle forze curde. Fra i tanti episodi, valga per tutti quello di Kobanê, la cittadina al confine turco, conquistata dall’Isis s metà ottobre del 2014 e ripresa dai curdi del Ypg il 26 gennaio 2015, con l’aiuto dei bombardamenti americani e con il sacrificio di tanti combattenti, uomini e donne insieme.

La Turchia? Guardava. Guardava passare i foreign figthers che transitavano di lì per unirsi alla jihad in Siria, guardava passare i rifornimenti che transitavano di lì diretti all’Isis. Qualcuno dice che ha fatto anche buoni affari, trattando logistica e armamenti sottobanco.

Ora, il presidente turco Erdogan pare aver cambiato improvvisamente strategia. Negli ultimi giorni la Turchia ha aperto un nuovo fronte nella guerra contro l’Isis, bombardando le postazioni dei jihadisti in Siria e offrendo le sue basi alla coalizione statunitense. Ma, guarda un po’, ha diretto i suoi assalti aerei anche contro le postazioni curde. Combattiamo tutti i terroristi, ha detto Erdogan.

Gli occidentali? Guardano. L’altra sera, durante una trasmissione televisiva su La7, il famoso Luttwag ha affermato che una sola brigata di un esercito occidentale – 3.000 uomini in tutto – potrebbe sbarcare in Libano e arrivare facilmente in Iran, sbaragliando gli uomini dell’Isis, poco addestrati e poco organizzati. Ma non conviene farlo. Meglio lasciare che laggiù se la sbrighino tra loro.

Meschine convenienze davvero.