Se tornasse Natale di Giacomo Cacciatore [Il Superstite 242]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

Di Giacomo (Cacciatore) mi è rimasto impresso, indelebile un frammento che dice: L’eco, il lamento del tempo truffato (non vi dico da dove viene, Giacomo lo sa ed è ciò che conta) e si tratta di parole che tornano alla mente durante la lettura di Se tornasse Natale.

Ora, parlare di questo suo ultimo libro, uscito da poco per Baldini & Castoldi, senza – come si suol dire – spoilerare è arduo, ma ci provo, anche perché devo dare un senso alla mia apertura.

Il tempo truffato, il tempo rubato, il tempo che il Male-Mafia-Mostro (la M che è una costante sin dal Mostro di Dusseldorf giungendo al REDRUM di Shining specchiato al contrario…) sottrae a un bambino di otto anni di nome Bruno il cui padre svanisce causa lupara bianca uscendo dall’auto per recarsi al mercato della Vucciria.

Siamo a Palermo, la Città Incredibile. Quella location di mille romanzi eHunter altrettanti, speculari storie vere che Giacomo ha raccontato in 17 tappe in suo lavoro antologico del 2012, intitolato, appunto, La Città Incredibile e sottotitolato, appunto ancora, Racconti tra il vero e il probabile. Perché a Palermo si può partire dal vero, dal tangibile quotidiano, e arrivare sull’ingresso della Casa Usher (come ha raccontato Giacomo nel delizioso racconto Edgar è stato a Ballarò), fuor di metafora la visione e l’esperienza di questa città che riescono a oscillare tra poli lontanissimi per definizione ma contigui nella percezione. Se posso scantonare per qualche riga, proprio Giacomo – con Raffaella Catalano – mi ha iniziato, quanti anni fa non saprei più dire (comunque troppi), al tour notturno di Palermo, quando nel suo spazio-tempo la Città Incredibile si trasfigura e cambia pelle, addobbandosi di luce e di bellezze di giorno mimetizzate.

(E’ proprio incredibile, Palermo: in un posto meraviglioso che si chiama Kalesa, a un metro dal mare, ho parlato di Alessandria/Bassavilla a circa 200 persone attente e motivate, il wine bar avrà avuto certo il suo peso ma il climax era già quello notturno…).

Tornando a Bruno e al suo tempo truffato, il nuovo libro di Giacomo è magari il 18° racconto, espanso a romanzo, de La città Incredibile. O forse meglio, Se tornasse Natale contiene tutti gli altri, tagliando il traguardo delle estreme conseguenze socio-antropologiche dei 17 presupposti. Un libro su Palermo, sui palermitani e le palermitane che vedi come un film, tuffandoti all’interno della cornice schermica tanto i suoi personaggi vibrano di autenticità. Un libro, no, forse per quel che riguarda Giacomo, il libro.

La costruzione letteraria, maledettamente efficace, si avvale di una prosa asciutta, scarnificata e al contempo densa, nella quale ogni parola e ogni passaggio sono il frutto di un lavoro di fino cesello da parte di una mente concentrata sul traguardo, la Grande Bellezza delle parole che si sviluppano in sequenza ottimale. La chiusa di un capitolo, meravigliosa e visionaria: «Il resto della notte, per Bruno Lo Bianco, è pioggia che non arriva e correnti d’aria che scatenano fantasmi. Turbini che gonfiano lenzuola stese nel quartiere». O l’incipit del libro stesso, un flash che lampeggia come quintessenza del noir (datemi torto, se ci riuscite): «E poi di punto in bianco la cabina diventa una bara di vetro. L’uomo che vi si scompone dentro, in una giacca spezzata di filamenti argentei, cerca un’ultima parola amorevole dall’altro capo della linea. Di una soltanto, o di qualcosa che le somigli. Non la riceve. Si sente mancare il respiro. Si aggrappa alla cornetta come se fosse un boccaglio d’ossigeno».

Poche righe e questo libro non lo molli più. Come si potrebbe?
Giacomo è poeta, sceneggiatore, ma anche teatrante. La dimostrazione, pratica, che il mestiere dello scrittore ne contiene altri. I suoi romanzi li vedi, lo abbiamo già scritto, come un film. I suoi personaggi li visualizzi con chirurgica, fotografica precisione. La sua voce risuona autorevole come la voce off in Barry Lindon. In una potente sintesi, le parole vivono.

Laura Grimaldi, mai troppo rimpianta, sosteneva che il noir non è tanto un genere con i suoi stereotipi, codici e personaggi. Il noir, la letteratura per eccellenza dei nostri tempi in grado di raccontarci storture e deviazioni del mondo attorno, è l’Anima comune e condivisa dai generi. Anima che volteggia, si piega e sguscia come un serpente, partendo – come si diceva prima – dal tangibile quotidiano per approdare verso le pagine finali nel mondo dark carnival alla Bradbury, dove la Mafia diventa Magia, o viceversa, e Huck Finn si affaccia sul grande fiume, il Mississipi, che bagna i sogni del piccolo Bruno.

Il libro non ve l’ho raccontato. Scopritelo, gustatelo, perché è un capolavoro. Stupefacente spaccato di psicologia infantile e criminale. Di coscienze femminili e di maschere tragicomiche maschili. Che non può che concludersi sopra un palco (di un teatro all’aperto). Quasi ad ammonirci che La Città Incredibile ha in serbo nuove magie. E che lo spettacolo di Cacciatore continua.