di Tony Frisina e Antonio Silvani.
Continuando la chiacchierata su quanto compiuto in un periodo della storia proibito, vilipeso, maledetto, innominabile, da eliminare dalla memoria (salvo usare certi stessi metodi in politica per imporre le proprie scelte), ecco un altro esempio di uno stile architettonico stuprato ai giorni nostri.
Parliamo di quella che una volta era la “Casa della Madre e del Bambino“, sita in spalto Marengo, nelle vicinanze dell’ospedale infantile (l’uspidalët) ed ora trasformata in un asilo nido. Nulla da eccepire sulla conversione dell’edificio, è sulla trasformazione architettonica che nutriamo milioni di dubbi!
Visto che Tony Frisina aveva già trattato esaustivamente questo argomento, facciamo che riportare quando da lui espresso nel suo blog “Un tuffo nel passato”.
Il disegno (vedi all. n. 1), le forme del palazzo, le linee essenziali, le ampie vetrate, l’abbondante uso di archi a tutto sesto, sono elementi inconfondibili del Razionalismo italiano. Però non solo le linee, i volumi e gli spazi indicano con certezza di trovarci al cospetto di un’opera Razionalista. Tipico di questo momento storico e di questo periodo architettonico è infatti l’uso del travertino. Un marmo non molto pregiato e quindi meno costoso di altri e di facile reperibilità.
La Casa della Madre e del Bambino di Alessandria viene eretta fra il 1937 ed il 1939 su progetto di Venanzio Guerci.
Le linee pure e totalmente rispettose del movimento Razionalista – riscontrabili in questo palazzo – non sono riuscite a salvarlo dallo scempio di un intervento di restauro (o rifacimento edilizio che dir si voglia).
Anche in questo nuovo caso alessandrino non ci vuole un genio per spiegare l’assurdo recupero messo in atto. Non si può parlare di gusto personale e quindi della relatività legata al giudizio soggettivo. Ecco il motivo per cui – in questo caso – voglio pubblicare, oltre all’immagine della cartolina, anche il risultato del disastro che oggi si può disgustosamente ammirare (vedi all. n. 2).
La scritta (tornando all’all. n. 1) che troneggia su una parte dell’articolata facciata dice esattamente cosa sia la struttura edilizia. Non solo. Per lo sprovveduto lettore che ancora non lo avesse compreso, la presenza del fascio littorio, che precede la scritta, indica – senza ombra di dubbio – che siamo in pieno periodo fascista. Appena sotto le verghe con la scure, rappresentate in rilievo, si può leggere una data: A / XVI (cioè anno 1938).
I diversi ingressi da cui si può accedere alla struttura (come indicato dalle scritte osservabili nell’immagine) portano all’Asilo nido, al Dispensario latte ed al Refettorio materno.
A chiusura di quanto appena detto riconosco che un architetto o un progettista a cui venga assegnato un compito di Recupero Edilizio senta il bisogno di dimostrare di essersi guadagnata la parcella ed ecco, quindi, quale risultato tutto ciò può generare. (Più si interviene modificando e più si guadagna;… risolvendo l’equazione si ha: più qualcuno spende più l’opera che ne deriva fa…).
Un’ultima osservazione (ritorniamo in due a scrivere ed a parlare): da notare che anche il marmo è scomparso in questa grottesca trasformazione che ha ridotto un elegante palazzo in una brutta ed anonima casa ultrapopolare.
Ed ora la supplica… vedremo poi a chi inoltrarla…
Tutti sappiamo che un’altra delle botteghe storiche alessandrine ha chiuso per sempre i battenti: parliamo della gloriosa Libreria Bertolotti!
Nell’all. n. 3a in una cartolina che risale più o meno agli anni ’20 vediamo questa libreria in un momento di grande splendore, estremamente contrastante con la triste foto (all. n. 3b) dei giorni nostri.
L’ex libreria Bertolotti è oggi un piccolo cantiere, in quanto stanno ristrutturando i locali per accogliere il Bar Sport (basta attraversare il sagrato della chiesa di S. Giovannino e passare davanti ad un portone per trovarci davanti alle attuali vetrine di questo storico caffè alessandrino).
L’all. 4 ci mostra dove era (ed è) posizionato il Bar Sport.
Nella foto degli anni ’30 (all. n. 4a), che immortala una sfilata fascista organizzata per festeggiare non sappiamo quale ricorrenza del regime, vediamo, indicato dalla freccia, subito dopo il già citato portone e quasi completamente nascosto, il bar in questione.
La foto sottostante (all. n. 4b), più o meno degli anni ’70, mostra in primo piano il negozio di fiori e piante Cosola, che per anni ha profumato corso Roma (Cosola aveva pure un altro punto vendita nel vivaio, sito in via Lanza, ove ora si trova la sede dell’Associazione Nazionale Alpini) e, alla sua destra, indicata dalla freccia, una delle due vetrine del Bar Sport (torneremo tra poco a parlare di Cosola).
Tra le due vetrine del Bar Sport troneggia da oltre 70 anni un’insegna a specchio (vedi all. n. 5) recante la scritta “Creazione aperitivo BIBI“.
Ed è proprio questa insegna l’oggetto della nostra supplica!
Ma che cos’era il Bibi? Era un aperitivo favoloso che il grande barman Piero Zaccone preparava con una maestria senza pari… era uno spettacolo vederlo la domenica, con una fila di oltre venti bicchieri davanti a lui, versare dua due bottiglie contemporaneamente e senza rovesciare una goccia, gli ingredienti segreti di questo aperitivo e ripetere subito dopo con poche gocce, versate da altre due bottigliette.
L’operazione si ripeteva a tempo indeterminato in quanto la gente si accavallava per bere un Bibi (alla volta…).
Antonio ricorda come, da bambino di cinque o sei anni, accompagnava suo papà al Bar Sport per l’aperitivo domenicale.
Mentre il papà beveva il suo Bibi, Antonio si gustava un goccio di sciroppo e selz dello stesso colore dell’aperitivo paterno… Piero sapeva come trattare i bambini dando loro l’importanza dei grandi.
Ebbene, che fine farà questo specchio che ha riflesso generazioni di Alessandrini?
Farebbe bella figura nella nuova sede del bar (sia all’interno che all’esterno), anche se la ricetta del Bibi è morta con Piero Zaccone… potrebbe essere lasciato dov’è e fatto entrare nel contesto del nuovo esercizio che subentrerà al bar Sport, potrebbe essere ricoverato, a cura del Comune, nella Biblioteca o in altra sede (come già accadde in passato)… l’importante è che (è questo il nostro terrore) durante i lavori, cumbinasión cumbinàja, per caso lo specchio si spezzi (che i sette anni di disgrazia cadano sui responsabili…) e chi si è visto si è visto!
Ecco perchè supplichiamo i titolari del Bar Sport, coloro che subentreranno nella vecchia sede, chi di dovere in Comune, la Sovraintendenza alle Belle Arti e tutti coloro che amano le vestigia della vecchia Alessandria (alla cui tutela sono interessati), di darsi da fare affinchè un’altra reliquia del passato alessandrino non finisca nell’arménta!
Terminiamo con una nota comica, presa dal libro (solo gli dei sanno quando andrà alle stampe) di Antonio, “Sfiorita di racconti“:
“Adiacente al Bar Sport (vedi all. n. 6) faceva bella mostra di sè il negozio di Cosola, il fiorista e lì intorno si sente ancora l’eco delle minacce di Napoleone:
«Se non levate questa oscenità, sarò qui tutti i giorni a ricordarvi che la vostra vetrina è uno scandalo!»
Spero di non deludere qualche lettore appassionato di storia, ma non sto parlando dell’immortale Corso, bensì della capa delle Circoline (le donne dell’Azione Cattolica) del Duomo, così chiamata per la sua prepotenza ed il suo komeinismo.
Il fiorista Cosola teneva in vetrina un vaso con una donna nuda, ma era come Barbie, non si vedeva assolutamente nulla, ma questo era altamente scandaloso per la virago che insistette talmente tanto finchè il vaso fu rimosso.
Fossi stato al posto del Sig. Cosola avrei messo quell’oggetto osceno a mo’ cappello con acqua e fiori, in testa a Napoleone ed alle sue circoline!
Fortunatamente questa pia donna non ha lasciato eredi (raccontano I vecchi di una fuga del marito avvenuta pochi giorni dopo le nozze), ma, forse per gemmazione, si è sicuramente riprodotta, perchè, anche nel terzo millennio, di siffatte napoleoniche figure ne è pieno il sottobosco della società e della politica!”