Per una discussione sulle Politiche sociali e sui nuovi Distretti della Coesione Sociale: Dalle esigenze delle persone, tra le analisi dei modelli in atto, agli impegni futuri.
Il nuovo Patto per il Sociale rappresenta un’occasione importante per esprimere un’opinione sul sistema del welfare Piemontese. Critiche e integrazioni saranno utili ma il contesto voluto e programmato dall’Assessorato Regionale, un contesto di confronti nelle province piemontesi, anche grazie a inedite dinamiche partecipative, ha generato diverse riflessioni che condivido e che confermano in larga misura alcuni princìpi e alcune fondate premesse.
E’ emblematica l’analisi sul welfare europeo che vale il 58% del welfare mondiale, nonostante gli Europei siano solo l’8% della popolazione mondiale. Un sistema capillare e diffuso dai Governi nazionali che hanno adottato diversi modelli per rispondere ai bisogni di salute e ben – essere; dal modello socialdemocratico scandinavo, al modello selettivo anglosassone, al modello corporativo tedesco, al modello mediterraneo che alcuni definiscono “con carattere paternalista”. Sono modelli nati durante il secolo scorso con i bisogni di una società che ora è profondamente cambiata.
Rispetto a quei tempi la società attuale è fortunatamente invecchiata (da un’età media di 77.2 anni del 2002 passiamo ai 79,8 anni del 2012). La nostra è una società che vive la crescita prepotente delle disuguaglianze, che vive nella precarietà del mondo del lavoro, che subisce la crisi finanziaria e l’insostenibilità del debito pubblico. I nostri tempi sono quelli dell’incremento esponenziale della popolazione e della globalizzazione delle finanze e delle tecnologie ma non dei diritti. Decenni fa, all’insorgere di nuove tensioni sociali, il primo rifugio sicuro era la famiglia mentre ora la disaggregazione della stessa rappresenta uno dei profili delle inquietudini e delle incertezze sociali. Se da un lato in Italia si spendeva per le Politiche Sociali nel 2008 2.5 miliardi e nel 2013, solo 767 milioni, dall’altro, con ruoli diversi, i soggetti attuatori delle Politiche Sociali, Regioni e Comuni, hanno subito stagioni di sottrazioni incredibili di risorse.
In particolare il sistema welfare Italia e Piemonte hanno due evidenti fattori critici: l’insostenibilità economica dei servizi e l’inadeguatezza delle risposte che non comprendono un numero crescente di soggetti che compongono le “nuove fragilità sociali”. Spetta a noi un giudizio sul passato e sul presente e, per dare un senso e una prospettiva ai diritti dei cittadini, spetta a noi un impegno per il futuro: privi di pregiudizi avviamo una radicale e profonda riflessione per cambiare il modello Europeo del Welfare di Stato per approdare sul terreno del Welfare di Comunità. Abbiamo bisogno di una cabina di regia con altri attori protagonisti nelle scelte, per le risorse e nella programmazione. Dobbiamo creare un network di interessi muovendoci dalle disponibilità degli Enti Gestori delle Politiche Sociali per incontrare l’intero Terzo Settore, il No profit in particolare, le Fondazioni Bancarie e di Comunità, le Società di Mutuo Soccorso, il sistema economico, compresa la cooperazione, il settore assicurativo. Altrimenti potremo solo più parlare nei nostri convegni di – reti di protezione sociale – mentre il nostro compito, il compito della Politica, è rendere esigibili i diritti.
Se le premesse valgono, e valgono, e se l’impegno è davvero quello volto a definire nuovi modelli inclusivi, allora Regione Piemonte deve recuperare subito il ruolo originario di programmazione alla ricerca della connessione tra Pubblico e Privato, nella consapevolezza che è utile una revisione normativa avente come cardine la semplificazione con l’obiettivo di costruire un nuovo sistema di governo delle politiche sociali attraverso almeno tre assi strategici.
Il primo è quello dell’integrazione socio sanitaria oggi in difficoltà per l’aumento delle domande per diffusione di patologie croniche, per l’aumento delle liste di attesa; questo è un contesto decisamente in crisi a causa dei piani di contenimento della spesa pubblica in ragione dei piani di rientro. E’ dirimente mettere al centro le – non autosufficienze – con focus specifici su anziani, disabili, pazienti psichiatrici e pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico.
Il secondo asse è quello dell’inclusione sociale e del contrasto alle povertà in una logica che superi l’emergenza e capace d’essere sinergica con le istanze produttive e le rappresentanze sindacali. Abbiamo bisogno di attuare politiche innovative per il sostegno al reddito, per il sostegno all’abitare, per l’accompagnamento al reinserimento socio lavorativo, con attenzioni specifiche per il sostegno alimentare e nelle aree metropolitane per i “senza dimora”.
Il terzo asse è quello del sostegno alle responsabilità genitoriali e della prevenzione del disagio giovanile, un ambito complesso ma strategico per migliorare complessivamente la qualità della vita dell’intera comunità piemontese.
Su questi tre assi possiamo sviluppare le prossime politiche sociali in ambiti territoriali coincidenti con quelli ancora da individuare nella nuova Rete Sanitaria Territoriale. Saranno fondamentali i Distretti della Coesione Sociale coincidenti con i Distretti Sanitari e saranno ancora più fondamentali i nuovi gruppi dirigenti di quei nuovi Distretti. Dirigenti capaci e pronti ad instaurare dialoghi e confronti tra loro e con le Assemblee dei Sindaci finalizzati ad un welfare di comunità tutto da costruire.
In questa logica abbiamo bisogno di un’analisi tecnica basata su dati scientifici per comprendere quali sono e quanti sono gli ambiti territoriali ottimali utili a rispettare i princìpi d’efficienza, economicità e efficacia dei servizi che renderemo ai cittadini.
* Vice Presidente gruppo PD
Consiglio Regionale del Piemonte