di Dario B. Caruso.
Chi si sente sempre al posto giusto nel momento giusto?
Mi dicono che questo sia il segreto del successo, quella capacità che va oltre l’abilità politica e la conoscenza delle regole, quel dono di essere baciato dalla sorte e incrociare lo sguardo di chi conta quando chi conta sta cercando con lo sguardo qualcuno che non sa esattamente chi sia.
Quel dono – sono ragionevolmente sicuro – io non lo posseggo di certo.
Mario gioca al lotto una o addirittura due volte la settimana, pochi euro sempre sullo stesso terno e su tutte le ruote con un rinforzo su Genova. Spende mediamente dai 700 agli 800 euro all’anno.
Non ha mai azzeccato una volta, non ha mai portato a casa neppure un soldo di consolazione.
Nulla.
Gioca da quindici anni.
Yuri segue la sua squadra del cuore tutte le domeniche, in casa e fuori casa, appartiene alla frangia di ultras che apprezza lo sport e conosce il confine con la violenza e la delinquenza.
Non ha altra soddisfazione che la metà classifica, quella posizione senza gloria che passa normalmente nell’anonimato. Non un’esultanza per una vittoria prestigiosa, né un brivido per una scampata retrocessione.
Nulla.
Segue la sua squadra da quando aveva dodici anni e andava allo stadio col papà.
Andrea anche questa mattina affronta il tema in classe con l’ansia abituale. Non è mai riuscito a strappare più di un misero sei.
Potrebbe scrivere mezzo protocollo o uno sproloquio, potrebbe raccontare del suo cane o dissertare di filosofia, potrebbe usare un lessico comune o forbito.
Niente da fare.
Sei è e sei rimane, professoressa stronza.
Proprio in questi giorni ho visto il film “Il grande Gatsby” da Fitzgerald per la regia del geniale Buz Luhrmann.
Nick Carraway stringe amicizia con il fantomatico personaggio (interpretato brillantemente da Leonardo Di Caprio) e sul finale lo descrive così:
“…quella notte mi resi conto della straordinaria predisposizione di Gatsby alla speranza, un dono che non ho mai riscontrato in nessun altro… e che difficilmente riscontrerò ancora…”.
Viviamo tutti come Jay Gatsby, dunque, predisposti alla speranza e fiduciosi che qualcosa cambi.
Facciamo in modo che Mario, Yuri e Andrea continuino ad affidarsi al futuro come piccoli anonimi Gatsby e seguiamo il loro esempio, uomini e donne su una stessa barca.
“Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato”.
Fino alla pallottola che ci fermerà.