A proposito di costi delle Regioni

Spett. le Redazione,

Alla luce degli ultimi articoli apparsi sugli organi d’informazione in merito al costo delle Regioni in Italia e alla possibilità di una loro abrogazione, considerato che tutte le loro funzioni possono essere esercitate dalle (ormai ex) province, chiedo di riproporre all’attenzione di tutti quanto già scrissi quattro anni fa, nel 2011, con “inutile” speranza di una sua pubblicazione, almeno per “par condicio” rispetto a tutte le discriminanti amplificazioni mediatiche che esaltano il “grillismo”.
In Francia, come in altri Stati, non esistono le Regioni ma solo enti territoriali intermedi tra lo Stato centrale e i Comuni. I Dipartimenti francesi sono analoghi alle nostre vituperate Province e sono una alternativa efficiente alla “regionalizzazione”. Così a 150 anni dall’unità d’Italia si preferisce mantenere la più costosa ripartizione territoriale etnico – geografica delle Regioni, con i loro consiglieri che arrivano a costare quanto i parlamentari nazionali (e anche oltre, visto il caso “particolare” dell’ultra autonomia siciliana) e con i più assurdi privilegi fiscali per le autonomie speciali, questi sì causanti un gravissimo ed iniquo carico per l’intera comunità nazionale. Allora anziché abrogare le Province, proviamo ad abrogare almeno l’autonomia, ormai anacronistica, delle cinque Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli Ven. Giulia, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta): il risparmio economico qui supererebbe di certo il costo di tutte le Province e di tutti i parlamentari, oltre a ristabilire il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini di tutta la Repubblica (federalismo docet ….). Ed infine chissà perché tutta la “casta politica” insiste nel proporre la riduzione del solo numero dei parlamentari, ma non le loro indennità e prebende varie, per le quali deteniamo il “primato” mondiale.

Una giusta riforma democratica potrebbe essere quella invece di retribuire gli “eletti” con un compenso corrispondente alla retribuzione media di un lavoratore dipendente (la questione morale si risolve solo educando ad un servizio pubblico che non produca arricchimento economico personale). Poi promulgare una legge che dia attuazione al dettato previsto dall’art. 49 della nostra Costituzione, affinché quel principio voluto dai nostri padri costituenti, volto a favorire il vero “concorso di tutti i cittadini a determinare democraticamente la politica nazionale”, possa tradursi in un vero diritto-dovere che ridia dignità alle funzioni istituzionali dei Partiti, quali nuove Associazioni con obbligo di registrazione.

Questo obbligo produrrà effettiva personalità giuridica, analoga a quella già prevista ex art. 39 Cost. e da attuare per i Sindacati. Con queste nuove norme avremo finalmente pubblicità trasparente dei relativi bilanci economici, votazioni a scrutinio segreto per la scelta dei candidati, tra gli iscritti alle Associazioni così giuridicamente riconosciute, alle elezioni politiche/amministrative e agli organismi statutari dirigenti, a livello sia periferico che centrale. Infine si eviterà il circo mediatico di queste ipocrite “primarie”, che favoriscono solo il potere del censo, la diseducazione dell’individualismo narcisista, la passività astensionista e la delega populista.

Claudio Ferro – Castelceriolo