di Pier Luigi Cavalchini
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Da 800 a 1000 persone per la manifestazione che si è svolta sotto il Comune di Alessandria lo scorso sabato pomeriggio e che poi si è “rilanciata” nelle vie centrali della città fino ai Giardini della Stazione. Giornata di sole, clima ideale, buona – anzi ottima – organizzazione che non ha lasciato spazi per divagazioni o, peggio, atti controproducenti. I contenuti dell’iniziativa sono stati chiari, “assoluta chiusura ad ogni ipotesi di utilizzo di materiale di scarto dalle lavorazioni del Terzo Valico ferroviario Milano Genova – Alta Capacità / Alta Velocità”, forte critica a tutte le deliberazioni che hanno in qualche modo portato all’attuale posizione favorevole dell’Amministrazione Comunale di Alessandria a Terzo Valico ferroviario” e, conseguentemente, opposizione all’acquisizione dello “smarino” e agli altri materiali di scarto dei cantieri.
Sulla composizione dei partecipanti si possono sicuramente fare riflessioni, anche se – dopo anni di manifestazioni ridotte al lumicino e con valutazioni di “successo” già solo con qualche centinaio di persone – questa, comunque, resta una grossa segnalazione di disagio che, per fortuna, non resta ghettizzata in una frangia estrema e comunque refrattaria alla discussione politica, ma continua a mietere nuovi proseliti fra associazioni, partiti, gruppi e singoli, prima difficilmente coinvolgibili sulle questioni in oggetto. E’ vero, c’erano pochi alessandrini (ma, guardando bene, alcune nutrite rappresentanze di fraschetani erano presenti) anche se – probabilmente – è solo questione di tempo e, entro poco, ai molti novesi, serravallesi, acquesi, tortonesi ecc. si andranno ad aggiungere sempre più persone del capoluogo.
Oltretutto, ben sapendo che per muovere Alessandria e contado ci deve essere qualcosa di ben grosso, di ben importante sul tappeto… andiamo a vedere meglio di cosa si tratta.
Il motivo del contendere ha radici lontane, addirittura dai primi anni Novanta dello scorso secolo quando una serie di grandi imprese del “movimento terra”, alcune banche, alcuni gruppi finanziari nazionali ed esteri, oltre ad una serie di aziende nazionali di rilievo (per esempio l’Ansaldo) proposero una delle prime linee ad alta velocità italiane, quella tra Genova e Milano, con previsioni di traffico passeggeri e numero di utenze ben superiori a quanto gli stessi dati Istat fornivano. Ma si trattava di rilanciare quello che si era fermato con “Tangentopoli”, con l’indebolimento prima e l’azzeramento poi dei partiti della Costituente e con un disorientamento generalizzato che, ciò che restava del tessuto industriale italiano, non si poteva permettere. Per cui, anche se tutti sapevano che i numeri erano forzati, sia per i passeggeri che per i TEU / tonnellate equivalenti merci, il “gioco valeva la candela”. Anzi proprio per avere un briciolo di credibilità in più si inventò quello che altrove è poco, se non per nulla, usato: far correre le merci a 170-180 all’ora. Quando si sa che non è tanto il viaggio, quanto il “prima” e il “dopo” in magazzino logistica ad avere la prevalenza sull’insieme dell’operazione.
Ciò che è successo dopo, praticamente fino ad oggi, è diretta conseguenza di quella scelta d’imperio, più fideistica e autoreferenziale che altro. Gli attori di quell’operazione (che poi verrà definita, con tutte le altre, politica delle “grandi opere”) avevano la quasi certezza della fattibilità dell’opera a fronte di rischi minimi, o comunque facilmente gestibili. Qui non entro nel ginepraio che ha coinvolto il dott. Incalza, l’ex Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, alcuni dirigenti di Ansaldo e Impregilo (come di tante altre realtà bancarie e industriali), faccio solo presente che dal 1993 almeno fino al 2000 la proposta rientrava nelle molte da finanziare, da sostenere a Torino, a Roma e a Bruxelles, da presentare – addirittura – come “dote elettorale” dimostrando volontà e capacità di voler/saper portare fino in fiondo un iter sempre più controverso. Sul fatto dell’effettiva realizzazione tutti, ma proprio tutti, sapevano che c’era un “bel mare” da superare.
Di lì la lievitazione delle spese, arrivate ormai – per il solo tunnel e per i lavori collegati – a circa sei miliardi e mezzo di euro (da una quantità all’origine di meno di due miliardi di euro complessivi, in lire equivalenti 1995). Di lì la cautela nel fare del “Terzo Valico” un moloch su cui scommettere carriere politiche o impostare campagne elettorali … Ma avremo modo nella parte finale dell’articolo di ritornare su questi aspetti.
D’altra parte che il chilometro di rotaia ad alta velocità – da noi – costi circa il triplo rispetto a Francia e Spagna non è una novità. Fa meraviglia che pochi partiti politici se ne preoccupino veramente. Come desta altrettanto meraviglia che si sia mantenuto il silenziatore su questa grande opera, cercando di farla passare in lotti progressivi nelle più diverse finanziarie, con il risultato che – per il momento – abbiamo denaro solo per le opere di appoggio e di preparazione (primo e secondo lotto, su sei complessivi); con l’aggravante – non sempre concessa in altri Stati pur “amanti” dell’Alta Velocità – della possibilità di poter procedere ai lavori per lotti separati senza particolari vincoli di chiusura dell’intero ciclo. Di nuovo, potenza della politica. E, proprio per rimanere sull’argomento, le rappresentanze amministrative delle varie forze presenti nei Consigli Comunali, si sono impegnate in una ginnastica curiosa quanto poco comprensibile per la gente comune: “potremmo anche d’accordo sull’opera in generale ma qui, nel nostro Comune, non si mette nulla di quanto risulta dai lavori”. Così è stato per Tortona, per Pozzolo Formigaro, per Arquata ecc. , gira gira fino ad arrivare ad Alessandria, dove si pensava di “averla scansata” in forza di una delibera fortemente contraria dell’anno 2012.
Invece le cose hanno preso una piega diversa e, con una votazione al filo (1) in sede di giunta il giorno 22 aprile 2015, si è deciso di dire sì – in modo convinto e , pare, irrevocabile – alla presenza dei materiali di scarto del Terzo Valico proprio qui da noi. Motivo sacrosanto per cui alessandrini di ogni età (e, anche. colore) hanno espresso più che civilmente le loro perplessità , quando invece le cose avrebbero potuto prendere tutta un’altra piega (e stiamo discutendo di trasporti pubblici nazionali, non di piccolezze…).
Ma prima di pensare a quale strada sarebbe stato meglio intraprendere, per quali motivi, con quali finanziamenti e con quali prospettive (anche di successo elettorale) andiamo a riprendere qualcuno dei passaggi più interessanti e che, temiamo, terranno banco per molto e non solo per vis polemica.
Colpisce – in negativo – ad esempio l’arroccarsi su un’arida sintassi amministrativa per ribadire che, dopo che altri hanno scelto per noi, possiamo solo garantire i controlli. Infatti nella discutibile delibera n 107- servi 167 – 22 aprile 2015 – si afferma al punto 7 “di ribadire agli organi preposti alla tutela della salute pubblica e ai controlli ambientali, che vengano da loro assunte tutte le misure necessarie a garantire che sia messo in atto ogni possibile accertamento tecnico legato alla caratterizzazione ambientale dei materiali prodotti dai lavori e dei siti di destinazione, affinchè possa essere data piena assicurazione e risposta positiva a tutte le legittime preoccupazioni della cittadinanza in merito alla eliminazione dei rischi ambientali connessi con il deposito nelle cave di materiali inquinanti diversi” .
Veramente un po’ pochino. Come, allo stesso modo, fa pensare il passaggio della delibera che, una volta rilevato che l’ipotesi di ritombamento della cava Bolla era già prevista come ipotesi di recupero del sito al termine della coltivazione (ma non unico possibile e obbligatorio iter), “sia ad oggi oggetto di convenzione già in atto tra la Società La Bolla (proprietaria dell’omonima cava) e il Comune di Alessandria”.
Come a dire “ci sono già atti precedenti” quindi non vogliamo andare a disfare ciò che è stato fatto prima. E qui sarebbe bello vedere a quando e a chi fanno riferimento i documenti in discussione… Anche un’indagine superficiale permetterà di conoscere che si risale a più di quindici anni fa e che tutto l’insieme assomiglia più ad un carteggio da avvocati che ad un piano strategico di recupero o ad un’iniziativa scevra da condizionamenti.
Anche per il sito Guarasca 2, può essere fatta una riflessione simile alla precedente. Già in precedenza individuato come potenziale luogo di deposito del materiale del Terzo Valico, venne stralciato con l’approvazione definitiva del Piano Cave della Regione Piemonte, in ragione di un procedimento in atto dal 2012, di autorizzazione di discarica; tale sito oggi, in conseguenza della definitiva messa agli atti del procedimento di autorizzazione alla discarica, “risulta oggetto di contenzioso” tra la Società partecipata A.R.AL spa, proponente la discarica, e la società titolare dell’autorizzazione all’attività estrattiva nel sito stesso; cava Guarasca 2, pertanto, viene proposta come sito di deposito in quanto il suo definitivo ritombamento con materialiderivanti dai lavori del Terzo Valico e la sua rinaturalizzazione a bosco, “rappresenterebbero una alternativa ambientalmente più vantaggiosa rispetto alla realizzazione di una discarica con varietà di Codici come prima proposto con progetto presentato nell’agosto 2013, oppure alla prosecuzione della precedente attività estrattiva; tale ipotesi inoltre potrebbe costituire una possibile soluzione al contenzioso, in cui la Soc. A.R.AL è coinvolta, (potenzialmente grave ed oneroso per l’Amministrazione Comunale) perché favorirebbe la ripresa di una iniziativa imprenditoriale che apporterebbe i necessari benefici economici, che consentirebbero all’ARAL appunto, l’esaurimento dei propri obblighi contrattuali in essere nei confronti del soggetto privato con il quale vi è l’obbligo di acquisizione del sito”.
Vi assicuro che ho riletto più volte il testo, riportato integralmente in delibera, e ne sono ancora turbato. Ma come? Si trasforma una discarica, di cui si è gestita male l’acquisizione e ancor peggio la modalità di riempimento, in un contenitore utile alla “madre di tutte le operazioni discutibili”, il Terzo valico?
Evidentemente a qualcuno va bene così; infatti i riferimenti successivi sono al limite della minaccia con un diretto “così non ci risulta nulla, comunque c’è l’ARPA che verifica e, siccome ad oggi gli indicatori sono pari a zero, guardatevi bene dal seminare notizie false e tendenziose” (frase ripresa in diretta durante una delle ultime Commissioni Consiliari congiunte tenute sull’argomento).
Sempre poi per onor di cronaca siamo di nuovo ad una questione di denaro per quanto riguarda il sito Cascina Clara e Buona che “necessita di interventi di messa in sicurezza dall’azione erosiva del fiume Bormida che minaccia sia la sponda sinistra del fiume, con possibile taglio di meandro, sia una vecchia discarica AMIU posta a ridosso della sponda stessa”, cioè ha bisogno di soldi freschi per la manutenzione idrogeologica. Sostanze ottenibili grazie a lavori coperti dal COCIV (il consorzio di imprese del Terzo Valico) che si impegna al ripristino della viabilità di accesso all’area delle cave con sistemazione immediata della strada della Stortigliona, al rifacimento complessivo della strada stessa al termine delle operazioni di ritombamento, nonché ad “altre misure compensative inerenti anche l’abitato del sobborgo di Spinetta M.go (sistemazione di via Genova) a carico del COCIV” . Eccoci serviti.
Sempre dalla delibera di aprile, all’origine della posizione favorevole espressa in sede di Conferenza dei Servizi a Torino, è prevista anche la messa in sicurezza della sponda del Bormida e dell’area della discarica in prossimità della Casc. Clara e Buona con il ritombamento del lago esistente. Per ultimo, con operazioni da concordare con proprietari terrieri locali e “frontisti”, è prevista la rinaturalizzazione a bosco ripariale del lago ritombato e dell’area lungo il Bormida, operazione che potrebbe rappresentare una valorizzazione naturalistica dell’area stessa rispetto ad oggi, ma di cui si è solo sentito parlare e di cui non c’è nemmeno un progetto di massima.
Cioè, in poche parole…prima si è cercato di fare “buon viso a cattivo gioco” mantenendo una posizione ufficialmente favorevole al Terzo Valico ferroviario ma solo “ a distanza”, sperando di non essere troppo coinvolti nelle attività accessorie che, invece, puntualmente hanno trovato un’area di interesse proprio nella fascia sud della città, quella storicamente più interessata da prelievi di ghiaia, discariche e tombamenti vari.
Ma, come si diceva, il nostro compito è solo e soltanto quello di segnalare i fatti, di documentarne meglio – se del caso – alcuni dettagli e mettere in chiaro chi pensa, chi accetta, chi fa, chi conduce a termine, chi ne porta gli oneri o gli onori oppure chi riesce a far scaturire le contraddizioni, magari anche ereditate da amministrazioni precedenti.
Ci permettiamo, proprio per riprendere la valutazione politica dell’insieme, di ipotizzare tutto un altro percorso che avrebbe comportato un pari impegno di spesa (intorno a sette miliardi di euro) ma con una cinquantina di progetti esecutivi (e relativi studi coinvolti), al contrario di uno solo, sostenuto dai soliti subappalti e, come Incalza insegna, da “facilitazioni amichevoli”. Cinquanta progetti che avrebbero riportato alla massima efficienza la linea attuale Tortona Genova con quattro corsie di marcia, rimessa a nuovo di massicciate, linee elettriche e stazioni, rilancio delle attività portuali e potenziamento di un sistema logistico modulare ed equilibrato, ben diverso da quello con tre centri-scambio posizionati (senza una logica particolare) a Novara, a Torino e a Tortona-Rivalta. Una logistica che dovrebbe trovare, all’interno di quei sette miliardi, un pacchetto “dedicato” da adattare alle caratteristiche di un’economia avanzata e tecnologica e non solo di montaggio-assemblaggio come avviene oggi presso i nostri centri, cresciuti come funghi ma poco funzionali, troppo piccoli, scarsamente in rete e poco appetibili per le società internazionali.
Le occasioni per “deviare” il finanziamento ci sono state, sia a livello regionale, che nazionale ed europeo, ma sempre è prevalsa la “scorciatoia del buco” che permette con poca progettualità relativa di incamerare grandi quantità di denaro su cui – lo sappiamo tutti – sarà difficile vigilare. Non solo… Tutta questa storia, culminata con la recente Conferenza dei Servizi a Torino, non ha mai messo in chiaro quali fossero le proposte (e dall’altra parte i “dinieghi”) in termini di riorganizzazione del trasporto pendolare, di riorganizzazione di linee, di revisione e potenziamento dei servizi per chi non è automunito e, per vari motivi, si trova in condizioni di necessità. Chi non ha permesso di rivedere le cose quando si poteva?
Chi è all’origine di questi anacronismi che portano a lunghe attese e rincari folli? E, dando per acquisito il livello massimo di allerta assicurato dall’ARPA locale in termini di controlli e verifiche su amianto, tensioattivi, materiali di scarto, resta lo scempio inutile perpetrato con un tunnel di circa cinquanta chilometri, con relativi disagi e spese a fronte di un risparmio dichiarato – in termini di tempo – di solo quindici minuti da Genova a Milano.
Ecco, abbiamo proprio l’impressione che se le persone che hanno partecipato con entusiasmo alla manifestazione di sabato (come pure i soli “curiosi” che ne hanno sentito parlare) conoscessero meglio chi li ha messi in queste condizioni e come si è arrivati a questo punto, potrebbero esprimersi in modo ancor più cosciente e responsabile in una prossima occasione (anche elettorale).
Pertanto ci pare forzata l’affermazione “tira una brutta aria in città”, così come recita un documento diramato dal PD alessandrino, perché ogni forza politica, ogni amministrazione è la vera costruttrice del suo futuro. Se poi ci fossero motivi di ostacolo per la realizzazione delle proprie idee (e quindi dei programmi di governo) non si dovrebbe far altro che segnalare in modo preciso come, quando e dove si è cercato di intervenire e per quale motivo ci si è dovuti arrendere. E a proposito di resa, la frase, sempre contenuta nello stesso documento, “il Terzo Valico ormai si farà” oltre ad essere prematura e – speriamo – di malaugurio, certifica un’impotenza che si poteva, con un’attività politica e amministrativa differente, portare ad altri esiti.
(1) Sindaco Rossa favorevole più altri cinque assessori; ben quattro – Ferralasco, Lombardi, Cattaneo PM e Falleti – assenti. Dovrebbe pur significare qualcosa…o no?