“Abbiamo completato da poco un progetto, nell’alessandrino, a cui tenevamo parecchio, e che ha visto anche un investimento da parte nostra di circa un milione di euro: ma è una piattaforma innovativa, su cui vale la pena puntare”. Quasi due anni dopo il nostro primo incontro, torniamo a trovare Bruno Rossi, presidente di Geat, una delle primarie realtà cooperative di casa nostra sul fronte della logistica integrata. E lo facciamo per capire se e come questo settore ha retto alla crisi di questi anni, e se un operatore che opera trasversalmente ai diversi comparti industriali ha davvero l’impressione che qualcosa si stia positivamente ‘muovendo’. Nell’alessandrino come altrove, perché Geat (circa 800 soci lavoratori, e oltre 30 milioni di euro di fatturato annuo) opera in diverse regioni d’Italia: Piemonte, Liguria, Lombardia, ma anche Marche e Abruzzo.
Presidente Rossi, com’è il mercato, visto dal vostro osservatorio?
Diversificato. Non va tutto male, per fortuna: soprattutto per chi ha avuto la lungimiranza e la capacità di cambiare per tempo, senza smettere di innovare. La logistica è trasversale rispetto a tanti comparti dell’economia, e fa da supporto strategico essenziale. Quel che notiamo è che ci sono settori, come quello alimentare, che tutto sommato hanno retto bene all’urto di questi anni: soprattutto i player con cui lavoriamo noi, che sono tra i più dinamici ed evoluti. Altri comparti, come quello industriale, fanno più fatica. E ti chiedono sempre di più, e meglio, con costi all’osso. E’ chiaro che si fa di tutto per assecondarli, ma senza dimenticare che al di sotto di certe soglie non si può e deve andare: perché anche i nostri conti devono tornare, a partire dalla tutela economica e lavorativa dei soci lavoratori. Comunque complessivamente il business ‘tiene’, e siamo anche riusciti a fare qualche investimento: che è l’altro aspetto fondamentale. Senza innovazione sul piano degli strumenti, sia operativi che informatici, non riesci ad evolvere insieme al mercato.
Voi lavorate nell’alessandrino, ma anche in gran parte del nord Italia, con un’appendice importante in Abruzzo e nelle Marche. La situazione è simile ovunque, o ogni territorio ha la propria storia?
Ci sono differenze rilevanti, e purtroppo non a vantaggio dell’alessandrino. Noi abbiamo qui circa il 30% del nostro business, e il 70% altrove. E non posso negarle che ci sono aree (penso ad esempio all’Abruzzo, in cui abbiamo rilevanti spazi di crescita) decisamente più dinamiche della nostra, e in cui esiste ancora la capacità di fare squadra, da parte dei diversi soggetti che operano a vario titolo sul territorio. Dalla politica alle rappresentanze imprenditoriali. Non solo a parole intendo, ma generando concrete opportunità. Da noi questo accade sempre più raramente. Anche se, lo dico con orgoglio, il nostro più recente investimento lo abbiamo fatto proprio nei pressi di Alessandria, a supporto del business di un importante player industriale. Quindi qualcosa che si muove c’è anche da noi.
La disoccupazione è sempre a livello da record: voi ricevete tante domande di lavoro?
E’ una processione, continua, mi creda. Di persona qui ai nostri uffici, via telefono, via e-mail. Riceviamo proposte continue, e il fenomeno con la crisi del settore edile si è fatto ancora più intenso nell’ultimo anno. Purtroppo però la realtà è che anche noi siamo riusciti in questi anni a difendere l’occupazione dei nostri circa 800 soci lavoratori, ma le nuove assunzioni sono rare. Soprattutto, abbiamo ormai necessità di figure molto specializzate, in grado di gestire determinati processi o macchinari. La manodopera generica, per quanto motivata e di gran buona volontà, non ha in questo momento grandi spazi di impiego.
Che approccio avete, come Geat, nei confronti della clientela? Proponete il classico servizio ‘chiavi in mano’?
Certamente sì, davvero a 360 gradi. Ma oggi non basta più neanche quello, e noi cerchiamo di andare oltre. Ossia noi non vendiamo manodopera, ma sviluppiamo idee e progetti: che poi naturalmente gestiamo in toto. Quindi il cliente che viene da noi, o che noi contattiamo, riceve una proposta davvero innovativa e personalizzata: è questa la chiave per stare sul mercato oggi, con credibilità.
Lavorate anche con enti pubblici?
(sorride, ndr) No, e lo dico con un certo sollievo, date le cronache che tutti conosciamo. L’insolvenza o comunque i pagamenti in ritardo pluriennale sono un rischio da cui cerchiamo di tenerci il più possibile lontani, anche con clienti privati. Perché davvero rischi di morirne, senza colpa. Quindi occorre evitare gli appalti al massimo ribasso, e staccare la spina per tempo, in caso di insolvenze. Comunque no, grazie: niente enti pubblici.
Presidente Rossi, apriamo una parentesi su una sua personale passione, che sono le Harley Davidson: lei è presidente del club alessandrino che organizza il raduno annuale di settembre. Vi state preparando?
Certo, il raduno quest’anno, dopo il successo dello scorso anno, sarà di nuovo in Cittadella, e su due giorni, il 26 e 27 settembre. Noi siamo circa 60 iscritti, ma al nostro raduno partecipano appassionati di tutta Italia, e arrivano anche dall’estero. L’anno scorso abbiamo organizzato percorsi in moto in Monferrato, a visitare gli Infernot. Quest’anno andremo alla scoperta anche di altre parti della provincia, sempre con l’intento di valorizzare casa nostra, e far scoprire a chi non li conosce angoli del nostro territorio che certamente meritano maggior promozione.
Ettore Grassano