di Pier Luigi Cavalchini
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Come già ci è capitato di segnalare, a partire dalla fine di novembre e fino a poco prima di Natale si terrà a Parigi una nuova Conferenza sui cambiamenti Climatici, definita con una sigla particolare (COP 21) che, si spera, dovrebbe ottenere risultati più concreti di tutte le occasioni di incontro precedenti (a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo). Ci saranno le massime rappresentanze tecnico-scientifico mondiali, i vari Ministri di Ambiente, WellFare, Economia ecc, a seconda delle interazioni fra competenze, sostanzialmente diverse da Stato a Stato. Ci saranno tutti i principali portatori di interesse, fra cui molte associazioni dei consumatori e di difesa dell’ambiente. Fra queste ultime , già 50, vi è stato accordo su una linea di massima: “contrastare i cambiamenti climatici dando vita a una coalizione aperta a tutti quelli che condividono l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni e diffuse, così da raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici”.
Incredibilmente, e praticamente in punta di piedi, si è costituita anche una “coalizione italiana” che da circa un anno si incontra per sensibilizzare sull’iniziativa e far pressione sul governo italiano, per quanto è possibile. Questo gruppo si chiama ‘Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima’. Per raggiungere l’obiettivo, è stato spiegato ad una recente conferenza stampa tenutasi ad Assisi, che “sarà necessario interloquire con il governo italiano e con l’Unione europea perché assumano posizioni utili in sede di Cop 21″.
”I cambiamenti climatici rappresentano oggi un’emergenza globale e locale, che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi – si legge nel documento approvato dalla coalizione – in pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni in ogni area del Pianeta, costi economici, difficoltà crescenti nell’accesso all’acqua, riduzione della produzione agricola, aggravamento delle condizioni di povertà e nuove cause di conflitto e di fuga: oggi si pongono esplicitamente questioni di giustizia climatica nel mondo”. Per questo l’appuntamento di Parigi a dicembre rappresenta “una tappa molto importante” e “non si può dare per scontato che l’esito sia positivo, e sia cioè varato un accordo efficace, equo e incisivo”. D’altra parte gli esiti precedenti dicono tutt’altro
Della coalizione fanno parte, tra l’altro, Legambiente, Wwf Italia, Greenpeace, Touring club, Acli, Cgil, Coldiretti, Cts, Federconsumatori, Fiom, Isde-Medici per l’Ambiente, Marevivo, Oxfam, Slow food Italia, a cui auguriamo tutto il bene possibile.
Sempre nella città del Santo è stato anche ripreso, in più interventi, quello che si avvia ad essere il “vademecum “ del governo italiano in vista sia della COP 21 sia dei prossimi prevedibili problemi relativi al cambiamento climatico. Si tratta della “Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici” prodotto direttamente dagli Uffici del Ministero dell’Ambiente.
L’importante documento, reperibile in originale sul sito del Ministero, presenta una serie di conferme ed approfondimenti rispetto alla tematica del clima. Le “conferme” sono praticamente tutte in negativo, con l’ invito ad avere maggiore flessibilità date le prossime situazioni di emergenza.
Si fa subito, nel testo governativo del gennaio 2015, riferimento ai risultati del lavoro svolto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che, come è noto, dimostra – per l’ennesima volta – che le attività umane stanno modificando il sistema climatico globale e che il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile. Gli effetti di tale riscaldamento potranno provocare in parecchie aree del Pianeta impatti negativi sugli ecosistemi e sulla stessa nostra organizzazione societaria. Il tono non è affatto allarmistico ma semplicemente freddo e documentato, quasi in attesa di decisori politici che lo prendano veramente sul serio.
Ma l’attività del gruppo ‘Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima’ non si ferma qui. Prendendo sempre spunto dal documento del Ministero fa presente che “il Quinto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR5), pubblicato nel 2013 e 2014, ha mostrato i risultati delle proiezioni climatiche realizzate nell’ambito del Coupled Model Intercomparison Project Phase 5 (CMIP5) del World Climate Research Programme (WCRP) ed effettuate usando la nuova serie di scenari (RCP). Questi risultati mostrano che a livello globale la temperatura media superficiale aumenterà entro la fine di questo secolo almeno di 1,5°C, rispetto al periodo 1850-1900, secondo tutti gli scenari, eccetto lo scenario RCP2.6 (che presuppone una forte riduzione delle emissioni di gas serra entro il prossimo decennio)”. Appunto … secco, freddo e documentato.
Su questo punto, tra l’altro, si sono già ampiamente espressi gli organizzatori del Summit parigino che, senza problemi, alla presenza del Presidente Hollande, affermano: “Questa nuova conferenza denominata COP 21 ha l’obiettivo di migliorare nell’insieme la qualità climatica della Terra mantenendo il picco di riscaldamento (rispetto a quanto ipotizzabile in era preindustriale) entro e non oltre i 2 gradi C.”
A Parigi si dovrebbero, secondo gli organizzatori, raggiungere cinque importanti obiettivi.
Questi, chiaramente, andranno a riguardare sia i goals di medio che di lungo termine delle Nazioni a maggior tasso di industrializzazione sia le conseguenze che riguarderanno – comunque – gli standard di vita degli altri Paesi del mondo.
Fra i primi obiettivi, le nuove politiche economiche che non possono più prevedere uno “sviluppo a prescindere” ma devono conteggiare nell’insieme dei costi anche quelli dovuti all’impatto relativo delle attività o allo smaltimento degli elementi di produzione.
Importantissima poi l’attenzione alle nuove tecnologie e alla loro corretta applicazione, sveltendone le procedure di acquisizione e rendendo alla portata di tutti eventuali sostituzioni di sistemi obsoleti o incentivando nuovi impianti sostenibili.
Qui si aggancia il punto tre, citato più volte dal gruppo in fase di conferenza stampa, fulcro di tutta l’operazione: a Parigi ci sarà una nutrita rappresentanza di tecnici ed esperti finanziari che dovranno – per forza di cose – modificare i loro parametri di investimento, i loro suggerimenti, gli stessi “panieri” alla base delle assegnazioni di rating; in questo modo avremo l’acquisizione nell’Olimpo della Finanza di una nuova variabile “gamma”, quella della sostenibilità.
Quarto, e altrettanto complesso passaggio, quello dell’abitudine ad usare collettivamente sistemi di emissioni pericolose in corso di funzionamento (soprattutto se ad uso privato) convincendo progressivamente la popolazione all’utilizzo di mezzi condivisi da più utenti, sia per il trasporto, sia per i lavaggi più diversi. La casa dove c’è qualsiasi tipo di elettrodomestico, spesso inutili o sovrabbondanti, deve gradatamente essere riconsiderata nei suoi servizi, che dovranno cambiare, così come le tipologie di consumo.
Per ultimo, l’annoso problema delle risorse o, più in generale, delle materie prime. Ormai il punto di non ritorno riguarda ben altre estrazioni oltre a quelle degli idrocarburi: il rame ha subito un forte aumento di prezzo (per diminuzione di estratto), così come il titanio, il tantalio, tutte le terre rare, il platino, l’oro stesso, e potremmo continuare …
Sempre dalla “Strategia Nazionale di Adattamento…” ci viene confermato che saranno più frequenti gli eventi estremi di calore (ondate di calore / gelate improvvise / temporali tendenti ad uragani…) sulla maggior parte delle terre emerse e il livello globale medio dei mari si potrà alzare in un intervallo 0,26 – 0,82 m per effetto dell’aumento del riscaldamento degli oceani e della perdita di massa dai ghiacciai e dalle calotte glaciali.
Di sicuro aumenteranno il rischio di disastri, lo stress idrico, la sicurezza alimentare, il rischio sulla salute, lo sfruttamento delle risorse naturali, le ineguaglianze di genere, la marginalizzazione sociale ed economica, i conflitti e le migrazioni. Inoltre, si manifesteranno più frequentemente gli eventi climatici estremi che non potranno essere prevenuti, ma soltanto mitigati. E proprio di qui parte il messaggio di fondo del documento del Ministero dell’Ambiente, che viene più volte stigmatizzato dai rappresentanti di Legambiente e WWF Italia: ci si preoccupa soprattutto dell’impatto negativo che potrà avere il cambiamento climatico, facendo passare in secondo piano la possibilità di intervenire a monte sulle fonti di alterazione. E che queste alterazioni siano presenti lo possiamo verificare nel continente europeo, così come in molte regioni del nostro Paese. Recentemente si sono registrati eventi climatici estremi con conseguenze calamitose che hanno destato una preoccupazione generale e fatto emergere la necessità di prevedere misure di adattamento ai cambiamenti climatici già in atto, nonchè di prevenire gli effetti futuri.
Tale preoccupazione ha indotto l’Unione Europea a intraprendere una serie di iniziative che, ad aprile 2013, si sono concretizzate con l’adozione della “Strategia europea per i cambiamenti climatici” e con le successive Conclusioni del Consiglio del 13 giugno 2013 “Una Strategia europea di Adattamento al Cambiamento Climatico”.
In pratica il continente europeo dovrà essere più resiliente agli effetti dei cambiamenti climatici attraverso l’operato di tutti gli Stati Membri che si dovranno impegnare a ridurre le proprie vulnerabilità settoriali e territoriali. A noi non piace molto questo termine (resiliente) ma temiamo di doverci abituare a sentirlo spesso.
E proprio in questa direzione, più che verso quella della “modifica a monte” ’ che sono già state intraprese iniziative di “prevenzione e contenimento”, nel più ampio contesto delle esistenti politiche di tutela dell’ambiente, di prevenzione dei disastri naturali, di gestione sostenibile delle risorse naturali e di tutela della salute, .
In particolare, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) già nel 2010, coerentemente con lo sviluppo della tematica a livello comunitario, ha incluso misure di adattamento ai cambiamenti climatici in alcuni documenti strategici di carattere settoriale come la “Strategia Nazionale per la Biodiversità” e nei documenti preparatori della “Strategia per l’ambiente marino”.”
Nei due casi specifici tendendo a finanziare le aree a salvaguardia integrale sia della biodiversità terrestre sia di quella marittima, non riuscendo ad andare – soprattutto per ristrettezze di fondi – oltre alcuni interventi mirati.
Altri Ministeri hanno affrontato la tematica dell’adattamento in settori specifici. In
particolare, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) ha pubblicato il Libro Bianco “Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici” (20 settembre 2011); il Ministero della Salute, nell’ambito delle attività del Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM), ha prodotto nel 2006 le “Linee guida per preparare piani di sorveglianza e risposta verso gli effetti sulla salute di ondate di calore anomalo”, aggiornate successivamente nel 2006 e nel 2013.
Per questa parte della conferenza stampa (sempre a cura del gruppo ‘Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima’ ) è stata importante la segnalazione riguardante il Ministero della Salute che, nell’ambito delle attività del Centro
Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM), gestisce un Piano nazionale di
prevenzione per le ondate di calore, che coinvolge 34 città con oltre 200.000 abitanti. In 27 città sono operativi – dal 15 maggio al 15 settembre – un sistema di allerta città specifico (Heat Health Watch Warning System) e un sistema di sorveglianza rapida della mortalità giornaliera associata alle ondate di calore.
Il Piano, proseguono gli illustratori dell’operazione COP 21, si sviluppa secondo un modello operativo centralizzato che consente di implementare le attività di sorveglianza e prevenzione a livello nazionale, regionale e locale e favorire il coordinamento tra i vari livelli, orientando gli interventi di prevenzione nei confronti dei gruppi più a rischio.
Tuttavia, come indicato nella “Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici” e nelle relative Conclusioni del Consiglio, occorre mettere in atto un approccio strategico tra i vari settori e livelli di governo interessati, per affrontare adeguatamente le conseguenze degli impatti dei cambiamenti climatici e per garantire che le misure di adattamento siano efficaci e tempestive.”
Pertanto, coerentemente con quanto indicato nei documenti europei, e stato avviato dal MATTM, quale responsabile a livello nazionale delle politiche sul clima, un percorso che ha permesso di definire la “Strategia Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici” (SNAC) da attuare mediante un Piano di Azione/Piani di Azione Settoriali.
La strategia e il Piano di Azione/Piani di Azione Settoriali definiscono tempi e modi di internalizzazione delle tematiche di Adattamento ai Cambiamenti Climatici nei Piani e Programmi settoriali nazionali, distrettuali, regionali e locali.
Tutta quest’ultima parte è da discutere con i cittadini, con le associazioni e con tutti i territori in spirito di partecipazione. Non vogliamo essere dubbiosi, una volta tanto , per cui ci attendiamo iniziative concrete.
Al termine della presentazione del gruppo “’Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima’ ” vengono ricordate le prese di posizione dei governi caraibici (soprattutto delle Bahamas) in merito all’innalzamento del livello del mare che vedrebbe l’ottanta per cento di quelle terre sommerse a causa delle variazioni climatiche in atto. Ad esempio l’isola di Grenada ha avuto il suo prodotto interno agricolo (in gran parte per l’esportazione) distrutto o danneggiato al settanta per cento per l’ultimo dei cicloni che si è scatenato in quella zona. E proprio l’appello fatto dal Presidente Serge Letchimi (martinicano) può essere la miglior conclusione a questo primo appuntamento in vista del Conference of Parties 21:
“Stiamo battendoci per la nostra sopravvivenza, se per qualcuno è uno sport o un passatempo (l’attenzione ai bruschi cambiamenti di clima) per noi vuol dire vita a morte”.