di Bruno Soro
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“Vedremo soltanto una sfera di fuoco
Più grande del Sole, più vasta del mondo
Nemmeno un grido risuonerà
E catene di monti coperti di neve
Saranno confine a foreste di abeti
Mai mano d’uomo le toccherà
E solo il silenzio come un sudario si stenderà
Fra il cielo e la Terra per mille secoli almeno
Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo…”
I Nomadi, 1967
La notizia è di quelle ghiotte, che ti riconciliano con il mondo: “Torino e Genova più vicine. Ora vogliono l’Alta Velocità”. Così titolava la Stampa il servizio a tutta pagina di venerdì primo maggio. Fosse stato il primo aprile avrei creduto ad una bufala. Invece no. “I sindaci Fassino e Doria scrivono a Ferrovie dello Stato e ministro (per le Infrastrutture e i trasporti?). Con una spesa contenuta la tratta sarebbe percorribile in 50 minuti”. E pensare che l’Intercity delle 7,02 in partenza da Alessandria per Genova Principe impiega un’ora e tre minuti (e quasi ogni giorno arriva con diversi minuti di ritardo): esattamente quattro minuti in più del regionale veloce delle 6,31 in arrivo a Genova alle 7,30.
“Un sogno, oggi – leggo su Il Secolo XIX.it –, specialmente se si guarda al lento avanzamento dei lavori del Terzo Valico dei Giovi, opera di cui si parla da prima di Tangentopoli. A crederci, però, sono i primi cittadini di Torino e di Genova, e questo come punto di partenza è solido. Dopo tutto, all’epoca del Regno di Sardegna, per collegare le due città via ferro ci vollero appena otto anni”.
Ci voleva l’intelligenza di due sindaci come Piero Fassino e Marco Doria per accorgersi che dal 2007 la tratta ferroviaria Torino-Genova, è stata declassata dal piano voluto dall’allora AD di Trenitalia ing. Mauro Moretti a tratta di “interesse regionale”, e che a seguito di quella decisione queste due importanti città del Nord sarebbero state collegate unicamente (o quasi) da treni interregionali. Treni i cui tempi e condizioni di trasporto sono di gran lunga peggiori rispetto a quelli che assicuravano negli anni ’60 il collegamento tra le due città. Mi sono sempre chiesto per quale motivo i presidenti delle Regioni Piemonte e Liguria avessero ignorato quella importante decisione di Trenitalia, limitandosi a contrattare e regolare (si fa per dire) annualmente con questa società gli orari dei treni di competenza delle rispettive regioni, oltre a concordare con la stessa qualche benevola concessione (tipo i bonus concessi ai pendolari per compensare i ritardi dei treni, o la carta “Tutto treno” che consente a quei pochi pendolari che, in relazione ai propri orari di lavoro, possono permettersi l’accesso ai (pochi) e in via di eliminazione treni Intercity su questa tratta.
I due sindaci, stando alla cronaca, avrebbero inviato una lettera all’amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, Michele Elia, chiedendogli un incontro al fine di verificare la possibilità di istituire l’alta velocità tra Torino e Genova. “Grazie all’alta velocità – scrivono i due sindaci – l’Italia è diventata un paese più moderno, più coeso, più competitivo. E sono evidenti e riconosciuti i benefici sulle attività economiche, sociali e culturali sulla vita delle persone e della comunità”. Ben detto.
Nell’Introduzione alla raccolta di scritti su “Liguria e Basso Piemonte tra declino e sviluppo” (edito da iGrafismiBoccassi, Alessandria 2006), scrivevo, nel dicembre del 2005, che “Genova, ormai irraggiungibile in auto, è collegata più o meno facilmente con Torino e Milano solo grazie agli Intercity, ma resta una città sostanzialmente isolata nei trasporti interurbani (soprattutto per coloro che quotidianamente debbono raggiungere il capoluogo ligure per lavoro, per studio o anche semplicemente per fare acquisti). Cittadine come Arquata, Serravalle, Novi e Ovada, che sono ormai, di fatto, integrate nel sistema economico ligure (anche in virtù dei molti genovesi che in questi anni hanno scelto di vivere nell’Oltre Appennino), attendono da troppo tempo di essere collegate alla Liguria da un sistema di trasporti di tipo metropolitano”.
Rispetto a dieci anni fa, la situazione oggi è notevolmente peggiorata. Mentre la popolazione ha aumentato la trasmigrazione nell’Oltregiogo, la linea Ovada-Acqui-Genova è in predicato per essere dismessa (anche a seguito delle numerose frane che ne condizionano il funzionamento), e nella linea Torino Genova sono praticamente scomparsi gli Intercity (ne sono rimasti solo due: uno al mattino, di cui si è detto, che fa coppia con quello del ritorno nel pomeriggio). Sullo stato delle tradotte per i pendolari, meglio sorvolare.
Beninteso, nulla in contrario a che nel 2030 possano sfrecciare sulla linea Torino Genova i Frecciarossa che in 50 minuti collegheranno i due capoluoghi di regione, anche perché, come cantavano I Nomadi negli anni in cui si frequentava l’Università, “…ma noi non ci saremo”. Sono anni che sostengo che il triangolo Genova-Torino-Milano, qualora fosse collegato al suo interno da una rete di tipo metropolitano, farebbe concorrenza, sicuramente in fatto di vivibilità, alla Grande Londra e all’Hinterland parigino. Già oggi, stando ai più recenti dati di Eurostat sulla graduatoria delle regioni dell’Unione Europea in base al reddito pro capite, l’Italia settentrionale si colloca nella stessa fascia delle regioni a più alto reddito e sicuramente tra quelle a più elevato tenore di vita. Ma sicuramente non per quanto attiene ai trasporti (ferroviari, ma non solo). Per questo dovremo attendere l’arrivo dell’Alta Velocità (che non riguarderà, in ogni caso, i trasporti interurbani per i pendolari). Accontentiamoci quindi della Bassa Velocità.