di Pier Luigi Cavalchini
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Eravamo rimasti ad alcune anticipazioni e, invece, ora – a decreto economico finanziario depositato – possiamo cominciare a ragionare su scelte e indirizzi. Un “def” presentato – come sempre per via mediatica – con mirabolanti risparmi e con astuzie degne del miglior “dottor Sottile”. “Ritoccherete al rialzo le tasse e le bollette degli italiani per quindici miliardi di euro”….”Quando mai, piuttosto ci sarà un risparmio di 35 (dicansi trentacinque miliardi di euro)”. Ma, ormai, tutti – anche i più sprovveduti – guardano ad altro.
Ha ricevuto credito, addirittura, la “voce” secondo la quale era da tempo che Matteo Renzi cercava di intervenire sul piano grandi opere contenuto nel DEF 2014, ma non meglio identificate “forze avverse” glielo avrebbero impedito. Che il duo Maurizio Lupi – Ercole Incalza abbia avuto un suo ruolo nella vicenda ventennale della blindatura delle grandi opere non c’è dubbio ma, per la verità, permane qualche legittima “suspicione” rispetto alla reale volontà di cambio di indirizzo da parte di Renzi, Del Rio and co.
Che, almeno un pochettino, l’aria fosse cambiata si era comunque capito anche dall’andamento dei lavori di Commissione e di costruzione del DEF. Si è passati da una lista di quasi 400 opere delle più diverse tipologie ad un elenco di 51 mega-lavori tenendo fuori la Orte-Mestre, al centro proprio dell’inchiesta di Firenze sui vertici manageriali del ministero, e l’Autostrada Tirrenica, fonte di dissapori con i poteri locali e di lungaggini a non finire per motivi paesaggistici, storici e archeologici. E questo va ricordato, “lungaggini” comprese, visto che all’atto della presentazione del documento in oggetto si è usato questo termine per giustificare l’alt alla “Civitavecchia – Livorno”.
Nella stesura definitiva pubblicata sul sito del Ministero del tesoro si è ulteriormente ridotto il numero dei “mega-lavori” a 25 con conseguente diminuzione dei costi da 76,3 a 69,2 miliardi. La sforbiciatona non tocca, però, i cantieri più importanti se si esclude la parte italiana del Traforo del Frejus.
I tagli riguardano l’intero comparto dei porti, da Civitavecchia, a Taranto a Ravenna a Gioia Tauro, oltre a eliminare dalle «priorità» cinque cosiddette grandi opere, tra dighe e acquedotti.
Restano in campo tutte le “intraprese” ferroviarie come la Torino-Lione, il Brennero, la Milano-Venezia, il Terzo Valico e la Napoli-Bari. Tra le opere stradali nella nuova lista restano la A4 Venezia-Trieste, le Pedemontane Lombarda e Veneta, la Tangenziale Est di Milano, la Salerno Reggio Calabria, la 106 Jonica. Confermate le metropolitane di Milano, Torino e la Linea C di Roma. Ed è proprio questo zoccolo duro che fa rizzare i capelli al mondo ambientalista e non solo. Va bene che c’erano già stati fior di trattati fra Italia e Francia, anche recenti, sulla Torino-Lione ma quel che sta venendo fuori sa molto di beffa. Sul resto, basta andare a vedere un qualsiasi giornale locale di Campania, Puglia o Lazio, per capire come stanno veramente le cose e se, soprattutto, queste “opere” sono avvertite dalla popolazione come di vera pubblica utilità.
Entrano invece tra le opere prioritarie i nodi di Palermo, la Tranvia di Firenze e la Metro di Bologna. Piccoli regali a sindaci amici e a realtà in cui il renzismo è più radicato. Siamo cattivi? No, assolutamente. Sappiamo a chi è stato detto di sì e a quali amministrazioni si sono chiusi tutti i battenti con le motivazioni più varie…
Ci piacerebbe sapere quali sono stati i criteri delle scelte ma, come sempre, sarà una ricerca senza esito.
Per finire scompaiono anche i 489 milioni destinati all’edilizia scolastica nel precedente documento del 2014 e invece ora totalmente assenti con buona pace della “Buona Scuola” e di tutto il chiacchiericcio che si è fatto intorno a quel documento. D’altra parte i lavoratori dipendenti, i pensionati, gli operatori scolastici e gli studenti, i dipendenti dei vari comparti sanitari e di tutela sociale sono, come sempre, i primi ad essere tagliati…Vi va bene così? AccomodateVi…