La storia del camouflage per Expo 2015 (ossia ‘mascherare’ in maniera professionale tutto ciò che non si è riusciti a fare, l’incompiuto) è assolutamente e tristemente emblematica. L’Italia è un paese in cui qualsiasi grande evento, o mega opera pubblica, diventa inevitabilmente sinonimo di costosissimo flop, di ritardi e inefficienze, e di inutile spreco di denaro dei contribuenti. Al netto naturalmente da tutti i ladrocini e le furfanterie, che è mestiere altrui nel caso rilevare e condannare. Anche se è un fatto che le opere pubbliche italiane sono tra le più costose del pianeta Terra, e che siamo tra i paesi meno moderni e ‘infrastrutturati’ d’Occidente.
Non so quanti di voi, in queste settimane, stiano guardando la fiction Sky “1992”, dedicata a Tangentopoli e dintorni. Consigliata sia agli appassionati di pura finzione cinematografica, sia a chi quell’anno, e quelli immediatamente successivi, li ha vissuti immerso nella cronaca quotidiana, e magari avendo all’epoca come priorità sacrosanta il proprio percorso personale e non la fine ingloriosa della prima repubblica, con annessi e connessi di bombe e trattative Stato Mafia.
Bene, anzi mica tanto. Perché la sensazione è che l’Italia oggi sia messa assai peggio di allora, per due motivi essenziali:
1) In una situazione di ‘marciume’ generalizzato certo non meno penetrante e corrosiva di allora, non pare esistere nessuna reale speranza popolare di cambiamento, di riscatto collettivo, di svolta. Certo, Tangentopoli fu anche gogna mediatica, seguita da una normalizzazione in cui le bombe e i poteri occulti (va beh, si fa per dire…) giocarono un ruolo non secondario. Però una parte del paese allora al cambiamento pareva crederci davvero: e parliamo di paese reale, poco importa che votasse all’epoca a sinistra, o Lega, o che altro. Comunque esisteva una diffusa esigenza, e speranza popolare, di cambiamento, che oggi non ritroviamo da nessuna parte. Neppure negli elettori dei 5 Stelle, che strillano e protestano su facebook ma se poi ci parlate a tu per tu sono ‘sgamati’ assai, e non ci punterebbero 10 euro di tasca loro, sul cambiamento.
2) L’Italia rischia davvero di essere la ‘grande Grecia’ d’Europa in tempi medio-brevi, con effetti che molti di noi, comunque ancora tutelati da un meccanismo di redditi garantiti/risparmi/welfare, faticano ad intuire, o forse non vogliono accettare. Tito Boeri, che non è uno sprovveduto, è stato messo all’Inps per evitarne (o gestirne?) il tracollo, per dirne una. E gira voce che all’interno dell’Istituto già si stiano predisponendo gli strumenti tecnici per il ricalcolo, leggi ‘taglio’, delle pensioni esistenti. E la stessa cosa stanno facendo le regioni sul fronte sanità pubblica gratuita: che tanti italiani considerano oggi un diritto acquisito, per cui presto potrebbero ritrovarsi amarissime sorprese.
“La tecnica è quella di spellare il pollo senza farlo gridare”, dice un’amica che ne sa, “e ce la possono anche fare, se a livello internazionale un po’ di ripresa c’è davvero, e qui riescono a spacciare un rimbalzino tecnico per fine della crisi”.
Non sono d’accordo: ed escludendo che al Governo ci siano dei cretini, temo ci sia invece una prevalenza di mistificatori consapevoli. L’Italia nei prossimi dieci anni vivrà un declino epocale, per tante ragioni che abbiamo analizzato e ancora analizzeremo: riassumibili nel detto “tutti i nodi vengono sempre al pettine”. Perchè non parlar chiaro allora, nascondendosi dietro uno zero virgola qualcosa in più di Pil, magari calcolato alla ‘carlona’, invece che spiegare davvero agli italiani la situazione?
Essenzialmente perchè il popolo italiano è considerato dai suoi governanti immaturo e incapace di scelte ragionate e adulte. E del resto, se lo fosse, avrebbe nel corso del tempo prodotto, accettato, sostenuto una simile classe dirigente?
Insomma, siamo proprio il paese del camouflage, e la vicenda Expo 2015 rischia davvero di essere emblematica. Il che naturalmente non significa che non si possa fare nulla per cambiare: provarci è doveroso. Ma lo è anche comprendere il contesto all’interno del quale si opera, per evitare di correre a vuoto, come topini sulla ruota.