Michele Piasco, 36 anni, è nato a Cuneo, vive a Valenza e lavora a Torino, città in cui si occupa di produzioni video. Ama il suo mestiere, che ha iniziato soprattutto per passione. E qualcosa in comune con un’altra sua grande passione c’è: imponenti scenografie, luci, suoni, regia e spettacolo sono elementi chiave dei grandi parchi a tema europei e mondiali che ha visitato più volte e che, afferma convinto, continuerà a frequentare. Sul tema ha anche collaborato con una rivista di settore, recensendo diverse strutture in Italia e all’estero. Gli piace viaggiare, è sposato ed è padre di due splendidi gemelli, un maschietto e una femminuccia di 3 anni e mezzo. In ultimo, annotiamo la sua passione per il Cavallino rampante e per la Formula 1 in generale, che lo portò per la prima volta ad Alessandria. Ma lasciamo che sia lui a raccontarlo…
1) Michele, tu sei un cuneese doc… come sei capitato nelle nostre zone?
Era l’estate del 1995, ero poco più che sedicenne e vagavo a piedi nella zona industriale di Alessandria cercando la Forti Corse, scuderia di Formula 1 di cui fondai il primo e forse unico fan club in Italia. Che caldo per me che venivo dalla montagna, quante zanzare e quanta strada nella pianura che mi sembrava tutta uguale percorsa dal treno… “Mai e poi mai!” pensavo tra me e me. E invece, vent’anni dopo, eccomi qua, sposato e con due figli!
Oggi mi sento a casa tornando tra le colline intorno a Valenza, dove vivo. Non solo perché la mia famiglia è qui, ma perché ho imparato ad apprezzare l’abbraccio di Hill Valley, come la chiamo io, quando si supera la Colla e si arriva nella città degli orafi. Lavoro a Torino e faccio il pendolare, ma non mi spiace stare in provincia. Al contrario di quel che si pensa, l’ambiente è stimolante perché non hai tutto facile e servito come nelle grandi città. Le cose te le devi guadagnare, e io che vengo da Cuneo ne so qualcosa!
2) Produzioni video… Ci racconti bene che tipo di mestiere è?
Il mio mestiere è bello perché cambia continuamente. Entro nelle storie di tutti e ne porto via un po’, per restituirne immagini, sensazioni ed emozioni destinate a raggiungere altre persone. Me ne occupo da vent’anni e mi stupisco ancora tanto. Riprese, montaggio, regia, insieme a una squadra di colleghi umanamente e professionalmente davvero interessanti. Mi ritengo fortunato.
3) Ti sarà certamente capitato di incontrare e riprendere personaggi importanti e significativi. Chi ti ha colpito di più, e perché?
Ho incontrato tante persone. Attori, politici, uomini di fede, gente comune: tutti protagonisti di piccole o grandi storie. Mi sono commosso ascoltando le donne di Srebrenica parlare in Bosnia; ho gioito durante le Olimpiadi di Torino 2006, incontrando grandi atleti e cantanti. Ho anche ripreso tre Presidenti della Repubblica, il Dalai Lama, l’Avvocato e tanti altri. Ovviamente, nella mia collezione c’è anche l’uomo che nel bene e nel male ha cambiato il mondo televisivo italiano, diventando poi Presidente del Consiglio…
Molti gli uomini e donne che hanno lasciato un segno nei miei ricordi, tra cui un anziano signore proprio dell’alessandrino, ex deportato in un lager, che raramente aveva testimoniato la sua storia. Quando lo incontrammo ci offrì tutto il suo dolore in una intervista che non dimenticherò mai. Perché qualche volta c’è il rischio di abituarsi, di vedere e non guardare, di sentire e non ascoltare, anche per noi che lo facciamo di mestiere.
4) È anche vero che, in un certo momento della tua vita, ti sei messo ad “imitare” gli altri. Ci racconti bene cosa, dove e quando?
Questa è la parte della mia vita che mi ha fatto guardare dentro e capire che dovevo venire fuori. Da ragazzo timido quale ero, scoprire la dote di saper imitare fu una salvezza. Potevo essere un altro o molti altri, divertire, piacere, essere vincente.
Dai 16 ai 25 anni mi sono cimentato, di tanto in tanto, con radio, spettacoli in piazza e tv. Un quarto d’ora complessivo sul piccolo schermo me lo sono ritagliato anche io, “giocando” accanto a Boldi, Teocoli, Anna Falchi, Luisa Corna e Pingitore.
Poi mi è passata… insomma, a poco a poco è venuta fuori la mia voglia di essere protagonista di quello che facevo, in tutto. Resta un bel ricordo e tanto divertimento con compagni di avventura di grande talento, come Claudio Lauretta, tanto per giocare in casa.
5) Hai un sogno nel cassetto? Che cosa vorresti fare da grande?
Vorrei poter raccontare nuove storie belle di questo Paese e trasmettere ai miei figli quello sguardo sulle cose e sulla vita che ho imparato ad avere anche grazie a grandi incontri che ho fatto nella mia vita.
Ma il vero sogno nel cassetto è aprire un parco a tema, magari proprio nel Monferrato, che faccia divertire i bambini e possa raccontare loro qualcosa di queste terre e della loro storia. Rendere possibile un’esperienza unica e accessibile a tutti, coinvolgendo imprenditori locali coraggiosi e disposti a credere in questo territorio. Che dici, ce la posso fare?