Molti mesi fa nel PD abbiamo compreso quanto fosse necessario adeguarci ai nuovi tempi che impongono a tutti i gruppi, economici e sociali, (quindi anche ai partiti) la “questione del leader”. A sinistra lo abbiamo capito colpevolmente in ritardo, tant’è che abbiamo consegnato il Paese alla destra che il suo leader lo aveva sin dal principio. Ci siamo adeguati ai nuovi tempi quando il compito della Politica avrebbe dovuto essere quello di cambiare i tempi, ma questa è un’altra storia.
Comunque, con Matteo Renzi abbiamo vinto e superato soglie di consenso prima inimmaginabili proprio perché la società richiedeva una rottura con il passato e una figura a cui affidare il senso del cambiamento. Ora, io che renziano non sono mai stato, e nel futuro immagino impossibili processi di trasformazione così radicali se non accompagnati da metamorfosi della mia psiche, domando a me stesso il motivo per cui ho deciso di dare il mio contributo ad una componente interna al PD, Rifare l’Italia, che sostiene, anche se con posizioni distinte, il segretario Presidente.
Per un po’ di ragioni che provo ad elencare. Intanto perché i congressi finiscono e il giorno dopo si dovrebbe lavorare per l’Italia cercando con pervicacia la sintesi tra le diverse posizioni nel PD e non le differenze utili solo a calcare, con il protagonismo del narciso, il palcoscenico della politica. E la ricerca della sintesi è una fatica immane ma è anche un atto di generosità verso i cittadini e le loro aspettative. Il dissenso interno, il posizionamento nelle tante discussioni, al contrario, molte volte appare per quello che è, pura tattica pretestuosa. Ad essere sinceri, il tema che pongo non è rivolto al merito delle tante discussioni che alimentano il conflitto interno, addirittura alcune ragioni appartengono al carnet delle mie convinzioni, ma alla coerenza con il metodo adottato che se in politica fosse un valore assoluto costringerebbe molti dirigenti nazionali e locali a non militare nell’attuale PD. Per essere chiari, esistono periodi della storia in cui il tempo per la formazione di una decisione non è una variabile indipendente. Purtroppo i fattori della crisi obbligano ad accorciare i tempi della formazione delle decisioni, in quei tempi ristretti la Politica deve dotarsi di metodi nuovi inclusivi ma non dilatori. Nella storia il governo pubblico dei processi sociali è stato efficace solo quando le Istituzioni sono state in grado di tenere il passo dei tanti protagonisti e delle tante esigenze; ecco, certe discussioni nel PD di oggi mi pare siano attivate con lo sguardo verso l’ombelico di chi le propone. Non certo con l’ambizione di ricercare quella fondamentale sintesi da affidare alle Istituzioni preposte per farne elemento attivo utile al miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Provo a banalizzare il mio pensiero affermando che la vera sfida oggi è ridare un ruolo efficace alla Politica, non un ruolo a qualche politico.
Fatte queste premesse, e assunte semplicemente come mie convinzioni, sulle Riforme per i cittadini, famiglie ed imprese, ritengo che in Italia con Renzi e in Piemonte con Chiamparino è fondamentale il confronto, se serve anche con toni alti (purchè si confrontino le differenti idee), ma è altrettanto fondamentale l’unità del giorno dopo. E nell’elenco delle Riforme nazionali e Regionali potremmo concretamente esercitarci nel dare priorità agli ambiti che più preferiamo, consapevoli che, a prescindere dagli ambiti, il cambiamento dell’esistente non è più rinviabile.
E allora, alla ricerca di una improbabile metafora ciclistica, preferisco stare nel gruppo assicurando la fatica di chi deve dare il cambio in testa per tagliare il vento piuttosto che stare in fondo al gruppo per arrivare verso la fine della corsa nella posizione migliore per la volata finale logorando chi, con la stessa maglietta, ha tagliato il vento. A pensarci bene per chi come me ha l’ambizione, forse l’illusione, di cambiare “la società dei leaders” il lavoro faticoso nel gruppo può essere una buona occasione.
Mi pare che in questo contesto si possa sviluppare un pensiero particolare sul Piemonte.
È evidente a tutti l’importanza dell’esito del ricorso al Tar sulla legittimità delle firme a corredo di alcune liste della coalizione del Presidente Chiamparino. Sarà una sentenza di carattere Amministrativo che potrebbe anche invalidare le elezioni dello scorso anno, una sentenza che ha un suo percorso di formazione parallelo alle indagini con profilo penale. Per come siamo abituati, aspettiamo e qualunque sarà l’esito, lo rispetteremo. Nel frattempo il Presidente ha anticipato una scelta che prescinde dai Tribunali e viaggia lungo il corso della Politica e dell’autorevolezza che la stessa dovrebbe riconquistare agli occhi dell’opinione pubblica per tornare ad essere uno strumento utile e al servizio dei cittadini. Chiamparino ha anticipato che se risultassero evidenti i grandi numeri delle firme invalidanti le liste, non attenderebbe la fine dei processi ma restituirebbe la parola agli elettori con le sue dimissioni.
Ma c’è dell’altro, o almeno dovrebbe esserci dell’altro: il futuro della Regione Piemonte. Sul futuro della Regione devo per coerenza una premessa. Siamo stati eletti per mettere in sicurezza i conti di questo Ente riportando verità e certezze al centro dell’azione di Governo e, al contempo, siamo stati eletti per attivare progetti di sviluppo economico inseriti in un contesto regionale che richiede nuove risposte alle tante domande che sono state poste dalle persone che vivono le difficoltà dei nostri tempi.
Siamo stati eletti, quindi, per fare delle Riforme che, come tutte le Riforme serie e coraggiose, subiscono l’impatto iniziale negativo del dissenso.
Qui sta il problema. O la Politica è concentrata sul futuro del Piemonte e continua con coraggio a fare le Riforme che fanno bene ai Piemontesi, nonostante il dissenso iniziale e nonostante le intenzioni di Chiamparino, o la Politica mantiene lo sguardo rivolto verso il basso e fa ciò che può per raccogliere il consenso. Delle due l’una e, per chiarezza, io sono per le Riforme. Infine, giusto perché l’uomo è fatto di carne, troverei davvero irritante il vecchio gioco dei “compagni di partito”” volto a mettere in cattiva luce gli attuali componenti la maggioranza consiliare ( quelli che fanno le Riforme e in questa fase convivono con il dissenso).
* vice presidente gruppo consiliare Pd in Regione Piemonte e presidente Commissione Sanità