di Dario B. Caruso.
Attendevo il 19 marzo per tre belle ragioni: era la Festa del Papà, avevo tre nonni su quattro di nome Giuseppe e Giuseppina, passava la Milano-Sanremo.
Allora la mattinata a scuola (perché il 19 cadeva sempre di 19 senza badare al calendario) era lieve, con il pensiero rivolto al passaggio sull’Aurelia verso le 13 circa di centinaia di biciclette e la gola in attesa del successivo pranzo a casa con tutti i familiari possibili.
I lustri sono passati.
E con essi sono passati i nonni e le logiche dello sport, i primi piegatisi agli anni e queste ultime alle esigenze degli sponsor e della visibilità mediatica.
La Milano-Sanremo era considerata una classica poiché apriva la stagione primaverile e mobilitava un numero incredibile di appassionati i quali si assiepavano lungo il percorso per applaudire i propri beniamini; ore di attesa per una manciata di secondi. C’ero anch’io e in quei pochi istanti il cuore saliva in gola, la velocità spettinava i capelli ma riordinava le idee, le priorità.
Oggi la Milano-Sanremo è una corsetta che non desta alcun interesse; gli appassionati di ciclismo seguono le gesta di un manipolo di professionisti seduti su una poltrona, ore di attesa per una manciata di secondi senza emozioni.
Anche l’Albo d’Oro è il segno dei tempi.
Gli anni Venti di Costante Girardengo (6 vittorie, tre secondi posti e un terzo posto), gli anni Trenta e Quaranta di Binda, Bartali e Coppi, gli anni Sessanta di Poulidor e Merckx, i Settanta di De Vlaeminck, Gimondi, Panizza, Basso, Motta, Dancelli, gli Ottanta di Moser e Saronni.
Poi un lento declino.
Le ultime edizioni sono state vinte da Goss, Gerrans, Ciolek, Kristoff, tutti atleti di indubbio valore ma certamente nella media del circo a due ruote moderno, quel carrozzone patinato fuori e arrugginito dentro che guarda all’occhio dell’altro come una cortigiana che ha superato la sua migliore età.
Anche oggi il problema non sarà più chi avrà passato la borraccia a chi, ma chi avrà curato meglio la propria depilazione.
La corsa non c’è più, ma neppure il pelo superfluo.