Partiamo da un dato oggettivo, numerico: il Pci, al massimo del suo splendore, poteva contare, tra Alessandria e dintorni, su circa 4 mila iscritti. Oggi il Partito Democratico, che è di gran lunga per consenso il primo partito del paese, e il più organizzato, ‘stappa lo champagne’ se, sullo stesso territorio, di tessere vere ne porta a casa 400. Crisi, o morte, della politica? O semplice trasformazione, per cui la politica stessa oggi si fa in tv, e sui social network, e i partiti sono semplici ‘comitati elettorali’ da riattivare appunto ‘sotto elezioni’, a supporto del leader carismatico, che conta assai più dei ‘marchi’ che lo sostengono? E il Pd alessandrino, in particolare, come si sta organizzando, dopo la recente elezioni del nuovo segretario provinciale Claudio Scaglia, per tornare davvero a pesare e a fare politica sul territorio, e fra la gente? Ne parliamo con Massimo Brina, avvocato di 49 anni, ‘renziano doc’ da circa un anno e mezzo alla guida del Partito Democratico cittadino di Alessandria, e anche ‘figlio d’arte’, nel senso che suo papà, il senatore Alfio Brina, fu un esponente di primo piano proprio di quel Pci che faceva della partecipazione popolare e delle iscrizioni ‘di massa’ uno dei propri punti di forza.
Avvocato Brina, cosa ‘bolle nella pentola’ del Pd di Alessandria? Ossia, si parla tanto di riavvicinare i partiti agli elettori. Ma nel concreto?
Il primo livello su cui occorre lavorare, e lo stiamo facendo, è sicuramente il maggior coinvolgimento di militanti e simpatizzanti: dagli iscritti ai semplici elettori delle primarie, c’è tutta una fascia di popolazione sensibile ai temi della politica, e che oggi vota Pd. Sono persone certamente coinvolgibili a diversi livelli di impegno e partecipazione.
A partire dal rinnovo delle tessere? Oggi il Pd, ossia il più grande partito del paese, ha un decimo degli iscritti del Pci degli anni Settanta.
(sorride, ndr) Lo so bene, e so bene che non basta dire che il mondo e la società italiana nel frattempo sono cambiati radicalmente, anche se è vero. Faccio una considerazione generale se permette: quella o quelle generazioni che alla politica come partecipazione collettiva, di massa, ci hanno creduto e l’hanno praticata, non è mica vero che lo hanno fatto inutilmente: a prescindere dai casi individuali, è indubbio che si tratta delle generazioni che più hanno ottenuto, in termini di diritti civili e nel mondo del lavoro, e che più hanno migliorato la propria condizione di partenza. Viceversa, le generazioni del disimpegno politico, e della ricerca del successo individuale, si stanno al contrario confrontando con la drastica diminuzione del loro sistema di diritti. Questo è un fatto che dovrebbe far riflettere tutti i cittadini, a prescindere dall’orientamento politico elettorale.
E i venti/trentenni di oggi? Che atteggiamento hanno verso la politica, e quanto pesano nel Pd?
Il Pd ha naturalmente suoi organismi giovanili, e mi pare che ci sia un gruppo di ragazzi di assoluto valore, alcuni dei quali anche già impegnato in ‘prima squadra’, per così dire. Certo, se penso ai numeri degli iscritti alla Fgci non degli anni Settanta, ma anche degli anni Ottanta, non esiste confronto. Sia perché oggi i giovani in questo paese sono molti meno di allora, sia perché la maggior parte di loro è disillusa, e a fare politica è un’esigua minoranza.
Ma i partiti oggi servono ancora?
Io credo di sì, anche se dobbiamo dimostrarlo nei fatti. E’ indubbio che la tendenza a prendere la scorciatoia, ossia a considerare i marchi dei partiti poco più che comitati elettorali al servizio del leader carismatico esiste. Nel Partito Democratico, anche da noi in periferia, di questo si discute molto, se non altro: ossia la percezione del problema esiste. Nelle scorse settimane abbiamo tenuto un seminario con i nostri iscritti, che ha visto la partecipazione di un esponente della direzione nazionale, Giorgio Tonini, oltre che del sottosegretario Enrico Morando. E proprio questo è stato il tema centrale della riflessione, con spunti interessanti.
Cosa fa, concretamente, l’Assemblea cittadina del Pd, e come gli iscritti, ormai non certo un esercito, vengono coinvolti nelle decisioni?
Non un esercito, ma qui ad Alessandria un numero certamente in crescita, anche grazie all’adesione al Pd di gruppi di militanti in arrivo da altri partiti del centro sinistra (dal Psi all’Italia dei Valori, ndr): tanto che abbiamo aperto anche nelle scorse settimane anche una nuova sede in via Montegrappa.
L’Assemblea cittadina, costituita da 50 persone più una serie di altri soggetti, ad esempio i consiglieri comunali, si riunisce in media una volta al mese, per affrontare temi sia organizzativi, che di politica cittadina: l’altra settimana ad esempio, in una riunione particolarmente affollata, abbiamo discusso di teleriscaldamento, convenendo in maniera quasi unanime sull’importanza del progetto, che del resto non è un’iniziativa estemporanea, ma stava già nel programma elettorale del 2012, con cui Rita Rossa si è presentata agli alessandrini. Abbiamo poi gruppi tematici, che cercano di approfondire nel tempo i ‘nodi’ più critici del territorio, dal trasporto, alla scuola, a molti altri. Ma c’è, va detto, un’oggettiva difficoltà….
Quale?
Il problema vero è come fare in modo che le decisioni o comunque gli orientamenti che emergono dalle assemblee degli iscritti si traducano poi concretamente in politica. Ossia, proprio per la visione leaderistica, a tutti i livelli, che si è ormai radicata nel paese, la tendenza a pensare che sia meglio in politica coltivarsi relazioni personali, che non lavorare con trasparenza e alla luce del sole su determinati temi, indubbiamente esiste.
Traduciamo: se ho un problema, o anche una proposta/progetto, vado direttamente a parlarne con il sindaco, o col parlamentare di turno, e non ‘perdo tempo’ con il partito….
(sorride, ndr) Un po’ il rischio e la tendenza sono quelli, ed è lo spirito dei tempi. A noi di capire se e quanto si vuole davvero tornare ad una partecipazione dal basso…
Questioni cittadine: dopo quasi tre anni di governo del centro sinistra, non è che attorno a Palazzo Rosso si percepisca un enorme entusiasmo popolare, diciamo così. Cosa dovrebbero fare in questi due anni Rita Rossa e la sua giunta?
Continuare nel progetto di risanamento e rilancio della città. In cui certamente il futuro delle partecipate avrà un peso importante: la strada della multiutility, che prima di Alessandria è stata imboccata da tante altre città anche più grandi (mi viene in mente Brescia, ad esempio), è un percorso che risponde ad esigenze di razionalizzazione, e anche di innalzamento degli standard qualitativi dei servizi. Il servizio raccolta rifiuti è stato salvato, e Amag Ambiente è stata un’operazione eccellente. E immagino che la filiera dei rifiuti verrà riunificata lavorando anche su Aral, come si sta facendo.
Ma quale sarà il futuro della Grande Amag? Si andrà verso l’ingresso di un socio ‘forte’, extraalessandrino?
Certamente la dinamica nazionale è quella di andare verso un accorpamento del numero di partecipate, e ad un loro rafforzamento. Altrettanto certamente un’Amag riorganizzata e rafforzata potrà anche guardare al mercato, in termini di nuovi soci. L’importante è farlo non ‘con il cappello in mano’, ma presentandosi come un soggetto forte, con una sua idea di sviluppo, e con un forte ancoraggio con Alessandria e la sua comunità.
E il trasporto locale su gomma? ATM insomma: qualcuno di recente ha proposto di valutare anche il suo inserimento nella Multiutility…
Ci andrei cauto: la Multiutility non può essere un contenitore dentro cui riversare tutto, e ATM è già una filiera, che va dal trasporto (strutturalmente in perdita, ma con una funzione sociale) ai parcheggi (che invece possono e devono fare utili). Qui semmai il tema è capire da un lato cosa sarà deciso sul fronte regionale, sul fronte dell’ipotizzata Agenzia dei trasporti, e per conseguenza capire su scala alessandrina e anche provinciale cosa si può fare per ottimizzare il servizio. Si è parlato dell’ingresso come azionista di un player esterno, da Torino, Pavia o Milano. E forse qualche riflessione si dovrebbe anche fare sul fatto che la strada imboccata nei decenni scorsi, basata sulla moltiplicazione delle aziende di trasporto pubblico nelle diverse città della nostra provincia non ha certamente dato i frutti sperati. Forse si potrebbe ripartire da lì.
Parliamo di politica avvocato Brina: le primarie per il Pd rimangono strumento essenziale, o mostrano la corda? E alle amministrative alessandrine del 2017 saranno strumento utilizzabile, o toccherà a Rita Rossa, nel caso, riproporsi agli alessandrini per il secondo mandato?
Le primarie rimangono uno strumento essenziale, previsto dallo statuto del partito. E a mio avviso, quando sono gestite correttamente, contribuiscono a chiarire in maniera chiara e trasparenza determinati percorsi politici, e hanno anche un’altra indubbia funzione di immagine, di marketing: sono già un bel ‘pezzo’ di campagna elettorale. Peraltro, se le primarie sono la regola, è anche chiaro che quando ci sono un sindaco, o un governatore, a scadenza del primo mandato (penso a Rossa, ma anche a Chiamparino), sta al partito valutare la situazione, e la possibilità di una ricandidatura diretta. Di queste cose si comincerà a parlare a tempo debito, diciamo un anno prima della scadenza elettorale.
La primavera è alle porte segretario Brina: ci dica cosa il Pd alessandrino ha in cantiere per l’estate, in termini di appuntamenti popolari. Le Feste dell’Unità ci saranno ancora, e magari le rilancerete rispetto agli ultimi anni?
Le Feste dell’Unità sono uno strumento straordinario di aggregazione, confronto, e anche festa e divertimento. Organizzarle però implica uno sforzo notevole, in termini di volontariato: e non si può pensare di gravare sempre sulle spalle di generazioni di militanti generosissimi, e che ancora si ‘prestano’ volentieri, ma hanno naturalmente una certa età. In più c’è la necessità di ‘svecchiare’ e modernizzare il ‘taglio’ degli incontri, e anche del divertimento. Detto ciò, certamente ci saranno i tradizionali appuntamenti al Cristo, e in Fraschetta. Da valutare se riusciremo a riproporre (da qualche anno non succede) la Festa Provinciale, che indubbiamente potrebbe essere una bella occasione di maggior apertura sul territorio.
Ettore Grassano