Censire, controllare, cacciare

Spettabile redazione,

ho letto la determinazione DDAF1-59-2015 PIANO DI CONTROLLO NUMERICO DELLA VOLPE NELLA ZONA DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA adottata dalla Provincia di Alessandria con cui si determina di “Autorizzare il personale del Servizio Vigilanza e Faunistica della Provincia di Alessandria nonché le Guardie Venatorie Volontarie e gli Operatori Faunistici autorizzati ad effettuare interventi nella tana con l’ausilio di cani da tana e l’abbattimento individuale con arma fa fuoco, anche tramite fucile a canna rigata, purché in possesso di certificato di abilitazione al maneggio di fucile a canna rigata”.

La Provincia di Alessandria esercita le proprie funzioni in materia di caccia sulla base di una legislazione nazionale e regionale che consente l’attività venatoria e ne definisce limiti e modalità ma anziché attivarsi per contenere la riproduzione degli animali con forme di sterilizzazione e di controllo delle nascite non cruente, preferisce autorizzare la loro uccisione. Inoltre non sono riuscita a trovare sul sito web della Provincia di Alessandria alcuna informazione relativa a un censimento delle volpi sul territorio.

Mi chiedo se si possa mettere in atto un piano di controllo senza avere fatto un censimento. Gli abbattimenti controllati delle volpi previsti dal piano provinciale triennale hanno l’approvazione dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) ma, prima di uccidere volpi con prelievo in tana, in aree aperte, con abbattimenti notturni servendosi di carabine di piccolo calibro e l’ausilio del faro, bisogna agire con misure di prevenzione dei danni eventualmente causati dalle volpi. Le presunte stragi di animali selvatici causate dalle volpi si possono prevenire sospendendo l’immissione di selvaggina, in particolare quella allevata artificialmente che risulta dotata di scarsa capacità di difesa dai predatori. I possibili attacchi agli allevamenti causati dalle volpi si possono prevenire con un’adeguata protezione meccanica delle strutture e il ricovero notturno degli animali.

Ciò che mi fa inorridire è che ancora una volta si parli di caccia come mezzo per “controllare” gli animali. Esistono metodi alternativi validi, sperimentati, e soprattutto non cruenti, che contemplano interventi di ingegneria naturalistica, di gestione ambientale e di controllo della natalità.
Dalle ricerche EURISPES, relativamente al 2014 emerge che “…per quanto riguarda la caccia il numero di contrari raggiunge livelli elevati (74,3%)” Nonostante ciò, purtroppo la caccia è legale, sostenuta soprattutto dalla lobby delle aziende produttrici di armi e viene beffardamente decorata di certi aggettivi come “sostenibile”, “ecologica”, “consapevole”.

Il linguaggio verbale e visivo che essa usa per autopromuoversi è mistificatorio: le associazioni venatorie si presentano come amiche della natura, animale e vegetale, e usano nei loro nomi termini mistificatori come “tutela”, “protezione”, “salvaguardia” e via ingannando. Si va a caccia “per amore della natura e degli animali”, un amore che tinge il paesaggio di sangue. Bisogna anche fare i conti con le vittime umane che la caccia provoca: chi va a caccia ha il privilegio di entrare nei terreni e nelle proprietà private e ogni anno causa gravi incidenti, anche mortali.

Non capisco come facciano le istituzioni, che rappresentano la cittadinanza, a ignorare tutto ciò. Se si vuole una soluzione realistica, la caccia non la è perché è solo un palliativo che serve a soddisfare la voglia di uccidere di cacciatori e cacciatrici.

Nel libro “Divieto di caccia” di Carlo Consiglio, Presidente Onorario della LAC (Lega Abolizione Caccia) nazionale, è esposta una tesi molto interessante che assimila la caccia a una malattia mentale (pagg.67-68, Edizioni Sonda, 2012). E’ in un paragrafo che riporta le opinioni degli psicanalisti Emilio Servadio e Karl Menninger, della psicologa Carla Corradi, e dell’antropologo Sherwood L. Washburn. Io non ho le loro competenze quindi mi limito a constatare che la caccia è uno sport, regolarmente finanziato dal CONI, ed è anche un mezzo a disposizione delle istituzioni per attuare i piani di sterminio, abbattimento, selezione, controllo di ungulati, volpi, nutrie, volatili… Tuttavia, chi si avventura a leggere i siti web e le riviste dei cacciatori, trova affermazioni, fotografie, atteggiamenti a dir poco inquietanti.
La caccia non è un beneficio, da qualsiasi punto di vista la si esamini, anzi, è un maleficio che fa emergere quel lato sanguinario dell’essere umano che non dovrebbe più appartenere alla società di oggi.

Cordiali saluti.

Paola Re – Tortona (AL)