«Innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie cosiddette negligenti al fine di ridurre il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamento dei bambini dal nucleo familiare».
È questo l’obiettivo di P.I.P.P.I. (Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione), l’interessante progetto presentato ieri nella Sala Guala del Comune di Casale Monferrato, durante una conferenza stampa a cui hanno partecipato (da sx nelle foto): Loredana Imarisio, assistente sociale referente del progetto per Casale Monferrato, Ornella Caprioglio, assessore alle Politiche per la Famiglia, Annamaria Avonto, direttore Socio Assistenziale dell’Asl AL, Alice Monti, direttore Soc Psicologia Asl AL, ed Emanuela Cordella, direttore Soc Neuropsichiatria infantile dell’Asl AL.
Il Servizio Socio Assistenziali del Distretto di Casale Monferrato dell’Asl AL è uno dei tre ambiti territoriali individuati dalla Regione Piemonte per sperimentare questo nuovo progetto nato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall’Università degli Studi di Padova.
«Dal nostro insediamento – ha spiegato l’assessore Ornella Caprioglio – abbiamo cercato di concentrarci sul volontariato e su tutto ciò che ruota intorno alla famiglia. È per questo motivo che già a ottobre, quando ci è stato presentato il progetto, abbiamo accolto con entusiasmo P.I.P.P.I. e siamo ben contenti di dare il nostro apporto».
Con questo progetto, attraverso un programma innovativo di rete territoriale, si vuole quindi cercare di diminuire l’allontanamento dei minori dalle famiglie: «Con la stretta collaborazione tra il Socio Assistenziale e la parte sanitaria – ha sottolineato Annamaria Avonto – si mettono in campo le forze del territorio, coinvolgendo anche la società civile. Il tutto con il contributo di un Gruppo strategico di supporto composto, tra gli altri dai Comuni del distretto sanitario, dalla Procura della Repubblica e dal mondo del volontariato».
A spiegare più nel dettaglio il programma P.I.P.P.I. è stata Loredana Imarisio: «Intervenire direttamente sulla famiglia e non solo sul bambino è una pratica nuova e che, nelle sperimentazioni precedenti a livello nazionale, ha dimostrato dare significativi risultati. Si parte da quattro dispositivi d’azione: l’educazione domiciliare, i gruppi per genitori e bambini, le attività di raccordo fra scuola e servizi e la famiglia d’appoggio. Ed è proprio quest’ultima che avrà un ruolo molto importante: non si tratta di famiglie affidatarie, bensì famiglie che possono aiutare a superare quelle difficoltà che, senza un sostegno, negli anni precedenti avrebbero potuto portare all’allontanamento del bambino».
La ricerca delle famiglie d’appoggio ha già avuto inizio, con la collaborazione del Comune, e proseguirà ancora nelle prossime settimane, a partire dall’incontro in programma per sabato 21 febbraio alle ore 15,00 nel salone dell’Istituto Sacro Cuore.
Come detto, quindi, questo progetto unisce non solo la parte socio-assistenziale, ma anche quella sanitaria, e in particolare con le Soc (Strutture Operative Complesse) di Psicologia e Neuropsichiatria infantile: «Questo progetto per Casale Monferrato – ha ricordato Alice Monti – è un ritorno al passato, in quanto il metodo basato su sinergie di forze diverse tra loro, furono sperimentate dai Comuni di Casale Monferrato e Moncalvo nel 1979 con l’equipe psico-socio-mediche-pedagogiche. L’attuale metodo è però arricchito da figure al tempo inesistenti: gli educatori. Loro sono il fulcro dell’azione e lavorarno in prima linea, noi psicologi li sosteniamo lavorando a fianco».
A chiudere gli interventi, Emanuela Cordella: «È un progetto fortemente innovativo, direi quasi rivoluzionario, perché ha nel metodo di approccio la sua grande novità: se prima al centro c’era la tutela del bambino, ora c’è il bambino con la propria famiglia. Siamo di fronte a una struttura in cui il bisogno del bambino, le risposte della famiglia e il contesto socio-familiare sono alla pari».
Il progetto P.I.P.P.I. si rivolge a 10 famiglie al cui interno ci sono bambini, dagli 0 agli 11 anni d’età, il cui sviluppo e la cui sicurezza sono considerati dagli operatori di riferimento come “preoccupanti”, a ragione del fatto che vivono in famiglie in cui le figure parentali sperimentano difficoltà consistenti e concrete a soddisfare i bisogni dei bambini sul piano fisico, educativo, affettivo, psicologico.