Il suo nuovo disco, “La Saggezza delle Nuvole”, uscirà a febbraio. Frutto di due anni di registrazioni, questo album, composto da nove brani strumentali e due poesie inedite, rappresenta una sorta di viaggio sonoro itinerante, o meglio, come lui stesso lo definisce, di un ‘azzardo sonoro’.
Luca Olivieri, musicista (pianoforte, tastiere e programmazioni), compositore e arrangiatore, ci racconta com’è nato e come si è sviluppato il suo progetto, che può vantare la collaborazione di ospiti illustri, tra cui la violoncellista inglese Caroline Lavelle (al suo attivo collaborazioni con Peter Gabriel, Radiohead, Muse, Massive Attack, Loreena McKennitt, Hector Zazou), Saro Cosentino (storico collaboratore di Franco Battiato, ha lavorato con Alice, Radiodervish, Peter Hammill e Morgan), Andrea Chimenti (indimenticata voce dei Moda negli anni ‘80, ora raffinato cantautore e attore), e Cesare Malfatti (membro fondatore dei La Crus, ha suonato anche con Afterhours e The Dining Rooms), senza dimenticare le poesie di Luca Lezziero, poeta contemporaneo e paroliere dei La Crus.
Chi è Luca Olivieri e da dove nasce la passione per la musica?
Vengo da Milano, ho iniziato a suonare molto presto in quanto mio padre, grande appassionato di musica, mi spinse a prendere lezioni di pianoforte fin da bambino. Tra alti e bassi, momenti di crisi e momenti di grande passione, mi sono ritrovato a fare studi classici di pianoforte arrivando a diplomarmi al Conservatorio di Genova all’età di 24 anni. Parallelamente al percorso accademico, però, ho sempre cercato di ‘imbastardire’ questo mondo (n.d.r. classico) con la musica ‘altra’, suonando in saletta prove con amici, alcuni dei quali poi si sono evoluti, diventando ad esempio gli Yo Yo Mundi, e vivendo altre situazioni che poi si sono sviluppate professionalmente. Quando parlo di imbastardimento non intendo solo quello musicale, ma anche il fatto che ho sempre pensato che la mia musica dovesse accompagnarsi a qualcos’altro, ad un’altra disciplina: il gesto scenico e la parola. Per cui ho lavorato parecchio con il teatro, con compagnie amatoriali, compagnie professionistiche, come il Teatro Stabile di Genova, e anche realtà dell’alessandrino: Laura Bombonato, Fabrizio Pagella e altri.
Perché questo connubio tra musica e teatro?
Non lo so. In realtà ho sempre pensato che un altro tipo di disciplina potesse completare la mia musica, ecco trovo che sia un complemento. Poi magari si tratta semplicemente di insicurezza. Comunque la mia musica non la vedo collegata ad un testo in forma canzone, la preferisco abbinata all’arte scenica, in particolare al gesto scenico teatrale. Questo è un po’ il leitmotiv che mi ha sempre accompagnato. Faccio musica strumentale legata al mondo del teatro, del cinema, delle immagini. Ho composto per il teatro, per cortometraggi e sonorizzazioni per film muti degli anni dieci e venti del Novecento.
Quali sono le contaminazioni che hanno segnato il tuo stile musicale? E qual è la musica che ti piace di più?
Mi piace un po’ di tutto. A parte le cose estreme, tipo il blues estremo, l’heavy metal estremo o la dance estrema, per intenderci, ma in generale trovo che ci sia del nettare positivo un po’ ovunque. Credo di poter dire che la mia musica è fatta di acustica, di elettronica, di elettroacustica, di ‘rumorismo’, di una serie di ingredienti insomma.
Qual è il tuo artista preferito in assoluto?
Ne ho diversi. Uno solo non riesco a dirtelo. Nella forma canzone, Ivano Fossati mi ha sicuramente forgiato negli anni Ottanta/Novanta, dopo però l’ho un po’ perso di vista. Tra tutti i suoi dischi, prediligo ‘La pianta del tè’ e ‘Discanto’. Poi ti potrei citare dei dischi dei Depeche Mode, i primi Litfiba, i Diaframma… Alcuni di questi personaggi li ho ritrovati per il mio nuovo disco. Ad esempio, Romina Salvadori degli Estasia, o Andrea Chimenti dei Moda, uno dei gruppi esponenti delle new wave italiana degli anni Ottanta insieme ai Litfiba, Diaframma e altri. Mi raccomando Moda senza accento – dice ridendo – sai un accento può fare la differenza. Comunque Andrea, si è reinventato come attore teatrale e per il mio disco ha interpretato le poesie di Lezziero. Tra la musica classica che prediligo, ti posso citare gli impressionisti, primo fra tutti Debussy, poi Ravel, la musica francese di inizio Novecento, Stravinsky. Non è per fare il ‘fighetto’, ma è proprio così. Tra i contemporanei, ci sono musicisti di nuova elettronica o nuova classica che apprezzo, molti dei quali dall’Islanda, tipo Olafur Arnalds, un pianista che fa musica strumentale mischiata con l’elettronica, con rumori ambientali, parlati, ecc. un mondo emotivamente interessante. Insomma, spazio dalla scena pop anni Ottanta alla contemporanea classica odierna.
Quindi, in generale ti piace la musica più ‘tranquilla’, non quella hard, cattiva…
La musica cattiva la cerco nei testi. Più che il suono mi intriga la lacerazione di una parola o di un testo, che ti entra dentro e ti devasta. È quella la grande violenza che scelgo. Pensa ad ‘Anime Salve’ di De André, è una canzone che si potrebbe definire violenta, ‘La costruzione di un amore’ di Fossati è una canzone cattiva. Poi ti posso dire che mi piace Morricone, ma forse mi emoziona di più ‘Anime Salve’ rispetto ad un suo tema, parlando da compositore e da musicista classico, che normalmente è senza parola. Paradossalmente parlo molto di testi, di parole e di immagini e poco di musica, perché la mia musica non è fine a sé stessa, così come i miei interessi che sono catalizzati da altre discipline. La parola prima di tutto!
Quanti dischi hai fatto?
Ne ho fatti due e questo è il terzo. Il primo, ‘Trigenta’ nel 1996, è la colonna sonora di uno spettacolo messo in scena da una compagnia teatrale di Novi Ligure, Il Teatro del Rimbombo di Enzo Buarné. Mentre Enzo metteva in piedi lo spettacolo, io seguivo le prove e intanto scrivevo la musica, una sorta di ‘work in progress’. Alla fine ho realizzato il mio primo disco ufficiale. Nel 2008 è uscito ‘La quarta dimensione’, anche questo legato al mondo del teatro. A febbraio 2015 uscirà il mio terzo disco, ‘La saggezza delle nuvole’.
Perché la saggezza delle nuvole?
Un piccolo vezzo romantico. Se mi fermo a guardare il cielo, a guardare le nuvole, mi danno un senso di sicurezza … Le nuvole sono ferme e ci controllano dall’altro, ci spiano. Mi ricordano un vecchio saggio, che si muove poco, parla poco, ma quando lo fa ti dice delle cose autentiche, vere. La nuvola è lì da tanto, ne ha viste di tutti i colori e ci osserva dall’alto.
Quante nuvole ci sono nel disco?
Sono nove brani strumentali, oltre a due poesie di Luca Lezziero, poeta contemporaneo, che è stato anche il paroliere dei La Crus. L’ho conosciuto per caso, leggendo un suo libricino di poesie, e mi ha conquistato. Racconta una Milano che ci accomuna, quella dell’infanzia negli anni ’70, e in cui mi sono riconosciuto. Per cui, l’ho contattato e gli ho chiesto se voleva donarmi qualcosa di suo per l’album, e così è stato.
A che età sei andato via da Milano? Dove ti sei trasferito?
A quattordici anni, un’età delicatissima. Sono venuto a vivere nel Monferrato. Ho avuto la voglia e la forza di continuare a studiare pianoforte. A Milano era più semplice perché andavo da un insegnate privatamente, ero molto seguito. Alla fine ho praticamente dato tutti gli esami privatamente fino a diplomarmi a Genova. L’impatto Milano e provincia monferrina non è stato dei migliori. Da un lato hai alcune libertà che una grande città non ti permette, tipo girare con il vespino oppure andare al fiume con gli amici, ma quando inizi ad avere diciotto anni e capisci che il tuo interesse più grande è la musica, suonare in sala prove, confrontarti con certe realtà, allora la provincia ti sta stretta. In quel periodo, tra l’altro, iniziavano a nascere realtà milanesi molto interessanti, Afterhours, Casino Royale, quel mondo in genere, mentre tu sei ad Acqui Terme e ti senti un po’ al margine … Come in tutto, però, ci sono i pro e i contro, infatti ad Acqui ho conosciuto un giro musicale molto interessante, tra cui gruppi e cantautori che hanno fatto un bel percorso artistico, anche a livello nazionale come gli Yo Yo Mundi. Ho suonato con alcuni di loro prima ancora che nascesse il gruppo, poi io ho preso un’altra strada terminando gli studi in pianoforte. Finché ci siamo ritrovati ed è una storia che continua tuttora, perché ho avuto il piacere di suonare con loro sia in alcuni dischi che in spettacoli live.
Cos’è la musica per te?
Ho vissuto e vivo fondamentalmente per quello. Appaga il mio ego. Mi emoziona. Però se ti posso dire, è anche una fonte di sofferenza. Penso che se fossi solo fruitore di musica vivrei molto meglio, ne godrei di più. Invece vivo questa cosa, come la realizzazione di un disco, con una sorta di ansia da prestazione, non mi accontento e tendo ad essere un perfezionista, tanto da farlo diventare un percorso lacerante.
Infatti, dall’ultimo disco sono passati un po’ di anni …
Ho iniziato a scrivere il primo brano circa tre anni fa. La lavorazione è cominciata ufficialmente due anni e mezzo fa. Praticamente la prima bozza nella mia testa è nata tre anni fa almeno. Poi ci penso, ci ripenso, immagino come e con chi fare cosa, finché inizio la lavorazione.
In questo caso, ci sono voluti due anni di lavoro. Avevo già composto i pezzi, mentre la realizzazione pratica, in questo caso, va dai contatti alle registrazioni. Questo è un progetto un po’ particolare perché è collettivo, nel senso che ho iniziato ad inviare mail ad artisti e persone che negli anni mi hanno emozionato con i loro lavori, dischi, libri. Ho scritto a musicisti importanti, che hanno collaborato con grandi nomi del panorama artistico. È stata una scommessa e alla fine ho ottenuto il contributo di artisti prestigiosi. Ad esempio, Saro Cosentino che ha prodotto diversi dischi di Battiato e ha scritto con lui molte hit, ha lavorato con il suo entourage e con Alice. Lui ha fatto pochi dischi solisti nell’arco di trent’anni, l’ultimo dei quali circa quindici anni fa, ed è un disco che ho letteralmente consumato. Ho pensato di partire un po’ da quel tipo di musica e di approccio. Cesare Malfatti dei La Crus è stato il primo ad aderire. Il giorno di Natale di due anni fa mi ha mandato una mail annunciandomi il suo imminente contributo. Un regalo fantastico. Poco tempo dopo anche Caroline Lavelle, violoncellista molto famosa che ha lavorato con nomi importanti (Peter Gabriel, Radiohead, Muse, Massive Attack, Loreena McKennitt, Hector Zazou, ecc.), ha accettato e il suo contributo si può ascoltare in due pezzi del disco.
Hanno collaborato anche artisti locali?
Sì, ci sono musicisti dell’alessandrino e dell’acquese: Luca Serrapiglio (nella foto, sax – clarinetto basso), Marcello Crocco (flauto traverso), Andrea Cavalieri, storico bassista degli Yo Yo Mundi, (basso elettrico), Roberto Lazzarino (chitarra elettrica), Diego Pangolino (percussioni) e Federica Baldizzone (violino elettrico). E poi Fabrizio Barale (chitarra elettrica), che vive a Cuneo ma per parecchio tempo ha frequentato il mondo musicale acquese. Con loro c’è stato un vero e proprio lavoro in studio. Ad esempio, Luca Serrapiglio, jazzista abbastanza estremo, ha rappresentato una spezia importante per questo lavoro, ha allargato un po’ lo spettro sonoro e di azzardo rispetto a quanto ho fatto fino ad oggi. Penso di aver fatto un passo avanti rispetto al disco precedente, anche grazie al contributo dei numerosi ospiti ho tirato un po’ più in là il baricentro della mia sperimentazione sonora.
Hai un progetto nuovo?
In questo momento il progetto principale è quello di promuovere questo lavoro, a cui tengo molto e in cui credo molto.
Cosa ci si deve aspettare dal tuo disco? Che tipo di sonorità?
Penso che il mio disco nuovo sia la rappresentazione del concetto di imbastardimento di cui ti parlavo prima. C’è la linea melodica e un mondo fatto di rumori, di improvvisazioni, di sonorità, che a volte sono addirittura aggressive e fastidiose. C’è un po’ questo tentativo di andare oltre, che ti assicuro, per la mia musica è un bell’azzardo e poi per la prima volta nei miei dischi c’è anche la parola, le due poesie inedite scritte da Lezziero e interpretate da Chimenti.
Perché non sei tornato a vivere a Milano?
Milano la vivo comunque, ho contatti artistici e umani che mi portano spesso là. Ma forse un giorno, chi lo sa?
Se siete curiosi di ascoltare la musica di Luca Olivieri, a febbraio il suo disco ‘La saggezza delle nuvole’.
Per info:
www.lucaolivieri.eu
www.facebook.com/