di Pier Luigi Cavalchini
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Il riferimento è chiaro: fine delle politiche di penalizzazione al limite dello strozzinaggio per le economie del sud Europa, e per quella greca in particolare, ritornando a considerare le “cose” da un altro punto di vista.
Addirittura arriva – il nostro Tsipras – a definire “rimanenze del passato” ciò che la “troika” economica ha prescritto in questi lunghi recenti anni di povertà diffusa.
La vittoria è stata schiacciante e al di là delle prospettive e permette al neo premier Tsipras di guardare direttamente negli occhi coloro i quali hanno concesso, non certo a fondo perduto, quasi centocinquanta miliardi di euro per interventi vari di “salvataggio dell’economia greca”. Iniezioni gigantesche di denaro che, però, in mancanza di riforme strutturali rischiano di essere la classica goccia nel mare… A meno che non si cambi prospettiva e, di conseguenza anche regole di ingaggio e tutto quanto ne deriva. La scommessa di Tsipras, al di là della sterile polemica se si tratti di una vittoria della “sinistra radicale” o di “un movimento in via definizione nell’ampio mondo del riformismo europeo”, sta tutta qui. Riuscirà a far “cambiare verso” (…sul serio) ai paludati economisti del centro europa, dentro e fuori la BCE, oppure si tratterà solo di qualche aggiustamento locale evitando che il “contagio” dilaghi.
Fra i commenti a caldo sicuramente il più promettente è stato quello emesso da Bruxelles a firma della Direzione del Partito Socialista Europeo: “Il debito greco non deve essere un tabù” qualcosa di intoccabile e senza alternative. Chiaro segnale per chi vorrebbe mantenere il tutto nel piccolo ambito di un angolo del Mediterraneo.
Ma, come si diceva, un altro punto di vista è possibile?
Provo a dare qualche piccolo suggerimento che può aiutare nell’interpretazione del momento.
1. Grecia vince (nel 2015) e invece Thatcher (e il thatcherismo) vince e segna la nuova linea del “rigore” a metà anni Ottanta dello scorso secolo. Confronto simile nelle premesse, forte scontento sociale, capacità di organizzazione di massa sia in termini politici che sindacali ma la Grecia di Tsipras vince, l’Inghilterra della Thatcher – alla lunga – stravince… Dove sta la differenza? Il massacro, la macelleria sociale in Inghilterra ha salvaguardato gran parte della middle class inglese impiegatizia e terziarizzata, mentre la classe media greca (piu’ o meno come quella italiana) è stata ed è terreno di coltura per tassazioni, vessazioni e penalizzazioni di ogni tipo. Ergo…
2. Se il problema, quindi, sta nella particolare organizzazione della politica finanziaria moderna che non finanzia nulla nell’economia reale ma gioca su fallimenti e rilocalizzazioni, oltre a rastrellare il piu’ possibile con false politiche di austerità e di “necessita’ “, lì si dovrà intervenire a livello internazionale, dove “internazionale” deve essere mondiale e non europeo, perché l’Europa, pur essendo il principale consumatore mondiale su tutti i piani di spesa (dal “lusso” alla “distribuzione a prezzi bassi”), non intende oggi avere quel peso economico che il numero di abitanti, la ricchezza totale e la ricchezza aggiunta (in termini di promozione culturale e di fruizione turistica) le consentirebbero.
3. E, di nuovo con un’ipotesi, se così fosse, dovrebbero essere fortemente penalizzati tutti i movimenti tesi a esternalizzare le crisi (a cominciare dalla vergognosa tendenza delle industrie (medie e grandi), anche italiane , a portare all’estero segmenti di produzione per “abbassare i costi” di personale e globali (dove, nel termine “globali” ci stanno aggressioni libere al territorio e alla salute di chi si accolla parte delle produzioni altrui).
Le facilitazioni in termini di oneri di urbanizzazione e di avvio attività che stanno offrendo Albania, Romania, Turchia, la stessa Russia e l’onnipresente Cina (ma l’elenco è, purtroppo, lunghissimo), dovrebbero essere considerate come un deterrente pericoloso che non favorisce un “cambio di verso” ma che ripropone dinamiche di sfruttamento – giustamente – condannate dal voto greco.
L’itinerario da intraprendere è solo all’inizio e speriamo (…già solo “speriamo”) che l’entourage attuale e prossimo di Tsipras sia di un livello tale da poter “cavare il ragno dal buco”.
Sulle “ricadute in Italia”, sui “se”, sui “ma” e sui “forse”, lasciamo volentieri ad altri.
Non ci dobbiamo nemmeno sognare per un secondo, però, che il nostro debito pubblico (millimiliardario) e il nostro ritorno alla grande della pratica, tanto cara alle mafie, del “lavoro nero”, vengano risolti da altri… Il danno è tutto nostro, ed è frutto di decine di anni di incapacità e acquiescenza politica… Pertanto sta solo a noi ribaltare le cose e, per esempio, iniziare con una sana “patrimoniale” o con un’indagine a tappeto sui fondi neri italiani presenti in Svizzera come in decine di altri paradisi fiscali.