“Chapeau”: Paita vince, Cofferati perde

Cavalchini Pierluigi 2di Pier Luigi Cavalchini
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Mi sembra che la recente sconfitta, perché di tale termine bisogna fare uso, del già rappresentante sindacale Pirelli Sergio Cofferati meriti più di una superficiale considerazione o, peggio, di una difesa (o attacco) d’ufficio.

Non vorrei essere frainteso … il riferimento alle origini politico-sindacali di Sergio Cofferati serve solo a definire un punto partenza di una carriera del tutto lusinghiera (coronata dalla massima carica rappresentativa in CGIL e da più legislazioni europee). Un personaggio (il “Coffy”) che ha visto di tutto, dagli effetti del “boom economico” al Sessantotto (dentro e fuori le fabbriche), al CAF (1) fino ad arrivare agli “imprevisti” di Berlusconi prima e di Monti-Letta poi.

Veramente una storia politica vissuta da protagonista che ail suo migliore coronamento con il passaggio alla politica che conta immediatamente dopo il suo segretariato in CGIL. Ma così non è stato e, inerosorabilmente, dopo circa un decennio ci troviamo con un candidato che non “morde” più, non riesce a sintonizzarsi su quelli che sono diventati altri ritmi ed altri modi di far politica. E sarebbe ancor peggio se ascoltasse le sirene di chi fa dell’opposizione l’unica ragione di vita (politica).

Il confronto, poi perso per qualche migliaio di voti (alcuni contestati), con l’attuale assessoreCofferati Paita in Regione Liguria Raffaella Paita, il modo di condurre la campagna per le primarie (si può dire “primariale”?) con approccio più “tradizionale” ed anglosassone ne sono una testimonianza. Dall’altra parte “ventre a terra” stretto contatto col territorio e accordi possibili con tutti gli interlocutori. Giusto o sbagliato che sia … alla fine ha reso di più.

Ma proviamo a conoscere meglio l’autrice di questo “miracolo”, perché così è stato definito il ribaltamento dei pronostici che ad inizio primarie liguri davano il “cinese” in vantaggio di dieci punti percentuali.
Raffaella Paita, 40 anni, da diversi anni nel Pd, anche come consigliere al Comune della Spezia. Riesce con una campagna al fulmicotone, quasi “casa per casa” ad essere la più votata fra tutte le formazioni di Centro Sinistra nel 2010, con conseguente riconoscimento diretto – tramite assessorato – da parte del Presidente della regione Liguria Burlando. Si dice che lo stesso Burlando ne abbia caldeggiato l’ “investitura”. ma la candidata scuote la testa e non vuole sentir parlare di “sponsor”. Addirittura riesce a convincere – si presume in una “soppesata” riunione di famiglia – a far rassegnare le dimissioni al marito presidente dell’Autorità portuale di Genova, Luigi Merlo. Persona ben nota a chi si interessa di infrastrutture fra Liguria e Piemonte, da sempre favorevole al Terzo Valico ferroviario… ma non stringiamo i tempi …

Resta il fatto che Paita è vincente…mentre, invece, l’amico Sergio ci rimette la faccia. E forse qualcosa di più. Non condivido, infatti, la reazione che ha avuto a fronte di uno strumento, quello delle “primarie” che, per sua stessa natura, è innovativo e imprevedibile. “Nuovo” perché salta e stravolge completamente gli schemi di discussione e definizione dei candidati così come li abbiamo conosciuti fino a metà degli anni Novanta, “imprevedibile” perché possono entrare, nell’insieme delle motivazioni di scelta, condizioni e variabili di difficile valutazione.
Paita, interpretando così il “nuovo”, ha lavorato molto sul territorio, sui Sindaci molto amici e “abbastanza amici”, sulle associazioni – soprattutto di recente nascita – che hanno nella ricerca del lavoro, nella possibilità di “creare sicurezza per sé e per i propri vicini-congiunti” le proprie motivazioni di fondo. Non quindi, per capirci, Pro natura o il WWF oppure la stessa Legambiente o l’ANPI, ma le nascenti “start up”, le cooperative per l’orientamento per e sul lavoro, i vari “coworking” o, al massimo, associazioni di genere (specie femminili) o di “grande tradizione” … Si faccia attenzione, per esempio, a quest’ultimo riferimento: ben sedici sono state le occasioni di incontro (con o senza pranzo di gala) con le varie sezioni Rotary e dei Llyons liguri, sempre con “promozioni” all’americana e, spesso, con raccolta fondi. Ma, come detto, anche questa “propaganda paludata” si è rivelata alla fine vincente.

D’altra parte la Paita, nel suo programma, non esita a definirsi il Sindaco della Liguria: “Il prossimo Presidente della Regione sarà il Sindaco della Liguria”. E questo, a quanto pare, incontra il favore di chi andrà a votare.

Utile, al proposito, leggere la parte di programma dedicata a questa nuova figura: “Vogliamo una Regione che dialoghi continuamente alla pari con i territori, che non stia chiusa nella propria torre d’avorio, ma in mezzo alla gente che vive e amministra il territorio (…) E’ questo contatto con il territorio e con i sindaci che permette di pensare il governo del territorio (sic, anche la ripetizione, n.d.r.) come dispiegamento delle potenzialità che il territorio ha in sé. La Liguria è una regione che vede la presenza di moltissimi comuni, molti dei quali piccoli e piccolissimi. I centri urbani, i comuni della costa e quelli dell’entroterra. Realtà differenti, con specificità ed esigenze differenti alle quali la regione deve saper rispondere riconducendole e traducendole in programmazione e interventi nell’ambito comunque della cornice unitaria del progetto di Liguria dei prossimi anni.
Per questo, accanto al processo di unione dei comuni ai fini di rafforzamento ed efficientamento (sic) dei servizi alla comunità di riferimento, sempre perseguito attraverso un confronto e una costruzione dal basso, con la partecipazione dei comuni stessi, nei prossimi cinque anni si darà vita a strumenti e sedi di confronto e coinvolgimento permanente dei sindaci nella definizione delle scelte strategiche della regione. Nessuna politica calata dall’alto, ma una politica costruita insieme, ascoltando e coinvolgendo i territori nella definizione e realizzazione di linee strategiche di crescita e sviluppo della regione.”

Una determinazione simile è presente anche nel capitolo che riguarda le “Infrastrutture”… qui la partita è tripla, con rilancio del porto, attraversamenti cittadini est-ovest e “Terzo valico” da portare a casa, come si dice in gergo.
(direttamente dal Programma di Orientamento per le Primarie): “Le infrastrutture sono il paradigma di ciò che vogliamo essere. Il tema del lavoro è trasversale, come dimostrato da tutti gli studi in materia, e connesso a quello delle infrastrutture. La centralità del tema infrastrutture è riconosciuta universalmente, e contempla: le infrastrutture di trasporto, la mobilità delle persone, il trasporto delle merci e la questione del traffico di origine portuale.
La Liguria non sarà più isolata. Gronda di Ponente, Terzo Valico, Aurelia bis Spezia-Savona, raddoppio del Ponente, strada a mare di Cornigliano, nodo di Genova. La favola dell’isolamento non regge più, ma dobbiamo completare il nostro assetto infrastrutturale, agganciarci all’alta velocità, rilanciare l’aeroporto.
Più di 15 miliardi di investimenti si sono concentrati su questo territorio. Servono scelte nette: sviluppo e crescita compatibili ambientalmente. La decrescita è una truffa: è egoismo del privilegio. E’ il mantra del grillismo che ci vuole poveri e marginali. Basta tentennamenti su grandi questioni come la Gronda. Non dobbiamo consentire ad Autostrade per Italia di dirottare i soldi in altri territori. E anche sulla Pontremolese, insieme a Emilia Romagna e Toscana, lavoreremo per realizzare un’opera importante per la Liguria”.

Una politica, quella della Paita, sicuramente in linea con quanto ha espresso in più occasioni il premier Renzi, con un dialogo diretto con i cittadini e con le rappresentanze di interessi diffusi, … poche chiacchiere e proposte di immediata soluzione. Verrebbe da dire che si è lavorato, elaborato, discusso per trent’anni (forse qualcosa in più) per arrivare a questa condizione di prostrazione che ci porta al nostro “particulare” abbandonando ogni velleità di cooperazione o minima discussione prima di arrivare alle scelte che contano, …”Se poi vorrete – ci si sente dire – potrete cambiare cavallo alle prossime elezioni (le aspirazioni toscane sono volute)”.

Le incombenze legate ad un debito pubblico senza controllo (anche sotto il governo Renzi) con una media di 15-20 miliardi mensili di aumento ed un totale che va verso i 2500 miliardi complessivi, ci costringono a stare zitti e a sopravvivere…proprio ciò a cui i residui rappresentanti della classe politica cercano di dare risposta, prima di un esodo biblico generale.

Paradossalmente la risposta di Raffaella Paita è, oggi, quella giusta, o – almeno – l’unica alla portata, quella che “coglie nel segno” e che batte – senza difficoltà – una “linea Cofferati” sentita vecchia e poco produttiva, fin oltre lo specifico della proposta in essere.

Ma il “laboratorio politico ligure”, molto simile a quello che conosciamo qui in basso Piemonte con il Sindaco di Alessandria anche Presidente della Provincia con rapporti privilegiati con il territorio (cioè i Sindaci), ci riserva altre conferme, più che novità. Continua, complice anche la prossima ragnatela di contatti “presidenziali”, l’operazione di allargamento al centro della politica, guardando con sempre più insistenza a UDC casiniana e a Nuovo Centro Democratico, con possibile ulteriore spostamento a destra con coinvolgimento dell’ (ex)elettorato di Forza Italia.

A grandi passi, quindi, verso il “Partito della Nazione”, quello che dovrà avere come unica e sola alternativa il Movimento Cinque Stelle e ciò che resterà dell’antipolitica grillina. “Noi siamo la politica, Grillo – e chi non vota – sono l’antipolitica”, parole di Alfano all’ultimo congresso della neonata NCD. Ed, effettivamente, Raffaella Paita ha più volte affermato di essere lei l’unica ad affrontare l’antipolitica grillina in Liguria, “fomentatrice di idee sballate come la Decrescita Felice o sempre all’opposizione per carenza di proposte e approfondimento, così come succede per i No Tav”.

Quando, poi, è stata direttamente richiesta del suo “flirtare” con la destra, è stata molto esplicita: “in caso di vittoria, importerà il modello renziano delle larghe intese? «Tra NCD e UdC è in corso un confronto sui rapporti con il centrosinistra. Vedremo. Da parte mia non ci sarà alcuna decisione in solitudine, il Pd ligure sarà coinvolto (…e ci mancherebbe… n.d.r.)» (Corr. Della Sera 14 gennaio 2015)”.

Anche se sulle possibili alleanze future (…ma vi rendete conto … non siamo nemmeno all’inizio della campagna elettorale per le Regionali e già stiamo pensando al dopo elezioni) pesano le dure dichiarazioni di Angelo Sansa dell’Ufficio di Presidenza Nazionale del Centro Democratico : “Le notizie che arrivano dai seggi delle primarie del centrosinistra in Liguria sono sconcertanti e tutte sfavorevoli al nostro candidato – terzo incomodo – Tovo” (…) “Tra file di cinesi e marocchini, persone che chiedono agli imbarazzati scrutatori dove possono ritirare il compenso che gli è stato promesso per il voto, noti esponenti del centrodestra ai seggi, viene da chiedersi con quale coraggio si continuino a demonizzare le preferenze visto che durante le elezioni politiche esistono controlli e garanzie che non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai controlli fai da te delle primarie”. Ma davvero – conclude Sanza – dopo gli scandali che hanno riguardato tutte le regioni, “vogliamo continuare ad affidare la scelta dei governatori delle regioni stesse a carnevalate come quella in corso in Liguria?”. Eppure, volere o volare, gli interlocutori saranno questi…
Lo stesso Fassina, in una dichiarazione a caldo al Messaggero ha confidato che, ancor più che a Napoli, “ciò che è successo a Genova ci deve far riflettere e non può essere risolto con una generica riappacificazione”.

Già… cosa sono le “Primarie”, a cosa servono? Come vengono gestite? Quanto effettivamente arricchiscono il sistema democratico anche in una accezione di superamento dei partiti tradizionali? Tutte domande che restano ancora più aperte dopo la “battaglia di Genova” e che non possono trovare nel solo arroccamento di chi non accetta la sconfitta una loro qualche espressione. Le critiche di Cofferati, pur giuste, sono conseguenti ad un sistema che ha preso una china tutta particolare e a cui si deve rispondere, dato che il dado “è stato tratto” da un pezzo. Chi si lamenta ora dello strapotere di pochi politici professionisti, di Sindaci, al tempo stesso Presidenti e Consiglieri in altri livelli decisionali, o non conosce o fa finta di non conoscere come si è arrivati a questo punto. Meglio sarebbe stato per l’amico Sergio Cofferati non dare retta a chi gli assicurava una vittoria facile con circa 25.000 preferenze confidando in una rete costruita in anni di campagne elettorali. Un sistema che, però, oggi non funziona più. E non mi interessa andare a vedere quanti sono veramente coloro i quali percepiranno cinque o dieci euro per il loro “voto primario” o se sono stati “irreggimentati” o meno eserciti di marocchini, ecuadoregni o rumeni….(2).

Non è questo il problema. La questione vera è che sempre più abbiamo una personalizzazione delle campagne elettorali a prescindere dagli argomenti di programma. Di fatto “si sposa” il candidato e “si confida” che al momento della presentazione del programma ci siano cose in cui – almeno parzialmente – ci si potrà identificare. Altrimenti, e lo sentiamo dire sempre più spesso, sarà il “meno peggio” o, addirittura, “l’ultima possibilità” , quasi l’ultima carta prima di un disastro generalizzato.

Torniamo a discutere e a studiare prima di formare nuove – improbabili – aggregazioni, cerchiamo di fare tesoro degli errori precedenti, dell’incapacità delle forze all’opposizione negli anni Settanta e Ottanta di far valere le opinioni di chi voleva arrivare – gradualmente – ad un cambiamento della società mantenendo il tessuto industriale di base e non svendendolo all’estero, cercando di interpretare per tempo ciò che stava inesorabilmente capitando. Forse oggi l’Italia non sarebbe ridotta ad un grande magazzeno di assemblaggio o transito di merci, senza possibilità di intervento alcuno. Solo prendere o lasciare. E se i partiti allora al governo (il CAF a cui ci si riferiva prima) godevano di questa inazione mista a sottovalutazione dell’esistente, ancor più grave si prospetta la “colpa” del Sindacato nel suo insieme che ben poco ha fatto per intervenire sulle scelte economiche di fondo, limitandosi alla gestione “sic et nunc”. Risultato: oggi paghiamo duramente gli errori del passato, purtroppo anche quelli non direttamente causati da chi era (o si riteneva) dalla “parte giusta”, quella che non ha rubato e non era d’accordo nello scaricare ai posteri i miliardi di debiti.

Quindi, se il “Partito della Nazione” o un PD agganciato strettamente ad altri partitini a ruota, non agirà nel senso giusto non si arriverà da nessuna parte. E il “senso giusto” non si trova solo “cambiando verso” ma pianificando – con tutti, ma proprio tutti, i possibili interlocutori – un duro percorso di rinascita. In questa prospettiva l’eventuale salvataggio di Berlusconi o il riscatto di Cofferati a capo di un raggruppamento alla “Tsipras de noantri” serve giusto per le statistiche o per la storia minima che siamo abituati a sorbirci. Il piano deve contenere tempi, contenuti e modalità precise di attuazione, deve ripartire dai settori fondamentali dell’economia, possibilmente e progressivamente iniettati di “green economy”, deve basarsi su ciò che può fare forte l’Italia nel mondo, dalla promozione culturale al turismo, all’agricoltura di qualità, ai settori avanzati dei vari rami industriali, accedendo agli strumenti internazionali di finanziamento, oggi solo parzialmente utilizzati. Soprattutto partendo dalla condivisione di obiettivi e strategie che devono andare ben oltre il “quinquennio” classico di governo e, ancor di più, oltre steccati partitici non solo obsoleti ma pericolosi e ingannevoli. Il “pateracchio” che, pare, proporci Raffaella Paita (e, sostanzialmente, è costretto a rifilarci Renzi) è teso all’autoperpetuazione dell’errore, all’autosopravvivenza e all’elusione dei problemi veri, celandone le esatte caratteristiche e dimensioni. Ben altro ci dobbiamo aspettare se vogliamo veramente un riscatto.

(1) CAF: famoso acronimo che riguardava i tre big politici di allora Craxi, Andreotti, Forlani

(2) dal “Corriere della Sera” del 14 gennaio 2015: “Il suo avversario non ha riconosciuto il risultato, ci sono segnalazioni di violazioni ai seggi, la Procura di Savona ha aperto un fascicolo contro ignoti sul voto di Albenga e la Digos sta facendo accertamenti a Certosa per possibili infiltrazioni malavitose: teme per la sua vittoria? «No, ho tutto l’interesse che ci sia la massima trasparenza. Il mio è stato un successo netto, con uno scarto di 4 mila voti, metterlo in discussione sarebbe offensivo nei confronti dei 55 mila liguri andati al voto; poi, su centomila extracomunitari accertati in Liguria solo un migliaio ha partecipato alle Primarie, ricordiamocelo…».”