di Pier Luigi Cavalchini
www.cittafutura.al.it
E’ un po’ di tempo che manco da Parigi, una città – in un certo senso – “familiare”. Architettura, cultura millenaria, abitanti “tradizionali” e di nuovo inserimento, passione per le cose belle della vita, tutte “occasioni speciali” che ci fanno (e ci hanno fatto) sempre sentire particolarmente vicino questo popolo. E’ quindi ancor più straziante dover registrare (e commentare) un attacco terroristico come quello di mercoledì mattina alle 11.30 che ha visto all’opera “jihadisti” franco-arabi perfettamente armati ed istruiti ad uccidere.
Il bersaglio è stato il luogo di riunione della redazione del giornale satirico “Charlie-Hebdo” che ha al suo attivo firme di primissimo piano (tra cui il compianto Wolinski) coinvolgendo complessivamente 12 persone con conseguente “caccia all’uomo” in tutta l’Ile de France.
La più classica delle acclamazioni (“Allah è grande”) tinge ancor più di tinte fosche l’accaduto. Si vorrebbe in questo modo provocare una reazione di panico in tutto il mondo occidentale – colpendone una delle capitali più rappresentative – con la fallace giustificazione che a richiedere il sangue di innocenti sia lo stesso Allah.
E’ evidente, oltre alla matrice jihadista dichiarata, una volontà di portare la “guerra dell’ISIS”, l’autoproclamato Stato Islamico di Iraq e Siria, il più lontano possibile dal teatro delle operazioni, creando paura, scorcerto e preoccupazione fra i cittadini prima ancora che fra i Governi. Un’operazione criminale di “condizionamento” che va assolutamente combattuta con la ragione e con la proclamazione di quelle libertà di cui proprio la “douce France” è stata maestra.
Nelle reazioni a caldo (riportate qui sotto direttamente dalla “Reuter”) si fa presente che proprio a Parigi sono state sventate altre operazioni terroristiche nelle ultime settimane e che, in un certo senso, i segnali erano tanti… Ecco, forse una maggiore pubblicizzazione di cosa sta succedendo a livello mondiale (ed in Europa in particolare) potrebbe essere utile per fronteggiare meglio l’emergenza. Perché il peggio del mondo islamico colpisce alla stazione di Atocha (Madrid), alla metropolitana di Mosca, a Istambul, nello Yemen e – oggi – a Parigi? Si possono mettere in relazione tra loro questi avvenimenti oppure si tratta di forzature?
Non esito a paragonare l’ISIS e i suoi collegati (quindi anche i criminali del commando di oggi) all’epidemia di “ebola”, per troppo tempo sottovalutata e di cui si è fatto finta di non sapere nulla, giusto per poter girare altrove gli sguardi… Un ritardo ed una concatenazione di errori di cui stiamo tutti pagando (anche nel Primo Mondo ) un prezzo durissimo. Perciò, sia ben chiaro, da questo “cul de sac” non si può uscire solo con le prove di forza, con l’”intelligence” o, peggio, con la corruzione di qualche pascia’, ma solo con la valorizzazione di chi – nel mondo islamico – non condivide questi sistemi e cerca in tutti i modi di far prevalere qualcosa che possa assomigliare alla nostra democrazia. Parlare arabo e professare la religione musulmana deve essere una componente di supporto a qualcosa di ben più importante che si costruisce con tutti i popoli e le religioni del mondo operando per una diversa modalità di vita e di uso del pianeta. .
Un tempo veniva definita “convivenza pacifica” o, meglio ancora, “coscienza dell’unicità e interrelazione di tutti gli elementi basilari del pianeta Terra ”. Solo questo approccio può sconfiggere i residui di tribalismo, le stupide prevaricazioni di principio e, soprattutto, le “assolutizzazioni” che ci vorrebbero riportare alle satrapie persiane o ai califfati medioevali.
Un salto di qualità che deve partire da Wall Street, dalla City di Londra, dalle Borse di Parigi, Tokio, Milano, Francoforte, dai Governi di tutto il mondo, dalle rappresentanze religiose ai più alti livelli e da chi – con semplicità e coerenza – mostra di avere le carte in regola per catalizzare questo cambiamento epocale.
Attendiamo segnali da chi, proprio per la scelta della religione musulmana, ci mostra che esiste un altro di organizzare la propria vita sia nella grande area che va dal Maghreb all’Indonesia, sia nelle presenze “extracomunitarie” con cui ci troviamo giornalmente a convivere. Un’attesa che, speriamo, non sia lunga e che, in qualche modo vorremmo incentivare, lasciando ben volentieri “colonne a disposizione” di chi vorrà usare le parole della religione e del buon senso per fini confacenti ad obbiettivi comuni.
La redazione del nostro piccolo giornale on line abbraccia i parenti delle dodici vittime e si impegna – ancor di più – a portare avanti gli ideali che hanno caratterizzato la bella vita di Wolinski e co.
Seguono alcune prese di posizione. Agenzia Reuter
La Satira nel mirino
Noto per il suo stile ironico e provocatorio, Charlie Hebdo è regolarmente oggetto di minacce per le sue vignette ironiche sull’Islam e su Maometto. La sede del settimanale fu distrutta da un incendio provocato dal lancio di una molotov il 2 novembre 2011. L’attentato, che non provocò vittime, avvenne nel giorno in cui era stata annunciata l’uscita di un numero speciale dedicato alla vittoria elettorale degli islamisti in Tunisia.
La testimone: “Erano di Al Qaeda”
«Due uomini incappucciati e armati ci hanno brutalmente minacciato. Volevano entrare. Hanno sparato contro Wolinski, Cabu… è durata cinque minuti. Mi ero rifugiata sotto una scrivania… I killer parlavano perfettamente francese e dicevano di essere di al-Qaeda», questa la testimonianza della disegnatrice Corinne Rey, detta Coco.
Hollande: “Attentato alla nostra libertà”
Il presidente Hollande si è recato subito sul luogo dell’attentato, chiarendo fin da subito che «si tratta di un attacco terroristico di eccezionale barbarie, non c’è alcun dubbio» e ha promesso «troveremo i colpevoli». «È stato un atto di eccezionale barbarie contro un giornale che è espressione di libertà e contro la polizia che la protegge – ha aggiunto il capo dell’Eliseo -. I killer sono solo degli assassini e dei codardi».
Stato di allerta a Parigi
Tutta l’Ile de France è un stato d’allerta: è stato attivato il “plan Vigipirate”, il piano di sicurezza, al suo allerta massimo. «Abbiamo sventato altri attentati nelle ultime settimane», ha precisato il presidente francese. Sale il livello di allerta anche a Roma. Secondo quanto si è appreso da fonti delle forze dell’ordine, sono stati potenziati i servizi di vigilanza agli obiettivi sensibili nella capitale e c’è una «particolare attenzione» verso le redazioni giornalistiche.
La condanna di Obama
Dure le reazioni di condanna in tutto il mondo. Obama lo ha definito: «un terribile atto di violenza». «L’islam è una religione pacifica ed è una sfortuna vedere questi estremisti radicali. Vi aiuteremo a catturare i terroristi», ha aggiunto. Anche Vladimir Putin ha espresso le sue «condoglianze» alla Francia, condannando «con forze il terrorismo in ogni forma». Napolitano ha inviato un messaggio a Hollande: «Desidero esprimere la mia più ferma condanna nei confronti di un gesto vile ed esecrabile, che non colpisce semplicemente un giornale, ma uno dei pilastri sui quali si basa la nostra civiltà, la libertà di stampa», si legge.
La condanna del Papa
Papa Francesco, riferisce ancora padre Lombardi, “partecipa nella preghiera alla sofferenza dei feriti e delle famiglie dei defunti” ed “esorta tutti ad opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica fra le persone e i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura”.
Qualunque possa esserne la motivazione, dichiara il portavoce della Santa Sede, “la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile, la vita e la dignità di tutti vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato”.
Il Papa “esprime la sua vicinanza, la sua solidarietà spirituale e il suo sostegno per tutti coloro che, secondo le loro diverse responsabilità, continuano ad impegnarsi con costanza per la pace, la giustizia e il diritto”, per “guarire in profondità le sorgenti e le cause dell’odio, in questo momento doloroso e drammatico, in Francia e in ogni parte del mondo segnata da tensioni e violenze”.