di Giancarlo Patrucco
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Finalmente è arrivata. Dopo il bando promosso dal Comune, ecco una risposta che arriva dalla periferia della città, da quella vasta area che tradizionalmente citiamo come “Cristo”. Ma si può davvero chiamare “periferia” una zona dove vivono più di 20.000 cittadini di una città che nel suo concentrico non supera i 40.000? Perché, ormai, dopo gli inurbamenti degli anni ’80 – ’90 e dopo la lenta penetrazione verso la vecchia area industriale-artigianale e verso-oltre la ferrovia, nemmeno la dizione “Cristo” basta più e ognuno si arrangia come può: Cristo vecchio, Cristo nuovo, ex Casermette, ecc…
Nel corso di questo periodo, alcune riflessioni sono state condotte e alcune proposte sono state avanzate, soprattutto da parte di esponenti politici che hanno lì il loro radicamento e di partiti politici che volevano crearselo. Complessivamente, però, manca la reale percezione del fenomeno e delle sue dimensioni. Persino chi ci abita ha difficoltà a coglierne una visione d’insieme. Tutt’al più, può fare valutazioni sul tessuto sociale e sullo stato dei servizi presenti nel settore dove risiede, ed esprimere qualche parere sui percorsi casa-lavoro, casa-servizi. Quando ci sono.
Rimane un dato, facilmente constatabile: il “Cristo”, nell’accezione ampia che stiamo provando a usare, è una zona “chiusa”, che per collegarsi al centro cittadino deve utilizzare cavalcavia, sottopassi, percorsi di aggiramento come quello di Via Vecchia dei Bagliani. Questa tortuosità potrebbe persino risultare tollerabile, se il “Cristo” fosse autosufficiente sul piano di servizi quali l’anagrafe, ad esempio, oppure un posto di primo soccorso in luogo del presidio ambulatoriale accanto al Galassia. E, ancora, potesse agire strutture per rappresentazioni teatrali, sale per incontri e dibattiti, sale per esposizioni, biblioteche, ricoveri per anziani.
A volte, il posto pure ci sarebbe, ma mancano le occasioni. Alessandria città è cresciuta nella tradizione del centro. Solo quel che accade lì è degno di nota e, dunque, chiunque voglia contare qualcosa lì porta il suo prodotto, lì espone la sua merce, lì fa vedere la sua creazione. Al Cristo, dunque, rimangono la festa tradizionale, quella che si fa (o faceva?) lungo Corso Acqui e infinite notti deserte di ritrovi, tranne alcuni non a caso posti lungo le principali direttrici di uscita..
Già, di notte si dorme perché al mattino dopo, o si va a lavorare, o si va in centro a svolgere quelle incombenze che solo al centro si possono realizzare.
Ora, però, l’associazione “Mondi Vitali” ha predisposto per il bando del Comune una proposta finalmente complessiva ed esaustiva. Il primo passo sarà una “passeggiata di quartiere” per mappare luoghi e strutture di aggregazione presenti sul territorio, puntando a una raccolta di dati geografici la cui caratteristica fondamentale è la disponibilità per l’accesso e l’uso da parte degli utenti.
Il secondo passo prevede un’assemblea deliberativa, all’interno della quale una porzione di cittadini il più possibile rappresentativa ed eterogenea per età, genere, professione, estrazione socio-culturale, possa discutere in maniera informata su temi rilevanti emersi nella ricerca preliminare, con il supporto di facilitatori appositamente formati e di esperti delle diverse tematiche.
Il terzo passaggio consisterà nell’organizzazione di un seminario per condividere i risultati emersi e sarà messa a disposizione dei cittadini una infrastruttura informatica con dati e mappe del quartiere. In occasione del seminario saranno presentati i due principali prodotti finali del progetto: 1) un rapporto sintetico che illustrerà i metodi e i processi del percorso partecipativo, ivi compresa la filiera di raccolta, esposizione e analisi del dato; 2) un sito web che aggreghi e visualizzi le informazioni geografiche e statistiche integrate e contestualizzate grazie alle conoscenze relative al territorio del quartiere in forza dell’attivazione di soggetti locali che hanno partecipato al processo.
Ci si ferma qui? No, questa è soltanto la fase preliminare nell’ambito di un piano di ricerca e di intervento più ampio che potrà, dice la proposta:
1) restituire una rappresentazione accessibile e co-costruita del quartiere e della sua complessità, fondata su dati quantitativi e qualitativi, introducendo nella costruzione di processi partecipativi cittadini elementi di consapevolezza rispetto al valore del dato e della sua disponibilità;
2) contribuire a distinguere gli oggettivi fattori negativi che si ripercuotono sulla popolazione (deprivazione economica e culturale, difficoltà di collegamento con il resto del tessuto urbano etc.) dalla percezione diffusa degli stessi;
3) far emergere i sistemi di risorse presenti – attive o latenti – nel quartiere (associazioni, reti di solidarietà, attività economiche e imprenditoriali);
4) stimolare, a fronte di analisi quali-quantitative rigorose, processi di informazione e partecipazione consapevole dei cittadini (anche di soggetti normalmente collocati ai margini della discussione pubblica) per delineare un possibile futuro del quartiere in termini di obiettivi, interventi e relative priorità.
Ecco: un possibile futuro del quartiere. Futuro. La parola che in tanti anni di lavoro al Cristo ho sempre sentito mancare di più.