Rieccoci con la Seconda Puntata sulla Galleria Guerci.
Prima ancora di incominciare a raccontare i ricordi e le emozioni che la magia di questo luogo suggerisce, voglio ringraziare tutti gli amici per il costante interesse, per il fatto che seguono attentamente tutti i miei post, per il motivo che commentano sempre molto saggiamente la mia Rubrica.
A volte – sembra strano – gli argomenti da narrare riguardo un soggetto risultano abbondanti e lo spazio a disposizione non sempre è sufficiente e non basta, quindi, per comunicare tutti i pensieri che passano per la mente; allora ci si deve sforzare di tagliare le frasi e a riassumere i concetti per non rischiare di diventare noiosi e per non appesantire la Rubrica.
Nella precedente puntata sulla Galleria Guerci avevo forse divagato troppo – senza entrare nel merito della cartolina – raccontando emozioni che i ricordi della prima giovinezza mi avevano fatto tornare alla mente.
Avevo svelato come la Galleria, la Mia Galleria, nascondesse nel suo sottotetto un luogo magico e misterioso, una sorta di Tuttomio[1] in cui però non rifugiavo la mia pazzia come invece fa la protagonista del romanzo di Andrea Camilleri (non sono pazzo e non credo di esserlo stato) ma dove, più semplicemente, trasgredivo ai miei doveri di studente dando sfogo e libertà alla mia esuberanza giovanile.
Solo alla fine della chiacchierata, la settimana scorsa, mi ero accorto di aver toccato tanti temi all’infuori di interessanti dettagli riguardanti la cartolina postale in questione. Per questo motivo ho pensato di riproporre la stessa cartolina affiancandola a quella della rubrica odierna.
Questa concomitanza mi suggerisce un confronto fra le due – seppur simili – immagini.
Il soggetto è sempre lei – la nostra bella Galleria – e le due cartoline la mostrano pressoché nell’identica prospettiva.
L’immagine relativa alla prima cartolina (stampata dalla Ditta G. Modiano e Co. – Milano e spedita nel 1903, come molte altre cartoline pubblicate dalla stessa Casa Editrice presenti in collezione) è stata scattata nei primi anni del 1900 (vedere la cartolina numero uno).
Da questa prospettiva si possono notare interessantissime lampade per l’illuminazione pubblica. Se ne contano quattro nella fila centrale – appese alla tettoia di vetro – e ve ne sono in numero doppio alle pareti, sostenute da artistici bracci di metallo. Tutte queste illuminavano la parte larga della Galleria – quella coperta dalla tettoia traslucida – ed altre quattro erano presenti (così come ora), affisse alle pareti, per dar luce ad ognuna delle due parti di galleria non coperte dal vetro.
Nella seconda cartolina si osserva con un certo rammarico che non si trovi più la fila centrale di lampade Liberty. Scomparse misteriosamente dopo nemmeno quindici anni dal precedente scatto fotografico e sostituite da modestissimi e ridicoli portalampade dozzinali, simili a quelli che regnavano nelle cucine delle famiglie italiane fino e oltre il secondo dopoguerra, mentre invece le altre appena descritte, quelle a muro, sono ancora tutte al loro posto… ma visibili ormai solo in cartolina[2] (vedere la cartolina numero due).
Ho fatto quest’ultima citazione in quanto ho potuto notare che dopo i lavori di restauro del Centenario (1995) le vecchie lampade a muro sono anch’esse sparite, purtroppo, per essere sostituite da imitazioni di nessun valore storico (e scarso valore economico, se non per chi ha dovuto sborsare l’importo, ovvero per i cittadini).
Per quanto riguarda la qualità fotografica è subito rilevabile – anche al profano – la nitidezza e la perfezione dei contrasti che si leggono nella cartolina Modiano (la numero uno) a confronto con i toni un po’ impastati del secondo soggetto, edito dalla Ditta Lori di Casale Monferrato. Per dovere di cronaca aggiungo inoltre che questa seconda cartolina è stata spedita il 28 Giugno 1915 e che in anni successivi sono state prodotte ristampe con lo stesso scatto fotografico e sempre a cura della Ditta Lori, in cui una cornicetta bianca e liscia racchiude interamente la veduta.
Narrando la storia della Galleria Guerci non posso staccare completamente la spina dei ricordi… quelli affiorano dal mare della memoria anche mio malgrado.
Mi tornano in mente le scorribande per quelle soffitte e i lunghi periodi trascorsi proprio lì, nel dedalo misterioso di quella antica Alessandria sconosciuta ai più. Tornano nitide le immagini del mio girovagare per i meandri e per i passaggi segreti che quei fabbricati nascondono nelle loro viscere (ma forse è più esatto dire nascondevano; troppi lavori nel frattempo sono stati eseguiti e ormai tutti i passaggi sono sbarrati).
Oltre una piccola porta – che si apriva quasi in faccia alla Pasticceria – esisteva un angusto passaggio che portava ad un cortile dalla forma irregolare e poi da quello, attraverso due distinti portoni ad esso collegati, si poteva uscire su Via Piacenza. Quando, invece, dopo aver superato lo stretto passaggio salivo le rampe di scale che proprio lì avevano origine, mi ritrovavo nel sottotetto e da lì potevo scorrazzare dappertutto e perfino ridiscendere dalla scala, già descritta, che si trova accanto alla pasticceria…
Quante scorribande! Quanto tempo inutilmente trascorso a cazzeggiare nel cuore palpitante della mia Alessandria e nello stesso tempo luogo distante da tutto e da tutti!!!
Momenti agrodolci passati in silenzio – in un fascinoso silenzio – e in una sorta di meditazione che lasciavano in bocca il gusto amaro per tutto quel tempo inutilmente sciupato…
Leggendo queste righe si può comprendere che quel tempo antico non è andato del tutto sciupato. Oggi mi permette di rivisitare quei luoghi e di farli conoscere a chi ha la pazienza di leggere; inoltre tutto quel tempo antico sprecato mi è stato d’insegnamento e lo è tuttora. Non sarei più in grado – oggi – di stare un solo minuto senza far qualcosa per me o per gli altri.
L’unica cosa che resta di quella Galleria, la sola realtà oggettiva che mi resta – oltre ai bei ricordi – è una piastrella di cemento, una di tutte quelle buttate all’aria dalle ruspe nel tentativo di ridare un volto nuovo ed una nuova identità alla centenaria Galleria Guerci.
Prima che diversi automezzi portassero via quelle macerie – i rottami dell’antico pavimento calcato da migliaia di anonimi passi – le mie mani hanno preso, per salvarla e per custodirla gelosamente, una di quelle piastrelle grigie, una sola, per che rimanesse tangibile e vero un pezzetto della città, un minuto brandello della mia Alessandria così maltrattata e vilipesa da tanti…
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[1] Vedere in Il tuttomio, romanzo di Andrea Camilleri – 2013 – Arnoldo Mondadori Editore – Milano
[2] A’t la fas vighi an cartulen-na! Era la frase ironica che, un tempo, un alessandrino avrebbe potuto rivolgere a qualcuno per fargli capire che non gli sarebbe stato mostrato alcunché.
CAFFÈ E BAR – Il nuovo anno ha visto la nostra città arricchirsi di nuovi ritrovi eleganti.
Primeggia fra tutti il Gran Caffè Roma, condotto dal mago dei baristi sig. Gardella, e gli seguono d’appresso il caffè della Galleria, esercito dall’ottimo sig. Ottazzi, ed il caffè Ligure, rimodernato da poco e diventato proprietà dei fascisti.
Fra tutto lo sfarzo di eleganza e di luce per cui brillano i detti ritrovi, una cosa però dobbiamo rilevare a riguardo non solo dei caffè sopramenzionati, ma di tutti i bar in genere, ed è che le bibite sono troppo care!
Come è mai possibile che un vermout semplice, debba ancora costare ottanta centesimi, un americano altrettanto ed un cognac due lire?
Tutti sanno che i liquori all’ingrosso hanno subito forti ribassi, come mai dunque i prezzi al minuto si conservano così elevati? Ed anche il caffè non è tempo che venga pur esso ribassato?
Se tutti questi esercizi prosperano e possono sostenere enormi spese di rinnovamento e di lusso si è perché i guadagni sono certamente enormi: non sarebbe quindi forse meglio che si profondessero meno denari nell’esteriorità, e si scontentasse di più il pubblico con tariffe più equanimi?
Lo credano i signori esercenti, l’unico rimedio per far buoni affari è quello di vendere roba buona e a modici prezzi.
[LA FIAMMA Settimanale Socialista – Organo della « Cesare Battisti » Anno IV – N. 2 – Alessandria, 20 Gennaio 1922]