“Sembrerebbe ormai sorpassato l’America’s dream sul quale gli United States diedero vita al periodo della speranza in tutto l’arco del Novecento: ‘Duro lavoro, maggior impegno e migliore prosperità economica’. A tenergli testa, da qualche anno, è il “China’s Dream”.
Con queste parole di apertura, Mr. Zhao (console di Milano) apre il convegno “Il sogno cinese” tenutosi presso la Scuola di Formazione permanente della Fondazione Italia Cina a Milano.
Lo slogan, così definito da Lanxin Xiang (professore dell’istituto universitario degli studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra), pare essere non solo una mossa politica, come annunciato dallo stesso, ma un effetto dirompente che avvicina tutte le comunità cinesi sparse nel mondo ad unirsi verso un unico ideale: la crescita del loro paese.
La famosa citazione, apparsa ben 24 volte sul quotidiano del popolo cinese in una settimana, para essere stata detta dal presidente cinese Xi Jinping durante una visita al museo Nazionale Cinese.
Anche Liu Mingfu, colonnello e professore all’università di Pechino, condivide pienamente la visione del primo cittadino cinese, in quanto crede che lui abbia usato China’s Dream proprio dalla lettura del suo libro “Il sogno Cinese” (edito nel 2010 a Pechino) dove per sogno si intende la combinazione di sviluppo personale e popolare ma anche la volontà di arrivare primi in tutto.
“La frenesia con cui i cinesi lavorano, l’impegno e la speranza di accrescere la loro economia e quella del loro Paese” secondo Francesco Boggio Ferraris (responsabile della Scuola di formazione permanente della Fondazione Italia Cina) autore del libro “ChineseDream”, è l’autentica forza che spinge l’impero cinese a credere in una nuova stagione di successi economici e politici.
Secondo Andrea Benigni, amministratore delegato di Eca Italia, la possibilità che l’Italia ha di collaborare al meglio con l’Asia e in particolare con la Cina, è quella di comprendere che “Il concetto di lavoro in Cina è totalmente differente dal nostro. Per relazionarsi non è sufficiente conoscerne la lingua ma è necessario apprendere e padroneggiare aspetti culturali indispensabili per siglare un contratto”.
L’Italia ha enormi difficoltà a “concludere e siglare dei contratti” ha detto Boggio Ferraris, a causa dell’incapacità di avvertire differenze indispensabili, in un mondo sempre più multiculturale, allo svolgimento di una contrattualità o di una Joint Venture.
Così, nell’attesa che il nostro Paese si risvegli da una profonda catalessi, i cinesi attendono il 2021 ( 100 anni dopo la nascita del comunismo) e il 2049 (100 anni dopo la nascita della Repubblica Popolare Cinese), perché non ci può essere futuro se nel presente non si è in grado di guardare oltre l’altrove.
Rimanendo pronti ad abbracciare il sogno cinese dobbiamo forse dire addio al sogno americano? Al Paese dalla perpetua speranza democratica?
Quando avremo il nostro “Italy’s Dream”?