Un’ora di conversazione appassionata nel suo studio, su temi non propriamente semplici e ‘leggeri’ come leucemie acute, linfomi hodgkin e non hodgkin, neoplasie e trapianti di midollo, sono più che sufficienti a capire che per Marco Ladetto, da sei mesi primario di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio di Alessandria (dopo una lunga esperienza alla Città della Salute di Torino), fare il medico non è solo un lavoro, ma la passione di una vita: “decisi di dedicarmi all’ematologia perché, fin da studente universitario, mi ha sempre affascinato lo studio del processo tumorale, a livello di ricerca di laboratorio. Nel tempo ho poi scoperto, sul campo, che l’oncologia è un settore che ancora ti consente di fare il medico davvero, nel senso anche umano del concetto: con il paziente sviluppi un rapporto vero, profondo. Sì, lo consiglierei anche oggi, a chi si avvicina alla professione: tra l’altro fra Torino, Genova e Pavia possiamo contare su diversi centri universitari di ottimo livello”. Gli abbiamo chiesto di spiegarci, in maniera divulgativa, come funziona il suo reparto, su quale territorio opera e con quali peculiarità.
Dottor Ladetto, i tumori continuano ad essere la seconda causa di morte, dopo le patologie cardio-vascolari. Qual è la situazione sul fronte onco-ematologico, nella nostra provincia?
Posso darle alcuni dati relativi al quadrante sud orientale della Regione Piemonte, e poi quelli che riguardano la nostra attività diretta. Tra le province di Alessandria e Asti, abbiamo una popolazione di circa 650 mila abitanti, e con un’età media piuttosto elevata. Le neoplasie sono purtroppo in costante aumento, ma in parallelo aumenta anche l’incisività delle cure: per il 2015 ci aspettiamo 4.403 nuovi casi di neoplasie maligne (il dato è ovviamente statistico probabilistico), di cui 320 costituiti da neoplasie ematologiche, che sono quelle che curiamo noi, mentre le altre sono neoplasie solide.
Queste persone le curerete tutte voi, ad Alessandria?
Il Santi Antonio e Biagio (e Cesare Arrigo) è il cardine del quadrante, ed è certamente il punto di riferimento per tutto il territorio delle due province: naturalmente in tutti i presidi ospedalieri del territorio (Acqui, Asti, Casale, Novi, Ovada, Tortona) esistono dei medici oncologi che fanno da riferimento sul territorio, e che lavorano in stretto contatto con noi: di volta in volta, in base ai casi concreti che ci troviamo dinanzi (dal tipo di tumore, al decorso, all’età del paziente e altro ancora) decidiamo in che misura il percorso di cura e assistenza può essere anche delocalizzato. Qui c’è però ovviamente il cuore del sistema, a livello di competenze, tecnologie, gestione dei percorsi curativi.
Nel corso del 2013 (ultimo anno con dati completi) quanti sono stati i nuovi malati che avete preso in cura?
Nel 2013 abbiamo registrato 205 nuove diagnosi di patologie oncoematologiche, tra cui 49 leucemie acute e mielodisplasie, 114 linfomi (Hodgkin e non Hodgkin) e leucemie linfatiche croniche, 28 mielomi e 14 neoplasie ematologiche di altra natura.
Effettuate trapianti di midollo?
Certamente: qui da noi vengono effettuati circa 60 trapianti all’anno, di cui 40 autologi (ossia con le cellule dello stesso individuo) e 20 allogeni (ossia con cellule da donatore famigliare, o compatibile). Su questo fronte esistono reti di collegamenti tra strutture ospedaliere, a livello nazionale e internazionale, perché la compatibilità è davvero rarissima, dal punto di vista statistico. Da qui l’importanza anche di campagne di sensibilizzazione, come quella che vede coinvolta il nostro ospedale, E tu hai midollo?
Come funziona il trapianto?
Si tratta di sostituire completamente il sistema emopoietico ed immunitario del paziente: e parliamo del sistema più complesso del nostro organismo, dopo quello nervoso. In maniera tale che il nuovo midollo elimini il tumore. Naturalmente è più facile a dirsi che a farsi, perché il meccanismo di sostituzione può creare una serie di complicazioni e incompatibilità. Rispetto ad altri trapianti, però, in questo caso non ci sono interventi chirurgici: le cellule staminali vengono infuse via vena, e il ricovero dura complessivamente 20-25 giorni. Tecnicamente il trapianto ha una percentuale di riuscita intorno all’80%, mentre si riesce ad arrivare all’effettiva eliminazione del tumore in una percentuale intorno al 65% dei casi. E, questo è importante dirlo, le persone tornano ad avere una vita assolutamente normale, piena.
Dottor Ladetto, in epoca di risorse scarse una riflessione sul costo dei percorsi curativi, e dei farmaci in particolare, è d’obbligo: spesso si sentono cifre da capogiro…
Purtroppo devo confermare: il costo dei farmaci nel nostro settore è elevatissimo, e questo ci impone un atteggiamento di forte organizzazione, per non sprecare davvero neppure una goccia di nessuna sostanza. Però, ad onor del vero, va anche detto che mai fino ad ora ci siamo trovati a dover negare le cure per motivazioni economiche: come succede costantemente in altri Paesi occidentali. Nei Paesi anglosassoni, ad esempio, esistono complessi algoritmi che calcolano, in base ad una serie di parametri, quando verrebbe a costare un percorso di cura, in rapporto alle speranze di vita di quel singolo individuo. E si decide se procedere o meno: da noi per fortuna ancora non ci siamo arrivati.
Quante persone lavorano in Ematologia ad Alessandria?
Abbiamo 9 medici più il primario, e poi un borsista e 2 specializzandi. E complessivamente una ventina di infermieri tra reparto, day hospital e ambulatorio. Davvero facciamo ‘i salti mortali’, e tutto il personale si sacrifica moltissimo, con orari molto impegnativi. Si consideri che in Ematologia si è passati dai 10.500 passaggi ambulatoriali e di day hospital del 2010 ai circa 16.200 con cui ‘chiuderemo’ il 2014. Analogo trend di crescita nello stesso periodo (da 9 mila a 15.800) per Oncologia: complessivamente parliamo ormai di oltre 32 mila ‘passaggi’ annui.
Aspetto essenziale poi, nel nostro settore, è quello della formazione continua, per medici e infermieri: con particolare riferimento ai giovani, per cui il nostro borsista lavora ad esempio per 6 mesi a Londra, in un centro di eccellenza. Solo così si riesce davvero a tenere il passo con l’evoluzione costante dello scenario di ricerca e di cura. Peraltro qui al Santi Antonio e Biagio c’è la sede dell’Associazione Nazionale Linfomi, che coordina tutta la ricerca italiana per i linfomi non Hodgkin.
La situazione per così dire ‘strutturale’ è soddisfacente?
Il reparto, che si trova al secondo piano dell’ospedale, è certamente all’avanguardia, uno dei meglio concepiti a livello nazionale, con accesso separato con vetrata e telefono per i visitatori occasionali: un elevato livello di sterilità per evitare infezioni è assolutamente fondamentale. Gli ambulatori sono soddisfacenti, e la struttura per i trapianti è totalmente separata. Le criticità maggiori sono quelle che riguardano il day hospital oncoematologico che si trova al piano terra, e per il quale c’è un progetto di ampliamento, dal costo complessivo di circa 400 mila euro. Una mano importante ce la sta dando, su questo fronte, la Fondazione Uspidalet, con la lotteria di Natale in corso in queste settimane, e che si concluderà a metà gennaio. Chiunque, acquistando un biglietto da tre euro, può contribuire ad un progetto di fondamentale importanza. In realtà ho constatato in questi primi sei mesi di attività alessandrina che questo è un territorio estremamente attivo e generoso, sul fronte del volontariato, e anche delle donazioni di privati. Oltre alla Fondazione Uspidalet, cito volentieri anche la Fondazione Italiana Linfomi, di cui sono vicepresidente, e che qui ad Alessandria, oltre ad essere di supporto alle strutture ematologiche del territorio, organizza importanti raccolte di fondi, come la vendita delle stelle di Natale e delle uova di Pasqua. E poi gestisce la Casa Ail di via S. Ubaldo, che è appartamento perfettamente attrezzato per ospitare pazienti e famigliari che hanno necessità di fermarsi ad Alessandria, e che arrivano qui da lontano per curarsi.
Ettore Grassano