Pretende di mettere le mani nel nostro piatto e di farci mangiare cibi che vorremmo evitare. Fa pressione per mettere piede sul nostro posto di lavoro e abbassare ancora di più le nostre tutele e i nostri diritti. Esige di trasformare in merce, da vendere a chi se la può permettere, i nostri servizi pubblici, senza eccezione: dalla scuola alla sanità, dal sistema dei trasporti, all’acqua, all’energia.
Si chiama TTIP, che tradotto dalla sigla inglese significa Accordo transatlantico su commercio e investimenti. È un accordo di libero scambio in corso di negoziazione tra governo degli Stati Uniti e Commissione europea. Si presenta con una profusione di promesse mirabolanti: mille miliardi di dollari di valore mobilizzato, aumento del Prodotto interno lordo, due milioni di posti di lavoro in più. A dare ascolto a chi lo promuove sembrerebbe l’accordo dei miracoli, quello che ci farà uscire magicamente dalla crisi, spalancando le porte di una nuova era di prosperità per tutti.
Ma è davvero così?
Per cominciare, a fare seriamente dubitare della sincerità di quelle promesse, c’è la
totale segretezza che ha avvolto – e ancora in buona parte avvolge – i negoziati in corso. Il contenuto delle trattative è stato vietato perfino ai parlamentari europei e solo l’enorme pressione di tanti cittadini riuniti in movimenti e associazioni ha consentito di alleggerire il livello di segretezza.
A preoccupare sono però gli obiettivi reali del TTIP: quello che si vuole davvero
ottenere è infatti l’abbattimento delle barriere non tariffarie, ovvero far piazza pulita del
complesso di leggi e regolamenti che formano una barriera di protezione a tutela della
nostra salute, della sicurezza alimentare, delle produzioni agricole, di ambiente, diritti
sociali, condizioni di lavoro, e che fino ad oggi hanno limitato l’intervento delle
multinazionali in diversi settori. Gli esempi di quello che ci può capitare, in caso di
approvazione del TTIP, sono numerosi e tutti inquietanti: si parla spesso del libero
ingresso nel mercato europeo di alimenti geneticamente modificati e di carne agli ormoni o
disinfettata con il cloro, ammessi negli USA e banditi nell’Unione europea, ma la partita è
estesissima e si gioca tutta su una corsa al ribasso per ridurre drasticamente, di qua e di
là dall’oceano, le regolamentazioni e gli standard. Ad esserne compromessi sarebbero i
diritti fondamentali dei cittadini alla salute, a un cibo salubre, a servizi sociali accessibili e
di qualità.
Il colpo finale verrebbe poi dato dall’istituzione di un meccanismo di protezione degli investitori che permetterebbe alle imprese di citare in giudizio gli Stati presso arbitrati internazionali (in pratica, un giudice privato, sottratto a qualsiasi controllo pubblico) per contrastare una normativa legittimamente votata da un parlamento e accusata di minacciare le aspettative di profitto di un investimento. Un esempio? La multinazionale del tabacco Philip Morris, servendosi di accordi simili al TTIP, ha già citato in giudizio l’Uruguay e l’Australia per la legislazione antifumo adottata da quei Paesi.
Per approfondire l’argomento, il comitato di Alessandria de L’altra Europa ha invitato a parlarne: Alfredo Luìs Somoza, membro del Comitato tecnico-scientifico di TerraMadre-SlowFood Lombardia, profondo conoscitore del TTIP e della pluridecennale
storia degli accordi commerciali e dei loro effetti sulle popolazioni; Adriano Sella, del
movimento Gocce di Giustizia, curatore della Guida al consumo critico, che offrirà la sua
conoscenza delle multinazionali, e Ottavio Rube, della Cooperativa Valli Unite, che
porterà la voce del mondo contadino, tra i più minacciati dal TTIP.
L’incontro, aperto a tutti, è previsto per martedì 16 dicembre, alle 21, presso la
sala del consiglio comunale di Volpedo. A dare il saluto di benvenuto sarà il Sindaco di
Volpedo, Giancarlo Caldone.