Cordella (Asl): “Ecco il percorso di aiuto che offriamo a chi è affetto da autismo: ma famiglie e associazioni sono fondamentali!”

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco

 

Stavolta ci tocca andare in trasferta. La dott.ssa Emanuela Cordella, direttrice della Struttura territoriale di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Sanitaria Alessandrina, sta di base a Novi Ligure e lì arriviamo in un giorno in cui era prevista neve ed invece c’è un sole splendente.

Purtroppo, per la neuropsichiatria infantile il tempo non è sereno come sembra fuori. Dentro, è piombato il fulmine del nuovo piano ospedaliero emanato dall’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte. I media ne parlano poco, ma i tagli, o “riassetti”, come li volete chiamare, ci sono e in NPI si sentono. La neuropsichiatria infantile è una struttura complessa, che svolge attività ospedaliera e sul territorio. Ora, il nuovo piano include nella rete ospedaliera soltanto tre NPI, tra cui quella dell’Ospedale Infantile di Alessandria, ma lascia fuori sedi come Novi, Tortona e Casale Monferrato, per parlare soltanto del nostro territorio.
La paura è sempre la stessa: meno personale, meno risorse, meno vicinanza ai pazienti e alle loro famiglie.

Ma la dott.ssa Cordella non vuole approfittare della nostra presenza. Siamo qui per un’intervista? Allora facciamola. Eccoci, anche se sono presente solo io. Pier Carlo Lava è stato messo fuori gioco dall’influenza, quindi niente videoregistrazione questa volta.

* * * * * * * * *

Dott.ssa Cordella, il 3 marzo di quest’anno, la Giunta Regionale del Piemonte ha recepitoAsl Al l’accordo Stato-Regioni del 22 novembre 2013, in tema di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico”. L’Assessore alla Sanità introduce la delibera con una relazione che fa il punto sullo stato delle cose nella nostra regione. Ecco, le nostre domande sono tutte tratte di peso da quella relazione lì.

In Piemonte, i soggetti con disturbi dello spettro autistico sono stimati al 31.12.2012 al 3.3 su 1000. Per la fascia d’età 7-11 anni, la stima sale al 4.8 su 1000. Ma i minori seguiti dai Servizi Asl nel 2012 sono stati solo il 2.4 su 1000. Che fine hanno fatto gli altri?
I dati sono desunti dal nostro sistema informatizzato NPI.net. Proprio attraverso i dati NPI.net è emersa una discreta variabilità tra i diversi territori regionali. Noi nell’Aslal ci attestiamo intorno al 5 quindi a livelli superiori, secondo i dati regionali. Nella nostra ASL su una popolazione 0/18 di 65284 abbiamo oltre 300 diagnosi di disturbo dello spettro autistico su pazienti in età evolutiva, effettuate dalla NPI nell’ultimo decennio. Oltre 1/3 sono minori di anni 8.
Cerchiamo di prendere in carico la gran parte dei pazienti. Una piccola parte di loro accede ai centri privati e/o convenzionati (es. ANFFAS e Centro Paolo VI). Con questi centri collaboriamo e programmiamo insieme a loro il progetto di trattamento.

Autismo 3Passiamo al trattamento. Nella relazione si afferma che la rete dei servizi è solo parzialmente in grado di garantirlo, che il tempo degli operatori formati è molto variabile da un territorio all’altro e che sono quasi assenti gli educatori, figure centrali del trattamento. Ad Alessandria come va: bene o dobbiamo migliorare?
Senz’altro dobbiamo migliorare, ma riusciamo ad offrire una discreta risposta.
Sono seguiti con riabilitazione settimanale individuale 91 pazienti, di cui il 95% minore di 7 anni. La scelta di privilegiare i piccoli è correlata alle evidenze scientifiche dell’intervento precoce e continuativo come fattore prognostico favorevole.
Una parte (19) è seguita con monitoraggio e supervisione quindicinale o mensile.
Per la totalità dei pazienti in età scolare sono in atto interventi multidisciplinari di rete in cui si valorizzano le risorse scolastiche, socio-assistenziali e familiari. La NPI monitorizza il progetto offrendo consulenza agli insegnanti.
Il progetto riabilitativo è sempre multidisciplinare e coinvolge i Servizi di Psicologia, di Riabilitazione Funzionale (fisioterapisti e logopediste) il Servizio Sociale, la scuola, oltre, naturalmente, alla famiglia. La figura dell’educatore, assente nell’organico della NPI, è presente, messa in campo dai Servizi Sociali. Purtroppo abbiamo difficoltà a reperire educatori formati specificamente sulle problematiche dello spettro autistico. Con la nostra Direzione ASL stiamo progettando di distaccare presso la NPI un educatore dedicato, cui proporremo una formazione specifica.
Facciamo i conti con le risorse limitate e con la sanità in sofferenza.

L’accordo Stato-Regioni indica specificamente la creazione di una rete coordinata di intervento, che coinvolga i servizi sanitari, sociali ed educativo-formativi, la famiglia e le associazioni presenti sul territorio. La nostra rete prevede tutto questo?
La rete è attiva e operante, costituita dall’ASL, da Servizi Sociali, Scuola e Famiglia. In genere il progetto riabilitativo è condiviso e coinvolge attivamente tutti gli attori. Oltre ad incontri informali, sono definiti momenti istituzionali di confronto interdisciplinare tra enti e famiglia.
Anche con le associazioni abbiamo avviato un dialogo. Sono una importantissima risorsa per le famiglie. Purtroppo, date le risorse organiche, non riusciamo ad offrire un intervento di parent training programmato e puntuale, ci limitiamo a sporadici colloqui per counseling, o a far partecipare il genitore al trattamento.

L’accordo ritiene opportuno individuare in ogni Azienda Sanitaria Regionale unoAutismo o più nuclei DPS (Disturbi pervasivi dello Sviluppo). Ogni Nucleo individua al suo interno un operatore per ogni paziente con funzioni di case manager. Abbiamo già il nucleo e abbiamo già i case manager?
Sì. La regione dava l’opportunità di costituire uno o più nuclei, noi abbiamo scelto di crearne uno unico, sovradistrettuale, proprio perché possa divenire una sorta di osservatorio e attraverso i propri componenti offrire indicazioni di percorso specifiche, uniche e attive su tutto il territorio e per tutti gli operatori coinvolti.
Come primo atto, il nucleo ha proceduto a verificare, in ogni distretto ASL, i percorsi diagnostico–terapeutici seguiti, gli strumenti diagnostico-operativi presenti in ciascun distretto e la formazione specifica dei professionisti. Tale indagine mira all’armonizzazione dei percorsi e delle competenze professionali e a garantire l’equità di accesso e di trattamento delle persone che necessitano di prestazioni diagnostiche, riabilitative e assistenziali.
Il nucleo individua per ogni paziente il case manager che garantisce il monitoraggio del percorso.

Il Nucleo DPS, in collaborazione con i genitori, definisce un’ipotesi di progetto personalizzato di trattamento con l’indicazione dei luoghi in cui lo stesso può essere effettuato. Il progetto deve essere condiviso e controfirmato dai genitori e deve riportare durata del ciclo, modalità di trattamento e metodiche applicate. A che punto siamo?
Attualmente, il progetto personalizzato viene condiviso con la famiglia. Con la costituzione del nucleo tutto diviene più chiaro e definito. Nel concreto, per ogni paziente dovranno essere compilate due schede: una diagnostica, che riporta il percorso diagnostico e la valutazione funzionale, e una che definisce il programma di percorso/presa in carico globale: i luoghi, la tipologia dell’intervento, la metodologia utilizzata, la durata e la relativa verifica, firmata oltre che dal case manager che la predispone, anche dalla famiglia.

AutismoI disturbi dello spettro autistico insorgono in età evolutiva, ma hanno nella quasi totalità dei casi un andamento che prosegue in età adulta. Finora i percorsi di cura regionali specifici si sono limitati alla sola età evolutiva. Già. E adesso?
Quello che abbiamo descritto è in atto, purtroppo, solo per l’età evolutiva. Per l’adulto non ci sono ancora percorsi definiti e specifici. Il problema è molto sentito, tanto che un tavolo regionale composto da operatori dell’età evolutiva e dell’età adulta sta affrontando queste criticità.
Viene meno, con la maggiore età, anche la possibilità (già prima limitata) di accedere al servizio di educativa territoriale (Servizi Sociali) e con il termine della frequenza scolastica viene a mancare quell’importantissimo intervento educativo e di sostegno offerto dalla scuola.  Quando il paziente diventa maggiorenne viene “trasferito“ al Servizio di Salute Mentale. Abbiamo, negli anni passati, elaborato con il SSM un protocollo condiviso per il passaggio dei pazienti maggiorenni. Ove possibile il passaggio avviene gradualmente e la NPI di riferimento provvede a presentare al paziente e alla famiglia il nuovo referente medico del Servizio adulti.
Purtroppo, sul territorio c’è carenza di strutture socio-educative specifiche per la patologia. Fortunatamente, i Centri Diurni socio-riabilitativi (presenti in ogni distretto ASL) offrono buone opportunità di interventi educativo-formativi, nell’ambito di progetti personalizzati e aderenti alle esigenze individuali.
La famiglia, quando il figlio diventa maggiorenne, spesso sperimenta angoscianti sensazioni di abbandono e di solitudine poiché, nonostante siano mantenute alcune prestazioni di base, viene a mancare la presa in carico globale e la rete di sostegno a tutto il nucleo.