Ci siamo fatti prestare, “dallo poveta che, pinto dal disio di potta, indarno dimandolla a monna Laura” (così lo descrive il retore coevo e fedele amico Fedele Allimori nella sua opera principale “Flos mentulae“) solo per dire che il tempo passa inesorabilmente e, tastandoci decisamente il contenuto del pontificale scroto, tralasciamo il secondo verso di questa lirica del figlio di Ser Petracco.
Il tempo passa ed i Pontifices Maximi Alessandrini si susseguono, anche se, come già abbiamo detto, possiamo solo fornirne un elenco incompleto e nebuloso, mentre certe loro gesta o detti celebri, gloriosi per un Goliarda, ma poco ortodossi per la filobigotta e codina mentalità filistea, sono coperti dall’oltraggioso ma purtroppo necessario velo dell’anonimato.
Ed ecco che, ratto come il morso di una piattola, ci salta in mente un atto Goliardico di uno di loro: una frase, una risposta, per l’esattezza, che, sebbene fornita in età già matura dall’interessato, era ancora pregna di spirito della Sacra Triade.
Questo ex Pontifex, che aveva fama di avere impalmato una donna definibile, in termini castigati e conventuali, “gran pezzo di figa”, chiacchierava un giorno, in un momento di relax al bar, con un suo conoscente, noto, per contro, di godersi una moglie a cui mancava la catena per essere un cesso a tutti gli effetti.
Il marito della megera, tra una parola e l’altra, volle puntualizzare, coram populo, le virtù non perfettamente adamantine della consorte del suo interlocutore.
Il vecchio Goliarda gli diede una risposta congelante che fece sghignazzare tutto l’uditorio:
“E’ meglio condividere una buona torta tra amici che mangiarsi una merda da bell’e solo!”
N.P.: abbiamo nominato poc’anzi il retore Fedele Allimori, ma non è detto che costui sia stato un retore… né che sia stato legato da vincoli di amicizia col Petrarca… ma arriviamo pure ad affermare quanto sia lecito nutrire seri dubbi sul fatto che questo personaggio sia realmente esistito…
Questa è un’opera Goliardica, vergata dalle olezzanti (di che cosa immaginatelo voi…) mani di un Goliarda e che di Goliardia tratta, narra e disquisisce: state dunque attenti, o incauti lettori, a verificare la reale esistenza dei personaggi (non Goliardi) citati e, quandanche l’abbiate verificata, controllate se quanto è stato loro attribuito corrisponda o meno al vero. Non si incazzino neppure gli autori (non Goliardi) ancora vivi e non si rivoltino nella tomba gli autori (non Goliardi) morti (nè tantomeno facciano finta di essere offesi i loro eredi tanto materiali che spirituali) se li abbiamo mescolati ad autori inventati, se abbiamo storpiato i loro nomi, se li abbiamo citati come autori di puttanate che mai pensarono di scrivere, musicare, dipingere, scolpire, dirigere, interpretare, mettersi su per il culo, ecc. Garantiamo inoltre che quanto scritto e narrato sulla Goliardia e sui Goliardi sia sacrosantamente vero al mille per mille, come garantiamo che le rampogne e le prese per i fondelli ai politici, sia centrali che locali, sia di ieri che di oggi, siano parimenti vere, ma tutto il resto potrebbe anche essere (anzi, lo dovrebbe, anzi, forse lo è) una colossale, megagalattica, iperuranica, presa per il culo!
Torniamo alla nostra narrazione!
Ignoriamo quando Gabriel cessò di essere Pontifex né chi fu il suo diretto successore.
Siamo certi, per contro, che in un conclave di quel periodo fu eletto al soglio pontificio alessandrino il focoso, l’incazzoso, l’impetuoso, il veemente Delmo Maestri (vedi foto “1“), in futuro valentissimo insegnante di italiano e storia, uno dei migliori in assoluto… s’a són bón a téni la piüma ‘n mòn (a pàrl an prìma persónna) a pós dì gràsie ammàchi a lü e a i só pügnatón!… poi consigliere comunale, poi assessore in quel di Alessandria, poi presidente della commissione amministratrice dell’Azienda Teatrale alessandrina.
La foto “2” immortala il grande Delmo impegnato in un’arringa appassionata a difesa di una merdosissima mATRICOLA… così almeno dice la didascalia in calce alla foto. Ma conoscendo il Pontifex e dalla sua espressione non molto pacata, possiamo pensare che l’arringa appassionata si stia trasformando in una sodomia (sempre appassionata) nei confronti del minus quam merda (definizione Goliardica di mATRICOLA) o di qualche individuo presente…
I giorni, i mesi, gli anni si susseguono come le battone che sembrano letteralmente rivestire i muri delle case di rue St. Denis a Parigi e la nostra cronaca salta a metà degli ani ’50.
Ed ecco spuntare, quasi uscito dal magico cilindro di un prestigiatore ubriaco, il nome di un altro grande Pontifex Maximus O.G.A.K. (vedi foto “3“): Lino Boidi, notissimo avvocato alessandrino a cui, anche se molto più anziano di noi, ci onora dirlo, fummo legati da vincoli di amicizia.
Nella foto “4” possiamo apprezzare un radioso Lino Boidi (“p“) al centro di una festosa riunione conviviale dell’A.G.A: / O.G.A.K.
Riconosciamo, immortalati in questo documento (ci rendiamo conto che la cosa interessi solo gli Alessandrini): (“a“) Ferrari, (“b“) Ricci, (“c“) Bosio, (“d“) Dario Crotti, (“e“) Boccassi, (“f“) ???, (“g“) Panizza, (“h“) Pollarolo, (“i“) Zucchelli, (“l“) ???, (“m“) Giudice, (“n“) Pozzi, (“o“) ???, (“p“) Lino Boidi, (“q“) Liprandi.
Chi abbia riconosciuto qualcuno dei personaggi indicati dai punti interrogativi (o, meglio ancora, se qualcuno di loro si fosse mai riconosciuto) sono pregati di farsi vivi!
Due osservazioni sulla foto in questione sorgono spontanee (come le erezioni notturne).
Notiamo in primo piano una torta con le candeline ancora accese: uno degli obiettivi della serata, se non l’unico, era dunque quello di festeggiare il genetliaco di uno dei presenti.
Pur non sapendo chi fosse il festeggiato gli formuliamo ugualmente i nostri più fervidi voti augurali! Ma sono ancora validi questi auguri, visto che di lustri ne sono passati e tanti e che la persona, sicuramente ancora in vita, avrà da tempo imboccato il viale del tramonto? Certamembro! Non per nulla
“i Goliardi hanno sempre venti anni anche quando ne hanno di più!”
Siamo a metà degli ani ’50 eppure vediamo come i membri di questa tavolata, di questa “ribòta”, diremmo noi alessandrini, siano già sensibili ai problemi ecologici, specialmente a quello della futura scarsità di acqua. Notiamo infatti sul desco in esame la totale mancanza di bottiglie d’acqua: neppure una goccia del prezioso liquido inodore ed incolore (secondo la farmacopea Goliardica da usarsi solo per uso esterno, leggendo attentamente le istruzioni riportate sul foglio allegato) è andata sprecata!
“I Goliardi hanno sempre venti anni anche quando ne hanno di più!” sono due versi di uno dei canti Goliardici (quasi un inno) più noti: “Bimbe belle“. Ecco il testo completo.
Vedi quel lago, ci è annegato Gasparo, / l’acqua è salata e gli ha corroso il bischero. / Donne mollatela, che la tenete a fare? / viene la primavera e rischia di germogliare, / viene l’estate e puzza di baccalà. / Viene l’autunno e rischia di fermentare, / viene l’inverno e rischia di congelare. // Su ragazzi in camera! La bionda è libera!
Bimbe belle facciamo l’amore / che la cosa più bella del mondo: / chi non chiava nel tempo giocondo / quando è vecchio lo prende nel cul!
Cosa importa se voi non volete, / siete vecchi, barbosi e tiranni! / I Goliardi hanno sempre vent’anni / anche quando ne hanno di più!
Largo vecchi che passano i giovani, / i seguaci di Bacco e di Venere, / coi cappelli color di ogni genere / e la fava rivolta all’insù!
Ce ne frega di chi voi votate, / noi votiamo soltanto le donne, / per vessillo innalziamo le gonne / e la figa qual nostro ideal!
E per noi che scopare è la vita, / c’è bisogno di preservativi, / alla Hatu una prece intoniamo / così almeno lo scolo evitiam!
Alla fine miei cari colleghi / questa sera teniamo consiglio, / se va male inculiamo un coniglio, / in mancanza di ciò che non c’è!