Gianluca D’Aquino è nato 36 anni fa ad Alessandria, e risiede nel sobborgo di Spinetta Marengo, in Fraschetta. Aspetto dal bel tenebroso, sulla sua vita privata è riservato, quasi criptico, il che tutto sommato contribuisce ad alimentare un certo mistero. Qualcuno ci ha sussurrato di un mestiere in divisa, ma lui sorvola sorridendo: “preferisco davvero che si parli soltanto del mio percorso di scrittura”. E noi lo accontentiamo volentieri. Autore di romanzi, racconti, poesie e sceneggiature teatrali, D’Aquino ha esordito nel 2007 con il romanzo noir “Requiescat in pace”. Creatore della figura del maresciallo dei carabinieri Valerio Brasco (personaggio di fantasia dei gialli più volte inseriti nel celebre “Giallo Mondadori”) e vincitore di premi dedicati alla narrativa di genere, lo scrittore alessandrino dice di sé: “Un tempo mi ispiravo ad Oscar Wilde….oggi soltanto a me stesso: e mi sento un libro ancora tutto da scrivere”.
Chi è Gianluca D’Aquino?
Vorrei saperlo e non lo so. Sono un libro aperto ancora da scrivere, su cui ogni giorno provo a vergare qualcosa di buono e che, troppo spesso, mi trovo a giudicare forse anche troppo severamente. Per il momento, Gianluca D’Aquino è un piccolo scrittore che tenta di diventare un vero scrittore. Sogno di chi fa delle parole la propria ragione di vita e che vorrebbe poter vivere di questo, senza dover fare altro per mantenerlo. Forse però è solo un sogno…
Il tuo mestiere è lo scrittore oppure ti dedichi anche ad altro?
Mi occupo anche d’altro nella vita. La scrittura è solamente un hobby. Un hobby che assorbe gran parte del tempo e delle risorse fisiche e mentali, e che condiziona fortemente la vita stessa. Purtroppo non sempre in positivo.
Vivi a Spinetta: non ti sta stretta la provincia?
Non ho mai creduto che la provincia possa essere davvero limitativa. Probabilmente limita le conoscenze, quelle influenti, che gravitano nei posti che contano. Non certo il talento. Quello o c’è o non c’è. Vorrei potermi illudere che il talento e la meritocrazia fossero le uniche strade per l’affermazione professionale nel mondo dell’arte. Tuttavia la realtà che è serve qualcosa di più, molto meno romantico e molto meno meritocratico. Questo fa della provincia un limite. Ma io amo la provincia. E non solo non mi sta stretta, mi sta addirittura larga. Preferirei un eremo, lontano dalla vita mondana ed esclusivamente mio, dove produrre senza le distrazioni, di vario genere, che il necessario giro di conoscenze e mondanità impongono. Altro sogno …
Hai vinto parecchi premi, grazie ai quali sei stato anche pubblicato da Mondadori…
Sì. Questo è un elemento di grande soddisfazione. Quando i premi letterari sono seri e imparziali, si possono raccogliere i frutti del proprio lavoro. Racconti anonimi e giurie di reale qualità sono garanzia, quasi totale, di serietà delle valutazioni. Questi sono i premi letterari a cui partecipo e che, con grande soddisfazione, ho spesso vinto. Purtroppo ci sono molti premi letterari fasulli, creati solo per far vincere l’amico dell’amico e contestualmente incamerare fondi nelle casse delle associazioni organizzatrici. Mi piacerebbe fare i nomi di questi premi ma servirebbe solamente a guadagnarmi qualche querela. Fatevi un giro sul web e rispondete alla domanda: quante possibilità ci sono che un premio letterario bandito dall’associazione del paese X abbia, ogni anno, nei primi tre, autori residenti nel medesimo paese X, che magari conta poche centinaia, o poche migliaia di abitanti? E questo è solo un esempio.
I premi letterari, per tornare alla domanda, sono un’ottima possibilità per mettersi in gioco e per avere un giudizio quasi immediato sul proprio lavoro. Possono servire per avere conferme e darsi visibilità o per comprendere i propri limiti e lavorare per superarli.
Vincere un premio organizzato da o con Mondadori è sicuramente il massimo che si possa sperare.
Quanti libri hai all’attivo?
Ho pubblicato romanzi e racconti in antologia su circa trenta volumi. Altri sono in pubblicazione e altri in valutazione. Certamente la pubblicazione nel Giallo Mondadori, più volte avvenuta e che prossimamente si ripeterà (notizia in anteprima: nel 2015), è la soddisfazione maggiore. Ogni pubblicazione è un momento importante. Perché si raccoglie il frutto del proprio lavoro e perché si ha la possibilità di essere letti. Aspetto di uscire con altri romanzi che, più ancora dei racconti, offrono soddisfazione e amplificano gli aspetti precedentemente detti.
Quand’è stato il tuo esordio come scrittore? E come ti sei avvicinato alla scrittura?
L’esordio ufficiale è avvenuto nel dicembre 2007 – gennaio 2008, con il primo romanzo. La scrittura mi ha sempre accompagnato, fin da ragazzino. Prima con le poesie, poi con gli articoli di giornale in ambito scolastico e sui giornali locali, fino alla decisione di tentare il salto nel mondo della narrativa.
Quali sono i tuoi modelli? A chi ti senti vicino?
Qualche anno fa, avrei risposto Oscar Wilde e gli autori coevi del grandissimo autore irlandese. Oggi, molto sinceramente, non saprei rispondere. Non c’è un autore al quale mi sento vicino. Cerco di imparare da tutti quelli che leggo, sviscerando stili e trucchi dei più o meno noti. Questo rende la lettura meno piacevole e più di analisi ma, al tempo stesso, la rende fonte di accrescimento stilistico e tecnico. Molti scrittori scrivono come se fossero stati clonati da altri. Io vorrei evitare questo giudizio. Mi sforzo di evitare emulazioni e cerco di lasciare libero il mio stile. Anche se sono consapevole che non si possa inventare niente di nuovo e che molto di quanto scriviamo è stato già scritto. Non trovo edificante essere paragonati a qualcun altro sebbene temo sia inevitabile. Nel bene e nel male, ovviamente.
Progetti futuri e sogni nel cassetto?
Tutto quanto già detto. Progetti molti e tutti in cantiere. Sogni, uno in particolare. E, forse, rimarrà solo un sogno…
Debora Pessot