Un ricordo di Riccardo Coppo

Renato_Balduzzidi Renato Balduzzi

 
Ci sono persone pensando alle quali consideri un dono provvidenziale e un privilegio averle conosciute e aver goduto della loro amicizia.
Riccardo Coppo è fra queste.

Non riesco a fissare con esattezza il momento preciso di nascita della nostra vicinanza, tanto mi pare di averlo conosciuto da sempre.

Si era all’inizio degli anni Settanta, tra noi giovani alessandrini di Azione cattolica e quelli casalesi frequenti erano le occasioni di incontro, e fu attraverso comuni amici di Casale che sentii per la prima volta parlare di Riccardo. Di dieci anni più grande di me, era già una presenza nel laicato cattolico e nella militanza all’interno della sinistra democratico-cristiana.

Da allora, siamo sempre stati reciprocamente partecipi degli impegni e delle battaglie di ciascuno, sino alle più recenti: le persone che in provincia di Alessandria hanno condiviso e condividono il progetto “civico” sanno bene l’importanza dei suoi interventi e della sua passione per dare uno sbocco a una discussione rimasta incompiuta, per indicare la soluzione più onesta e corretta, per incitare a comportamenti coraggiosi, per tenere sempre insieme piano locale e livello nazionale.

In questa sintesi c’è tutto Riccardo: la sua lucidità di analisi, la sua probità e disinteresse personale, l’amore della verità con la maiuscola e con la minuscola, il suo essere casalese e monferrino a tutto tondo (percepibile dal modo stesso di parlare e dall’amore per la sua terra, per i vigneti e per le colline, per la tradizione familiare di produzione del “suo” vino), senza però chiudersi in una logica ristretta di campanile e di territorio.

Del suo coraggio diranno in molti, a partire dalla scelta, come sindaco nel 1987, di proibire con ordinanza l’utilizzazione di materiali contenenti amianto nella città di Casale Monferrato.

Si può individuare il nucleo di questa sua serenità dinamica, della passione e della gioia che sapeva trasmettere?
Forse si. Riccardo Coppo non ha mai agito nella politica e nell’amministrazione come un isolato, come un “io”, ma sempre come un “noi”.

A fronte di una decisione da prendere o di una posizione da assumere, il suo approccio, che coniugava umiltà e intelligenza delle dinamiche territoriali, era sempre il medesimo: ne parlo prima con gli amici. Chi lo ha frequentato sa quanto davvero forte e costante sia stata la sua preoccupazione (condivisa nel tempo con almeno un altro Riccardo, con Paolo anch’egli prematuramente mancato e con molti altri suoi compagni di percorso umano, amministrativo e politico) di non rompere l’unità di riflessione e di azione degli “amici”, sempre però in una logica che non è mai stata quella del gruppo di potere oligarchico e meno che mai del clan.

Una persona vera e in pienezza, coerente e fedele nell’impegno pubblico come nella vita di coppia con Lilia e di famiglia come padre e nonno, secondo uno stile e un modello che appare oggi, per molteplici cause, sempre più difficile da incarnare e praticare, ma che, fors’anche per questo, conserva tutto il suo fascino e significato individuale e collettivo.

L’ultimo ricordo, l’ultima sua “lezione” (ma lui sorriderebbe se mi sentisse chiamarla così) qualche mese fa, prima che l’aggravarsi della malattia sottraesse la consuetudine di incontrarci. A me che gli rappresentavo, anche con un po’ di stupore, il dubbio sulla sincerità delle rassicurazioni circa un certo percorso politico-amministrativo fattegli da persone e mondi che in passato, con metodi e stili anche gravemente scorretti, gli avevano in più occasioni sbarrato la strada, rispose con il consueto, intelligente candore: vedi, Renato, quello che è stato è stato, non sono capace di serbare rancore.

Anche per questo ti diciamo grazie, professor Riccardo Coppo.