«Col tarapio tapioca come se fosse antani la barella anche per due, con lo scappellamento a sinistra? No, eh? Pazienza…»
Ugo Tognazzi, Amici Miei
Fare squadra, valorizzare le eccellenze, promuovere il territorio: sono questi, con qualche piccola variante, gli slogan ripetuti nei diversi convegni e incontri organizzati dalle nostre parti in occasione dell’imminente Expo 2015.
Andatevi a rileggere gli interventi di politici, imprenditori e presidenti di associazioni di categoria, su CorriereAL o altrove. Ditemi se non ricadono tutti (tutti!) nelle tre formulette “magiche” appena elencate.
Non riesco a trovare notizia, qui da noi, di iniziative di spessore per Expo 2015, né sarei capace di elencare qualche progetto di cui ho letto in questi giorni senza pensare alle supercazzole dell’inarrivabile Conte Mascetti in Amici Miei.
C’è un atteggiamento vecchio, stantio, nei confronti di quella che potrebbe essere una grande occasione e finirà invece con l’essere, almeno qui da noi, una robina con qualche casuale risultato, su cui i più lesti appenderanno il cappello rivendicando meriti che, per quanto visto finora, certamente non hanno.
Diciamoci la verità. Organizzare convegni, firmare accordi strategici e allestire variopinte sagre di paese non significa affatto cogliere le straordinarie opportunità offerte dall’Expo (che, ricordiamocelo bene, si svolgerà a meno di 100 chilometri da casa nostra). Anzi, sembra proprio che la scelta prevalente e consapevole sia quella di “fare ammuìna”, alzando un po’ di polvere senza costruire nulla. Come se l’Expo, lungi dall’essere una fortuna piovuta dal cielo, fosse per i nostri stakeholder (la gente che conta e decide su un territorio) una enorme scocciatura.
Quando poi sento parlare (ancora!) di squadra, eccellenze enogastronomiche e territorio mi viene l’orticaria. Come pensiamo, davvero, di portare qui da noi le migliaia di persone che arriveranno da tutto il mondo a Milano? Non si è ancora visto un intervento reale di agevolazione, infrastrutturale o economica, per rendere le nostre zone più accessibili e invitanti; o un evento che non sia la passerella dei soliti noti, con qualche nome “famoso” (a fine corsa) ad indorare la pillola.
Stando così le cose, ci toccherà aspettare seduti composti che qualcuno passi (per caso) da queste parti. A seguire, passata la buriana dell’Expo, tireremo finalmente un sospiro di sollievo. Potremo rimettere in soffitta le meravigliose eccellenze, gli apprezzatissimi vini e i deliziosi salumi, insieme al nostro lungimirante fare squadra e alla mirabolante promozione del territorio. Tante belle favolette della buonanotte, con cui i nostri (e le nostre) badanti ci faranno riaddormentare.
“Dormite cari, è stato solo un brutto sogno. Tranquilli, l’Expo non tornerà più”.
E buonanotte a Cippa Lippa.