Leggiamo non senza stupore che c’è baruffa in casa PD sulle nomine della Azienda territoriale per la casa. Mentre sui bisogni dei cittadini e in particolare quelli dell’abitare nemmeno un progetto all’orizzonte. Lasciati al fronte senza strumenti gli operatori dell’emergenza abitativa e i sindacati degli inquilini, ci si concentra sulle nomine!? La vicenda dell’ATC è un altro segno di come la rappresentanza in questo Paese sia diventato un meccanismo che funziona malissimo per i cittadini e benissimo per un certo ceto politico. Il partito della nazione, il PD locale, sembra impermeabile ai problemi reali e quotidiani della gente.
Sulla questione sollevata (nomine ATC) vorremmo fare alcune considerazioni:
a Torino e Asti la politica dentro i consigli di amministrazione ha prodotto mala gestione, abusi, appropriazione di denaro pubblico. Ad Alessandria un volgare rimpallo di responsabilità sulle cosiddette occupazioni abusive, ma nessun progetto di medio o lungo termine per venire incontro ai bisogni. Anzi si è risposto con la repressione del movimento per la casa che ha avuto il merito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica la consistenza degli sfratti in tutta la loro drammaticità.
Alcune sintetiche proposte: trasformare le nomine politiche dell’ATC nella direzione della partecipazione sostanziale dei cittadini, consentendo di sedere in quel consiglio di amministrazione, gli operatori sociali dei consorzi socio-assistenziali, gli operatori che si occupano nelle strade, dell’emergenza abitativa, i rappresentati dei sindacati degli inquilini, gli inquilini delle case popolari. Si produrrebbe contemporaneamente un notevole risparmio di costi, si aprirebbe veramente un tavolo permanete anti crisi con chi è in grado di dare risposte efficaci, si produrrebbe consapevolezza e partecipazione ad un grande bisogno. Con la riforma messa in campo dalla Regione l’ATC diventa invece una grandissima stazione appaltante e quindi di maggiore interesse economico (e non sociale), per la solita cemento&affini.
Noi crediamo che attirare la partecipazione vera dei cittadini significhi anche dare una risposta collettiva alla crisi per fermare una gestione iniqua alla privatizzazione e all’austerità.
L’Amministrazione comunale dovrebbe promuovere un censimento di tutti gli edifici sfitti, invenduti, delle terre incolte, delle ex caserme, delle fabbriche dismesse e farle diventare patrimonio comune, e non un affare per le lobby finanziarie e immobiliari, già molto potenti nel nostro territorio.
Il Comune potrà acquisirle e chiedere al Governo, di escludere dal patto di stabilità, così come i costi dell’alluvione, anche quelli per la manutenzione straordinaria degli immobili utili alla città. Noi proponiamo l’utilizzo del patrimonio immobiliare abbandonato, a scopo abitativo o per creare servizi, spazi di lavoro per i giovani, uffici pubblici. E ancora proponiamo di individuare anche metodi partecipazione vera e trasparente per affidare questi stabili inutilizzati alle associazioni, alla cittadinanza attiva, ai giovani professionisti.
In questo modo potrà rinascere anche un senso di appartenenza comune e si migliorerà la qualità della vita nella nostra città. A gennaio, insieme a chi ci vorrà stare, cercheremo di offrire una più compiuta e articolata proposta amministrativa confrontandoci con altri territori per poter elaborare insieme un modello di città partecipato e solidale.
Segreteria di Rifondazione Comunista/L’Altra Europa di Alessandria