Πάντα ῥεῖ, ma la Goliardia no! [Ars Eloquendi Goliardiae]

1970--pontifexdi Antonio Silvani.

La scorsa settimana abbiamo parlato di Gianni Coscia, ora citeremo un suo compagno di liceo, un altro Goliarda alessandrino dell’epoca ed anch’esso vivo e vegeto (vogliano gli dei per tanti anni ancora).

Lo ricordiamo non fosse altro perché è stato un discreto docente, non fosse altro perché ha scribacchiato qualcosina durante la sua vita.

A parte gli scherzi la Goliardia alessandrina è da sempre onorata di annoverare tra i suoi figli un grande, un immenso, un immortale: Umberto Eco!!! (vedi doc.”1“).

1)-umberto-ecoN.P.
Un “Nota Pene” doveroso, almeno per me (questa volta parlo in prima persona): visto che siamo in un mondo di (detto alla milanese) “sboroni”, di gente che se lo (o se la) tira a dismisura, che millanta un misero pollaio quale imponente cattedrale gotica, se permettete (e se non lo permettete me ne strabatto ugualmente le pontificali coglie) voglio pisciare lontano anch’io! Il doc.”1″, che ritrae il grande semiologo a cavallo di una vacca, anzi “della vacca” alessandrina per antonomasia (più avanti capirete il perché), assieme al leggendario Gagliaudo, è tratto paro paro dalla prefazione, “Cu ‘s cunserva” (Che si conservi), che lo stesso Umberto Eco scrisse al mio dizionario del dialetto alessandrino (“U disiunàri du dialët lisandrén“) nel lontano ano 2000!

Lo so che molte Minerve, o che almeno si credono tali, che molti sedicenti maestri, docenti (indecenti) del dialetto alessandrino, bruciano da matti ad udire o leggere o ricordare codesto fatto … ed è proprio per questo che io ci godo come un mandrillo!

Rivestiamo il Pontificale habitus e torniamo a dissertare di Goliardia.

2)-1952---senato-AGA---Col--BaletaLa foto n.”2” del settembre 1952 (come da datazione autografa di uno dei presenti) vede un folto gruppo di allegri partecipanti ad una cena dell’AGA, una serie di volti notissimi, sia allora che oggi, almeno in quel di Alessandria!

Il personaggio n.”12” a capo scoperto è Franco Bausone, mentre il n.”11“, tale Gabriel (ignoriamo il nome di battesimo) sfoggia un solenne Berrectaculum arricchito da una piuma bianca nuova di pacca.

Dato che in OGAK il solo il Pontifex Maximus ha diritto di addobbare la feluca con la piuma bianca, si evince che Bausone non è più a capo della Goliardia alessandrina e che Gabriel ha preso il suo posto (vedi foto “3“).

3)-PM-GabrielPoco sappiamo di questo Gabriel e del suo pontificato e neppure, con la matematica esattezza, chi fossero i suoi diretti successori…

“Πάντα ῥεῖ”, diceva il sommo filosofo Eraclitoride di Efeso, “tutto scorre”, e quindi anche gli uomini, anche i Goliardi, anche i Capi Ordine, però, aggiungiamo noi, la Goliardia no! La Goliardia resta sempre salda come una roccia, fissa ed immortale e, proprio per questo, la nostra Santa Madre sarà, ancora di più, la protagonista di queste narrazioni.

Da adesso in poi, se non per alcuni scampoli di tempo, di luogo e di azione, per alcuni brevi momenti ben precisi e circostanziati, i nostri commentari saranno come una manciata di coriandoli: ricordi personali, commenti sul retro di poche foto, sentito dire da chi visse i fatti in prima persona, sentito dire da coloro a cui detti fatti furono raccontati… saranno appunto come una manciata di coriandoli, alcuni colorati, altri grigi, alcuni anonimi, altri personalizzati, alcuni veri, altri, forse, un po’ meno, che sarà sbattuta in faccia a chi avrà ancora il coraggio di leggere queste dissenteriche righe!

Iniziamo pertanto la narrazione di due somme azioni meritorie, da medaglia al valor civile, al fine di “premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano preclara virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore” (così recita la legge n. 13 del 2 gennaio 1958… ma legge ben peggiore, altamente ferale per l’Italia, sarà varata poco meno di due mesi dopo, il 20 febbraio di questo stesso ano: ci si rattrappiscono le mani a digitare la famigerata “Legge Merlin“!), da premio di bontà Livio Tempesta, da Premio Nobel per le Pice di due gloriosi Pontefici nostri predecessori di cui, conoscendo la modestia di cui erano pervasi, non citiamo né i dati anagrafici, né quelli Goliardici, né l’epoca in cui rifulsero per la loro santità.

Il primo, di cui neppure a noi fu palesata l’identità, era noto per tenere su di un fianco, a mo’ di terzo braccio, un significativo fallo ligneo, la cui mission era comprensibilissima (ma sempre nei limiti della decenza… Goliardica). Durante certe sacre cerimonie di tipo Dionisiaco era solito far baciare alle fanciulle presenti al rito quell’oggetto quale esso fosse la reliquia del taumaturgico S.Iffredi Rocco (cerimoniale descritto nell’opera “Longo atque torpens ne li sancti” di Francesco Cavalca).

Ma fu Alessandria ad imitare Urbino o viceversa?

Ma che mentula significa questo criptico quesito?

Ma cosa c’entra (tutto può entrare in tutto, anche se molto più piccolo, con volontà, pazienza e vaselina) la cittade che diede i natali al pittore effigiato sulle banconote del vecchio conio da 500.000 lire?

Ora sveleremo l’arcANO…

4)-materasso-II-da-urbinoIl Maximus Ordo Torricinorum e, di conseguenza, la Goliardia urbinate furono guidati ininterrottamente dal 1953 al 1982 dal Duca Materasso II (vedi foto n.”4“), una delle più fulgide immagini Goliardiche che l’Italia abbia mai avuto.

Ebbene anche il grande Materasso spesso portava al collo, con analoghi impieghi e localizzazioni, un ligneo fallo, forse più sviluppato di quello alessandrino.

Si narra che la grande soubrette Delia Scala si esibisse una sera in un teatro di Urbino e che, nel corso di una scatenata danza, perdesse il passo a causa di un enorme pene ligneo materializzatosi tra le sue gambe…

… poi, dopo aver salutato gli spettatori con un maestoso inchino, il Duca Materasso II scomparve dal palcoscenico!

Ritorniamo in Alessandria, forse in un’altra epoca, forse no e la nostra mente si sofferma su di un altro grande Pontifex Maximus e su di una sua simpatica abitudine.

Quando partecipava ad una festa (non abbiamo detto “quando era invitato ad una festa”, in quanto i capi della Goliardia alessandrina entravano di diritto ad ogni festa, sia che fossero invitati o meno)… quando partecipava ad una festa, dicevamo, era solito entrare nella stanza da letto padronale, aprire uno dei cassetti della biancheria, depositarvi una tanto olezzante quanto abbondante defecata (come facesse costui ad andare di corpo a comando fu un arduo quesito che per anni turbò il mondo accademico legato alla fisiologia umana) e quindi, dopo essersi accuratamente forbito l’ugello di uscita con un candido capo di abbigliamento intimo, se ne ritornava a festeggiare con tutti gli altri.

Quanti padroni di casa, anche amici del Pontifex Maximus, conoscendo il suo pittoresco vezzo, in prossimità di una festa in casa loro, si raccomandavano con costui:

«Santità, io ti invito volentieri, ma non fare, proprio a casa mia, le tue solite porcate!»

«Ma stai tranquillo, cosa credi? Che io venga, con l’amicizia che intercorre tra di noi, proprio a cagare in un tuo cassetto?»

La festa iniziava e procedeva regolarmente, ma, bastava perdere di vista il Pontefice un solo istante, che la cosa era fatta, abbondante e puteolente!

Imitando i fumetti tipo “Diabolik”, “Kriminal”, “Sadik”, Satanik” ed altri in voga un tempo, i fatti narrati potevano essere riassunti dal titolo:

“IL CACATORE MALEDETTO HA COLPITO ANCORA!”