Sono disponibili e sorridenti, le addette del patronato Inca Cgil di Alessandria. Serene però mica tanto, dopo i roboanti annunci governativi, che parlano di tagli, per il settore, del 35% delle risorse a partire da gennaio 2015. Qualcosa come 150 milioni di euro, il che significherebbe, in parole povere, il tracollo delle attuali strutture. “Le prossime settimane saranno decisive, e speriamo davvero in qualche ravvedimento, perché in caso contrario sarà a serio rischio un’ampia serie di servizi, e anche di posti di lavoro”, ci spiega la responsabile Marisa Valente, che coordina un team di 11 addetti, distribuiti in diverse sedi territoriali: alla Camera del Lavoro del capoluogo, appunto (uffici a destra, al pianterreno), ma anche in via Righi, sempre ad Alessandria, e poi in tutti gli altri centri zona della provincia.
“In realtà era già stato minacciato qualcosa di simile con il Governo Monti, che poi si era reso conto di quali costi sociali avrebbe comportato una simile decisione, e aveva desistito. Ora pare che Renzi sia intenzionato a procedere, ma tagliare le risorse dei patronati significa accanirsi con i più deboli – continua Valente – a cominciare dai tanti pensionati e disoccupati che fanno riferimento a noi, come alle altre strutture come le nostre, per far fronte a tutta una serie di pratiche e procedure burocratiche che vengono loro imposte dallo Stato, e che nessun altro svolge, se non a pagamento. Mentre da noi, vorrei che fosse chiaro, tutte le prestazioni sono erogate gratuitamente, che si sia o meno iscritti al sindacato”. I patronati si reggono su contributi statali (“o meglio – precisa la responsabile dell’Inca Cgil – dei lavoratori dipendenti, il cui 0,22% del reddito lordo va nell’apposito fondo che ci distribuisce le risorse, in rapporto naturalmente alle prestazioni erogate”). Ecco un altro punto essenziale dunque, i servizi: i patronati in Italia si occupano di una vasta serie di pratiche, che vanno dalle pratiche Inps, Inail e Inpdap, alle reversibilità, alle disoccupazioni e invalidità, fino ad infortuni, malattie professionali e danno biologico, e altre ancora.
“Le nostre strutture provinciali gestiscono circa 32-33 mila pratiche l’anno – sottolinea Marisa Valente – e riusciamo a farlo con un organico già ‘risicato’, che comprende 12 dipendenti compresa la sottoscritta, alcuni dei quali ad orario ridotto. Se dovessero essere confermati i ‘tagli’, nella misura preannunciata finora, a rischio ci sarebbero certamente anche posti di lavoro, che è un altro aspetto non trascurabile della vicenda, poiché a livello nazionale parliamo, per tutto il comparto, di non meno di 5/6 mila addetti a rischio. Ma, soprattutto, non passa giorno senza che qui da noi si presentino persone fortemente preoccupate, che senza il nostro supporto non saprebbero letteralmente dove sbattere la testa: o il nostro premier pensa che milioni di anziani possano navigare da soli su Internet, e provvedere on line alle molte incombenze imposte dalla burocrazia?”
E. G.