È giunto il momento.
Siamo ad un cambio di generazione.
Si propongono nuovi volti, nuove energie, nuove capacità intellettuali che si avvicendano a volti lisci sopra e grinzosi tra le pieghe, forze dopate da beveroni contro i radicali liberi, menti labili che si tengono assieme grazie all’ultimo colloso colpo di reni.
Non si tratta di rottamazione né di supponenza, ma di una presa d’atto bella e buona.
Vado ad argomentare.
Alcune mattine fa.
Classe con una ventina di dodicenni.
Si parla di musica, tanto per cambiare.
Mi avvicino al concetto di pentagramma e di altezza dei suoni con circospezione.
Per testare l’orecchio dei ragazzini canticchio alcune arie appartenenti alla tradizione musicale italiana.
Melodie molto note, penso io.
Sbagliando.
Quando intono “C’era un ragazzo / che come me / amava i Beatles e i Rolling Stones…” mi aspetto che il coro di voci bianche mi accompagni nella prosecuzione del brano.
Vedo invece un nugolo di occhietti aguzzi e silenziosi; attendono che io vada avanti o dia loro qualche indizio più rilevante.
“Chi è questo ragazzo…?” si chiedono.
“Beatles….questo nome non mi è nuovo….” leggo nei volti domande e scetticismo.
“….!?”
Rimango con un sorriso ebete come quando ai miei dodici anni scartavo il chewing-gum e leggevo “Non hai vinto. Ritenta!”.
Siamo di fronte ad una generazione completamente indifesa, cantata dagli idoli del rap di oggi, incompresi perché vicini ma lontani da noi anni-luce.
Noi adulti ci fermiamo alle parole forti e volgari e non filtriamo i veri pensieri.
Come diceva Tupac:
“Quando mia mamma mi chiede se cambierò
le dico certo
ma è chiaro che sarò sempre lo stesso
fino alla fine del tempo
quindi prendi queste ali spezzate
ho bisogno delle tue mani
vieni a guarirmi una volta ancora
così posso volare via
fino alla fine del tempo”
Questo è il tempo di cambiare modo di ascoltare anziché pensare di continuare a parlare.