Sorrisi a quattro denti. Strette di mano. Arroganza e supponenza. Dopo aver disertato Genova, che non era certo una vetrina di prestigio per il nostro premier, con il rischio di trovarsi davanti gente “giustamente” incazzata e ricevere insulti e sfottò, lontano da quegli spot annunciati da televisione commerciale e passaggi in video per il pubblico di Barbara D’Urso e Fabio Fazio, Renzi approda alla Leopolda.
Cronaca di una destra camuffata da sinistra, una sinistra sinistrata per dirla con una battuta. Quella che snobba la piazza, che se ne fa un baffo del mondo reale, che si parla addosso, che produce soltanto aria fritta, che parla di futuro senza aver chiaro cosa c’è adesso nel presente.
Siamo alla farsa di una sinistra che non c’è. Eccoli gli imprenditori, diciamo così per non dire padroni come piace a quei comunisti così fuori dal tempo, eccoli quelli che tifano Renzi perché si ritorni all’ancien régime che precede lo Statuto dei Lavoratori, ecco il finanziere Serra che parla di ridurre il diritto di sciopero.
Ecco che la platea dei sinistrati sembra mostrare un po’ di imbarazzo a queste parole senza scandalizzarsi troppo. Anzi, qualcuno sembra anche approvare il discorso del nuovo rampante della finanza quando dice che lo sciopero in un momento come questo è un danno alla comunità.
Certo che dalla piazza urlano scandalizzati, e se a urlare è Susanna Camusso che non è mai stata una passionaria della rivoluzione, bensì una costola portante dei sinistrati, dobbiamo pensare.
Certo che fa un certo effetto vedere la Camusso inneggiare alla piazza. Neanche la riforma Fornero sulle pensioni ha scatenato una tale rabbia.
O la Camusso si è improvvisamente svegliata ed è uscita da sotto una campana di vetro per legittimare il ruolo del sindacato contro una prevaricazione dei diritti, o questo governo ha attuato una delle politiche più antisindacali dal dopoguerra ad oggi.
Alla Leopolda più che parlare di futuro, di lavoro e di sviluppo del paese ho visto emergere un culto della personalità che non ha nulla da invidiare al ventennio berlusconiano.
Il presunto innovatore, rottamatore, riformatore, è degno di chi lo ha preceduto, figlio dei quiz televisivi e della soap opera.
E allora voglio vedere proprio in questo futuro annunciato quanti saranno ancora lì a credere agli spot di Renzi.