Quante Italia al Salone del gusto, e quante eccellenze di territori lontani, dal sapore delle spezie, della frutta esotica, a Terra madre.
Come sempre, la manifestazione ha registrato moltissime presenze.
Facendo un giro tra uno stand e l’altro, ho avuto la conferma che l’Italia noni ha nulla da invidiare agli altri paesi. Dalla classica mozzarella di bufala, passando dai pomodori San Marzano, fino ad arrivare al prosciutto crudo di Parma.
In questo “percorso” enograstronomico, però, c’è una infinità di prodotti di nicchia che, appunto, pochi conoscono. Come, per esempio, la farina di Pignolet.
Una farina di mais per polenta macinata a pietra e parzialmente setacciata.
E’ una farina unica, riscoperta e salvata dall’estinzione. La farina è ideale per fare una polenta “di una volta”, dalla cottura lenta e lunga.
E, poi, la farina di monocolo, detta anche “piccolo farro”.
Il monocolo è una pianta della famiglia delle graminacee ed è il primo cereale addomesticato dall’uomo intorno al 7500 a.C., è usata per fare risotti, minestroni e anche bollito con un filo di buon olio di oliva.
E restando in tema di olio, come non menzionare (uno su tutti) l’olio di Garda: la molinatura delle olive avviene entro le 24 ore ottenendo, così, un olio dal profumo fruttato ed erbaceo, dal colore verde intenso e dal gusto delicato.
Andando sul classico, invece, chi non ha mai assaggiato i peperoni “corno di bue” di Carmagnola? Dai colori splendidi – giallo intenso e rosso vivace – a forma conica molto allungata, si coltiva in terreni pianeggianti, limosi e sabbiosi.
Si seminano dalla fine di dicembre fino all’inizio di aprile. E’ ottimo crudo, immerso nell’olio, nella bagna cauda, ma anche arrostito o semplicemente fatto al forno.
Ma buttiamoci nel dolce, i Krumiri. Fatti con la farina di frumento, dalla loro tipica e indimenticabile forma, sono ottimi con il tè e con il caffè.
Passeggiando per l’Italia, il nostro territorio ci regala prodotti inimitabili, come i salumi dei colli piacentini: coppa, salame stagionato e prosciutto.
I “pisarei e fasò”, piccoli gnocchi di pane con un sugo di fagioli succulento.
E passando, invece, al sud, la pizza, la mozzarella di bufala frutto di un territorio martoriato ma ancora capace di rialzarsi, i cannoli siciliani e le melanzane alla parmigiana.
Parlando, sempre, di prodotti di nicchia, bisogna menzionare i fagioli “dente di morto” di Acerra, in provincia di Napoli.
E’ un fagiolo bianco opaco e negli ultimi decenni la coltivazione si è drasticamente ridotta, soprattutto a causa delle modifiche delle abitudini alimentari e l’importazione dei fagioli americani a basso costo.
Il fagiolo di Acerra si è conservato negli orti familiari fino a quando un programma di recupero e di valorizzazione del germoplasma orticolo autoctono campano. sostenuto dalla regione Campania, ha recuperato l’ecotipo che, attualmente, viene coltivato da un piccolo gruppo di agricoltori.
L’obiettivo è quello di recuperare e portare sul mercato napoletano, e non solo, questo tipo di fagiolo che per anni è stato un pilastro dell’agricoltura acerrana..