Confesercenti nazionale ha presentato nella Sala Stampa della Camera dei deputati il Dossier “Tre anni da liberalizzati”, per evidenziare le storture, le incongruenze e gli effetti che la deregulation in atto, in materia di orari dei negozi, sta causando nei nostri settori, dalla sua entrata in vigore ad oggi.
L’iniziativa è stata realizzata all’indomani dell’approvazione da parte della Camera del Disegno di Legge di riforma che si auspicava apportasse significative migliorie. Invece, grazie all’azione lobbistica della Grande Distribuzione, è stata varata una nuova disciplina degli orari che non cambia nulla.
A fronte di una richiesta di chiusura obbligatoria per tutti di 12 giornate all’anno (1 gennaio, 6 gennaio, 25 aprile, Pasqua e lunedì di Pasqua, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 8 dicembre, 25 dicembre, 26 dicembre), è stata approvata una tabella di chiusura per 6 giornate, affidate alla scelta di ogni singola azienda commerciale. Come dire: tutto resta immutato.
Ora la battaglia di Confesercenti si sposta ora al Senato, dove sarà necessario un forte impegno per provocare un vero e proprio “ribaltone”. Intanto il Presidente nazionale Marco Venturi ha inviato al Presidente del Consiglio il Dossier realizzato dall’Associazione, a tre anni dall’entrata in vigore del decreto Monti, che ha reso possibile, dal primo gennaio 2012, l’apertura per 24 ore al giorno in tutti i giorni dell’anno. Intanto ben quattro Consigli Regionali (Veneto, Lombardia, Molise, Umbria) hanno deliberato per indire un referendum sugli orari dei negozi (così come previsto dall’art. 75 della costituzione) per riportare le competenze alle amministrazioni locali.
Uno degli obiettivi fondamentali della liberalizzazione era garantire una maggiore concorrenza delle imprese. Di fatto si è ottenuto il risultato opposto, favorendo la Grande Distribuzione.
L’impatto della deregulation sulle PMI del commercio è stato calcolato dall’Ufficio Studi di Confesercenti ed ha registrato, nel periodo 2012-primi 7 mesi del 2014, una riduzione delle vendite per la piccola distribuzione dell’11,9%: un vero e proprio tracollo. Si sono persi, in due anni, 195mila occupati,di cui 53mila nel comparto del dettaglio. Di questi 24mila sono lavoratori dipendenti e 81mila lavoratori indipendenti (titolari e loro collaboratori familiari).
Alessandria non è da meno, se si pensa che, soltanto nel territorio del Comune capoluogo, dal 1 gennaio al 30 settembre 2014 sono state aperti 74 esercizi commerciali e chiusi 85, con un saldo negativo di oltre l’11%. Se il nostro orizzonte diventa la Provincia si toccano, in alcuni casi, punte anche del 25%.
“Cosa chiede Confesercenti a Matteo Renzi, al suo Governo e al Parlamento?- commenta Sergio Guglielmero, presidente provinciale dell’Associazione- Di elaborare un nuovo progetto legislativo che tuteli le PMI del commercio, per evitare il collasso di tutte quelle imprese con due dipendenti o meno, che hanno giocato un ruolo importantissimo nello sviluppo del nostro paese, ma che la crisi ha reso fragilissime. Noi non siamo difensori di una casta, come dice giustamente Venturi. Noi non chiediamo privilegi. Quello che ci aspettiamo e che il nostro mondo non venga sacrificato senza che il Paese ne tragga beneficio alcuno.”