Nei giorni in cui la Cgil si prepara a scendere in piazza a Roma contro i provvedimenti del Job Act e in difesa dei diritti del lavoro (sabato 25), e in cui anche gli altri sindacati segnalano che, se Renzi non cambia atteggiamento, sarà linea dura (si veda la nostra intervista di oggi con Aldo Gregori, segretario provinciale Uil, e l’intervento di USB), il premier sembra tutto assorbito dal suo ‘fronte interno’, ossia dalle proteste degli amministratori locali di Regioni, Province (tutt’altro che eliminate: sono ancora lì, con tutti i loro problemi e la crescente incertezza) e comuni, per lo più peraltro appartententi al suo ‘partito-Stato’, il Pd. E i suoi compagni di partito appunto, da Chiamparino a Zingaretti, nei giorni scorsi non hanno mancato di segnalare a Renzi, con toni talora morbidi e talora irritati, che a risolvere i problemi ‘scaricandoli’ sulle spalle del prossimo (in questo caso gli enti locali, che si ritrovano a non avere scelta: o licenziano e riducono i servizi, o aumentano ulteriormente le tasse) sono capaci tutti.
Intanto, chi non si accontenta delle veline di regime, ma cerca di guardarsi attorno con occhi disincantati cosa vede? Il maltempo (insistiamo: normali piogge autunnali, certamente intense, ma non il diluvio universale) ha evidenziato che il territorio di casa nostra, come quello genovese peraltro, o della Maremma, è letteralmente devastato, per incuria venti o trentennale. Per cui ora parte la stagione delle frane, delle strade disastrate, di frazioni abbandonate ad un’emergenza strutturale.
E la visita delle autorità regionali e locali sul territorio (“un corteo di suv e auto di grande cilindrata, che hanno solo intralciato i lavori”, ci ha detto chi c’era. Ma naturalmente ci sarà anche chi sosterrà il contrario) è stata tanto tempestiva quanto inopportuna. Da Chiamparino in giù, è meglio che in questa fase la politica (ossia il Pd, giacchè ormai nella stanza dei bottoni i due elementi coincidono) capisca che è il tempo di fare, senza esibirsi. Perchè la sola presenza dell’istituzione (al di là dei meriti, demeriti o neutra insignificanza dei singoli) ormai basta ad irritare, a far partire il rimbrotto di un popolo finora imbelle (e corresponsabile), ma anche stanco ed esasperato.
Ma fare cosa? Si torna a Renzi, e alla tecnica dello ‘scaricabarile’. In un contesto come quello attuale, reduci da almeno un ventennio (fermandoci lì: prima era davvero un altro mondo) di sperperi, cialtronaggine, mancanza di programmazione e di investimenti seri, nessuno può fare il miracolo. E non è con gli slogan ad effetto del premier che fermeremo la discesa: che è lontana dall’essersi conclusa, attenzione. Chi dice “peggio di così non può andare” non immagina evidentemente cosa sia davvero la crisi: per il momento l’Italia è un Paese con il lavoro in fuga, pieno di ‘tirapacchi’ insolventi (a partire da quelli pubblici, e ad Alessandria ne sappiamo qualcosa), ma in cui ampie fasce di popolazione, per fortuna, sono ancora assolutamente benestanti. Ma domani?
Il dramma è però proprio che non si capisce se ci sia, e quale sia, un progetto organico di rilancio vero, di sistema. Smontiamo il vecchio assetto socio politico burocratico (di cui nessuno nega i limiti, le lungaggini, per certi versi anche l’insostenibilità), ma per sostituirlo con cosa? Con un generico liberalismo che diventa nei fatti la legge del più forte, a tutti i livelli? Questo, e nulla di più, ci sembra proporre oggi il renzismo: per di più con un insopportabile slang e approccio giovanilista che finge di ignorare che sta parlando con una popolazione in cui le risorse sono quasi tutte nelle mani di persone di età medio alta. Le quali, militanti del Pd di origine Pci in primis, sono sconcertate e scuotono la testa, dicendoti “io non ci sarò più, ma tra vent’anni vedrai come sarà ridotto questo Paese”. Ecco, appunto: chi tra vent’anni invece (generazionalmente si intende, giacché le sorti individuali non sono mai predeterminate) dovrebbe ancora esserci cosa pensa oggi, e cosa fa o pensa di fare?
I quaranta-trenta-ventenni che idea hanno del loro futuro? Andare alla deriva, cullati dagli slogan ininterrotti e non dimostrati di un nuovo incantatore di serpenti in versione 2.0, oppure esserci, pesare e farsi sentire?
Intanto, buoni ‘tagli’ a tutti!