Può capitare, soprattutto in una città piccola come Alessandria, di incontrare per caso un vecchio amico in un bar, e di scoprire chiacchierando che sta vivendo una bella esperienza, che vale la pena di raccontare perché interessa non un singolo, ma in fondo tutta la collettività. Così è successo con Renato Campolo, che sorridendo sintetizza così il suo impegno di questi anni come insegnante (ma forse anche qualcosa di più) di italiano ai corsi per stranieri del Laboratorio Sociale di via Piave: “una volta andato in pensione non avevo voglia di parcheggiarmi ai giardinetti, non avendo tra l’altro neppure il classico cane da portare a passeggio: e mi sono buttato in questa nuova, splendida avventura”. In realtà per Renato si è trattato di ‘recuperare’ il file rouge della sua giovinezza, caratterizzata dall’impegno politico e sociale negli anni intorno al ’68, nei movimenti della cosiddetta (all’epoca) nuova sinistra, ma anche in un gruppo locale che promuoveva iniziative di aiuto nei confronti dell’Africa, “e cito davvero volentieri due preti veri, che sono stati un punto di riferimento per tanti di noi, ossia don Angelo Campora e don Gianni Cossai”.
La stessa passione Renato Campolo l’ha ritrovata, a partire dal 2009, accostandosi al Laboratorio Sociale di via Piave: “in realtà già conoscevo le loro attività attraverso i racconti di mia figlia. Ma fu un vecchio amico a propormi di provarci, e a coinvolgermi in questa forma di volontariato al servizio di chi più ha bisogno: che nella nostra società sono spesso, appunto, gli stranieri”. Campolo ci tiene a sottolineare che i corsi di italiano del Laboratorio Sociale (struttura polivalente che offre anche molto altro: a partire da una palestra a disposizione di tutti, fino a musica, concerti, ma anche patrocinio legale gratuito e altre forme di supporto e aiuto) sono frutto di un’organizzazione serissima, “per cui chi come me nella vita professionale non faceva l’insegnante ha seguito un apposito corso di abilitazione a Torino, mentre diversi altri amici e diciamo ‘colleghi’ arrivano invece da un’esperienza già di tipo scolastico”. I corsi, che si tengono dal lunedì al giovedì in orario pomeridiano e serale (“abbiamo provato anche con corsi mattutini, ma per ovvi motivi con scarso seguito: ci sono persone che lavorano, e molte altre che il lavoro lo cercano”), raggiungono una platea sempre più vasta: “lo scorso anno scolastico – spiega Renato Campolo – abbiamo accompagnato all’esame per il livello A, diciamo la qualifica elementare, circa 90 persone, e 13 persone invece all’esame di terza media: tutti promossi, ed è stata una bella soddisfazione”.
Ma chi sono i frequentatori dei corsi del Laboratorio? “Tutte persone maggiorenni, e in genere piuttosto giovani, anche se non mancano eccezioni. Va sottolineato che noi apriamo le porte a tutti, non chiediamo documentazione di alcun tipo se non i dati personali per l’iscrizione, e soprattutto naturalmente è tutto assolutamente gratis, compreso quel po’ di materiale di cancelleria che riusciamo a fornire. Se vogliamo provare a fare una fotografia collettiva degli iscritti, ci sono tante persone dell’Est Europa, soprattutto donne, e altrettanto numerosi sono gli stranieri africani: dell’area Maghreb, ma anche Ghana, Senegal, Costa d’Avorio. E poi ragazzi e ragazze del Sudamerica, ma in qualche caso anche dell’America del Nord. E poi i cinesi, che sono bravissimi, determinati, studiosissimi. Dei 90 che abbiamo accompagnato all’attestato di primo livello a giugno scorso, circa la metà erano appunto cinesi: e ricordo con simpatia, ad esempio, alcune ragazze che studiavano al nostro Conservatorio, e venivano ai nostri corsi per imparare la lingua, e soprattutto i numeri, per loro un po’ ostici”.
Naturalmente non tutte le persone hanno lo stesso livello di conoscenza di partenza dell’italiano, per cui il primo passo nel momento in cui si presentano al Laboratorio Sociale per iscriversi ai corsi è ‘testare’ la conoscenza della lingua, scritta e orale. “In questi cinque anni – spiega Renato Campolo – ho avuto studenti e studentesse analfabeti persino nella loro lingua madre, e altri/e invece laureati nei Paesi di origine: per cui naturalmente si cerca di costruire dei gruppi di lavoro il più possibile omogenei”.
Simona Voiculescu è una di queste studentesse: rumena, laureata in psicologia, racconta che “quando sono arrivata in Italia, e ad Alessandria, due anni fa, sapevo dire praticamente solo ciao. I corsi del Laboratorio Sociale mi sono serviti e mi servono moltissimo: e non solo per imparare la lingua orale e scritta (che è comunque fondamentale per cercare di trovare un lavoro), ma perché c’è un clima bellissimo, di amicizia e solidarietà vera tra tutti noi. E non facciamo solo lezioni di italiano: ogni volta che ci sono in città o nei dintorni occasioni per visitare mostre di artisti locali e non o altre iniziative culturali Renato, e altri insegnanti, ci accompagnano, e scopriamo sempre cose nuove”. Magari persino angoli e artisti pressoché ignoti agli stessi alessandrini, verrebbe da aggiungere.
Renato Campolo intanto ascolta e sorride: “Vedi, al Laboratorio Sociale ci sono davvero tutti i colori del mondo, e pur nelle mille difficoltà quotidiane di ognuna delle persone che incontri ti colpisce l’umanità, e la complessità. Ricordo una ragazza araba, che seguiva i corsi con entusiasmo, sempre vestita rigorosamente ‘come una cipolla’, dico io scherzando: ossia con i vestiti tradizionali del suo paese, veli compresi. Conversando, le chiesi una volta quale fosse da loro il ruolo della donna nella vita quotidiana, come vivevano insomma. Ebbene: lì per lì non mi disse nulla, e qualche giorno dopo si presentò con una relazione scritta dettagliata, probabilmente in buona parte ‘dettata’ da qualcuno, ipotizzo. Questo per dire che, anche se insegniamo solo le regole base della lingua italiana, poiché ci rapportiamo a persone adulte, e provenienti da civiltà diverse, è anche un bel modo di confrontarsi a tutto tondo, e serve a capire che oltre al nostro ci sono tanti altri modi di vivere, e di pensare”.
Con l’anno scolastico alle porte, l’auspicio è di offrire a ragazzi e ragazze che frequentano il Laboratorio, oltre ai corsi, anche altre occasioni di aggregazione: “abbiamo una splendida palestra – ricorda Campolo – e vorremmo organizzare, ad esempio, corsi di minibasket: però i canestri sono rotti, e bisognerebbe comprarne di nuovi. Così come c’è il problema del riscaldamento: ci accontentiamo di alcune stufe, ma non ce ne sono per tutti i locali, e d’inverno è certamente un problema: però sperare che qualcuno, pubblico o privato, ci dia una mano di questi tempi forse è utopia”. Chissà…se qualcuno si facesse avanti, farebbe sicuramente un’opera meritoria.
Ettore Grassano