Dopo le profonde digressioni filosofiche ed esistenziali, ritorniamo a parlare di noi Goliardi alessandrini, approfondendo un argomento altamente spirituale: le feste private.
Erano molto rinomate, nell’ambito O.G.A.K.-S.Al. le feste che il Decano del Sacro Collegio e Principe dell’Italica Goliardia, S.E. Anèr Kardinal Prinx, dava nella sua grande ed accogliente casa di Pecetto.
Oltre che dalla solita magna Goliardica cagnara, onnipresente in quelle occasioni, le feste di Anèr erano caratterizzate dall’estrema eleganza dei partecipanti e dalla raffinatezza dei cibi e delle bevande.
Quanti filistei che spesso e volentieri criticavano la Goliardia, si sarebbero prostituiti pur di partecipare a queste feste:
“Cosa ti credi, lo smoking ce l’ho anch’io… mica vi faccio sfigurare!”;
“Tutti noi che frequentiamo il bar ritrovo della Goliardia: abbiamo diritto di entrare alla festa!”
“Siamo colleghi del padrone di casa,” (Anèr era anestesista in ospedale) “per cui possiamo essere invitati!”
Identiche scuse di merda (o di altro analogo materiale) si ripetevano quando organizzavamo dei balli o dei veglioni Goliardici: questi “clientes” (detto alla romana), questi parassiti cercavano sempre di mendicare un biglietto omaggio e, anche in questi casi, come per le nostre feste private, venivano mandati a dare via il culo!
Nella foto “1” si apprezzano una scena presa da un baccanale nella magione di Anèr. Spiccano in questo contesto: il padrone di casa “c” con la consorte “d“, la Contessa di Canossa, “b” Attila il Cruento e, non ultimo “e“, la Matricola ad honorem Cesare (recentemente scomparso) di cui non si può apprezzare il viso, causa un’improvvisa respirazione bocca a bocca da lui urgentemente praticata (la donzella soccorsa e prontamente salvata fu impalmata dal soccorritore tempo dopo!).
Parlando di campane nunziali, si può anche apprezzare “a” la Nostra Pontificale Figura vezzeggiante una leggiadra fanciulla (della bottiglia parleremo fra breve)… povera ragazza non si immaginava il suo tragico destino: diventare qualche annetto dopo consorte di Sua Santità!
Nella foto vediamo come spicchi nella Nostra mano del diavolo, così una volta si definiva la mano sinistra (i religiosi hanno sempre usato la destra per i loro movimenti onanistici), una bottiglia di Grappa Vieux Marc de Chaampagne ormai quasi tragicamente vuota, specie dopo una cerimonia di battesimo che descriveremo tra breve.
Era abitudine Nostra, di Attila, di Gengis Khan e di pochi altri notabili dell’Ordine, allorchè si era invitati a feste od altro, approppriarci di una bottiglia, ovviamente vergine (molto più facile da trovare in cotesto stato di una dolce pulzella) di un licore a noi caro e di porre sull’etichetta la nostra praeclara firma. Da quel momento la bottiglia era di esclusiva proprietà del firmatario e cazzi, mazzi, anatemi et atrocità avrebbero straziato chiunque avesse osato solo sfiorare quel contenitore tabù! La bottiglia, dopo aver causato orgasmi gustativi alle papille del solo padrone, si sarebbe svuotata nell’arco della festa…
La foto “2” immortala un’altra scena della stessa festa, questa volta pubblicata dal giornale alessandrino “IL PICCOLO”, fin dall’inizio fedele cronista della Res Goliardica alexandrina.
Non si capisce cosa faccia una candela (“a“) in mano Nostra (avendone una ben più possente a disposizione…); Attilla ed Anèr bevono, mentre Cesare guarda timoroso la fiammante (era rossa) candela reputandola forse una sua futura supposta…
Che bello vedere dei giornali pubblicare queste belle foto di divertimento sano e spensieratezza… tutti noi ne abbiamo piene le sacre sfere (intese sia come gonadi maschili che femminili) dei soliti visi penieni o anali dei nostri peneamati politici sia locali che nazionali!
Tiremm innanz, che è meglio!
La foto n° “3” ci mostra una parte del gineceo festaiolo dedito alla preparazione di superbe leccornie: oltre alla Contessa di Canossa (“a“) (la padrona di casa) ed alla futura consorte (“b“) del Pontifex Maximus nel gruppo c’è anche una persona che in futuro sarebbe diventata Direttore della più prestigiosa Biblioteca Pubblica italiana.
Nella foto “4” si contempla il Battesimo di Cesare quale Matricula ad honorem….
Belen! Belen! Belen! Io ce l’ho lungo!
Io ce l’ho più lungo!
Misuriamolo!
Col metro!
(Era doveroso salmodiare un sacro mistero!)
Cesare (“e“), in ginocchio, che ha già ricevuto il battesimo da Sua Santità (“a“) e da Attila (“b“), viene battezzato da Anèr… in trepidante attesa (“d“) Fra’ Casso Imeneo, Marchese di La Potte, Cardinale Inquisitore, attende il suo turno.
Il licore impiegato per impartire questo solenne sacramento è la grappa proveniente da ciascuna bottiglia personale vergine prima firmata dagli officianti.
La foto “5” esula dal contesto fino ad ora visto: è un disegno di tale Albizi, che risale al 1925, tracciato in occasione del “Ludus Matricularum Genuensis” in cui viene sottolineato un aspetto cronico di tutti i Goliardi di sempre (non sappiamo come sia oggi): la cronica, assoluta, parossistica, sempiterna mancanza di soldi!
Ecco perchè i Goliardi si sono sempre dati da fare con tutti i lavori e lavoretti possibili (questue comprese) ed immaginabili per raggranellare qualche spicciolo, ecco perchè la Goliardia è pure stata una maestra di vita nell’insegnare ai suoi Figli che non esisteva solo l’assegno di papà (ovviamente per chi se lo poteva permettere)!
N.P. Un “nota pene” importante.
Abbiamo nominato in queste righe la Contessa di Canossa ed il Cardinale Fra’ Casso Imeneo Marchese di La Potte; ricordiamo il Granduca di Parma Templar LXIX e tanti altri Goliardi che si fregiano dei titoli nobiliari voluti dalle leggi, dalle consuetudini, dalle tradizioni dei loro Ordini.
Molti filistei reputano ridicolo, senza senso e fuori dal tempo tutto ciò, però si ostinano (la televisione ne è un significativo esempio) ad etichettare questo o quel più o meno squallido personaggio con conte, barone, marchese, principe ed altri titoli del cazzo che da quando, grazie agli Dei, questo Stivale è diventato repubblica, non hanno più alcun valore. A questo punto lo possiamo dichiarare con orgoglio che lo stemma con le sei palle o con la manina rampante su pene altrui, ha lo stesso significato legale e per noi anche morale del nostro “Nunc et semper chiave – remo”!