di Pier Luigi Cavalchini
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La lettura della breve lettera agli iscritti, fatta pervenire dalla segreteria del premier Matteo Renzi a tutti gli iscritti del Partito Democratico italiano e diramata immediatamente via web un po’ ovunque, con ovvie riprese sui giornali di mezz’Europa, pone più di un interrogativo e preoccupa per come è scritta e anche per come è “costruita”.
Si tratta, infatti, proprio di una lettera di Matteo, scritta di suo pugno tra un volo e l’altro prima di una telefonata al segretario della Merkel e appena dopo il saluto di rito al figlio. Un inatteso segnale di aiuto che, proprio perché frutto di una reazione istintiva (a cosa, lo vediamo dopo), gela il sangue in tutti coloro i quali si facevano scudo del “quarantuno per cento” e, tranquilli , continuavano le loro operazioni di sempre. C’è qualcosa che non va e, purtroppo per loro, questo intervento lo segnala a chiare lettere.
Per intanto crea scompiglio (dentro e fuori il PD) l’attacco durissimo sferrato “alla vecchia guardia che a volte ritorna”, quella capace – secondo il premier – di produrre solo chiacchiere e congressi inconcludenti invece di provare a risolvere i problemi. Una esternazione non nuova ma che raramente aveva raggiunto toni così forti e diretti. Il tutto condito, so che il verbo è “brutto” e “dispregiativo” ma ritengo tutta la lettera non degna del momento che stiamo attraversando, con vaghi riferimenti alle prossime riforme di scuola, sistema elettorale, giustizia ed economia. Non proprio delle promesse, quelle sì ci avrebbero confortato facendoci ritrovare il Matteo di sempre ma, per la prima volta, delle enunciazioni vaghe, quasi delle giustificazioni non richieste.
Addirittura si arriva all’autocritica affermando, candidamente … ma forse solo perché nella foga non si è riletto il testo buttato giù alla veloce, che il problema è “suo” (di Matteo Renzi, neanche della maggioranza, solo suo) poiché non ha saputo veicolare bene, tramite media e altri strumenti più o meno tradizionali, ciò che si è fatto di buono.
A lettura terminata, d’altra parte, si percepisce la vera entità del problema, che andrà ad ingigantirsi con le prossime richieste (anche della sinistra PD) di revisione sostanziale del “Jobs act” o, ancor più direttamente con una “Cottarelli due”che, a breve, inchioderà il governo e Renzi ai duri numeri del debito pubblico e del declino industriale italiano.
Certo, l’idea era un’altra… Mantenere in piedi un “accordo fra amici” con Cicchitto, Casini, Alfano e Lupi, portare a termine – con i voti anche del centro destra – alcuni “lavori in corso” non più gestibili altrimenti (dalle “grandi opere”, alle varie linee TAV, per arrivare fino ad alcune privatizzazioni delicate e alla gestione di EXPO 2015) puntando sulla velocità e sul “dato di fatto”. La lettera in questione ci dice chiaramente che qualcosa si è inceppato, che “Speedy Gonzalez Renzi” non è filato abbastanza veloce e che i martelli dei “gattoni” di turno hanno colpito in più punti, sicuramente sul “codino” ora fermo – e dolente – più che mai. Così, da elemento di contorno, attaccato giusto dietro il carro che corre, improvvisamente si trova ad avere nuova forza l’organismo dirigente del Partito Democratico, mai come in questo momento fermo (come il “codino” di cui sopra) a chiedere conto di cosa si è veramente fatto in questi mesi, di cosa si è detto e promesso al mitico “Nazareno”, dando ancora fiducia – presumibilmente – a Matteo ma, per la prima volta, a condizioni ben precise e delimitate dalla discussione collegiale.
Forse Matteo Renzi aveva interpretato le elezioni primarie come un “pieno” di carburante regalato “per fiducia” al guidatore, con la sicurezza che avrebbe imbroccato tutte le strade migliori. Così non è stato, e non poteva essere diversamente. Ora non resta che attendere il miracolo dell’eliminazione dai tavoli che contano di Berlusconi, Verdini, Brunetta e di tutti gli altri figuri del Centro Destra che ancora dettano legge perché, continuando a discutere e a confrontarsi con loro (sempre per quel pacchetto di duecento voti ora indispensabili) la fine di Renzi è segnata. Può sperare in un nuovo Centro Destra rinnovato (verrebbe da dire “di stile europeo”) ma, oltre a non poter giocare carte su un tavolo che non è suo, deve stare attento a non incappare in qualche scacco sul tavolo – suo proprio – del centro sinistra. Altri “gattoni con martelli” sono in agguato, da quelli in “buona fede” con proposte e soluzioni sensate a quelli del “tanto peggio tanto meglio”, quindi – visto che il Presidente del Consiglio in quanto tale è nell’indirizzario del presente giornale on line – ci aspettiamo non lamentazioni e reazioni isteriche ma la semplice verità. A quando un … “sto cercando di cambiare, mi appoggio sul buono e sul cattivo che ho ereditato e cerco di sopravvivere, metto – o almeno, vorrei mettere – le premesse per una prossima tornata elettorale dove io guiderò un’alleanza di centro-sinistra riconoscibile per contenuti e idee in alternativa ad un’altra maggioranza, possibilmente fatta di persone rispettabili, con progetti e proposte di centro-destra così come in ogni altra nazione moderna”. E’ chiedere troppo? Soprattutto chiediamocelo noi fin quando il “debito pubblico” ed una “congiuntura” ce lo permeteranno. Dopo, neppure un “governissimo di illuminati”, ammesso che esista, ci porterà fuori dalla melma.