Ciao sempre più repellente e poco amato pubblico di lettori di queste alate pagine elettroniche!
In questa puntata non commenteremo fotografie né narreremo magici et sacri fatti capitati a Noi ed al nostro Ordine svariati ani fa e, anche se nessuno ci costringe a farlo (vorremmo ben vedere!), vogliamo, nella nostra infinita bontà e nella nostra arcinota umanità, giustificarne il perché:
“Perché ci girava di fare così! Per cui non rompete i pontificali zebedei!”
Avevamo parlato l’altra volta, a proposito degli intervenuti alla Magna Goliardica Cagnara all’Ambra, della Confoederatio Italicae Goliardiae, di cui si può apprezzare nella foto n° 1 l’artistico quanto maestoso timbro, opera delle mani fatate del Principe dell’Italica Goliardia e Pontifex Maximus del S.O.T.C.a.P di Torino, il compianto Johannes VI Anagnostata.
Che cos’era dunque questa Confoederatio?
Lo dice la parola, amati lettori, proprietari di cervella destinate all’ammasso, era una Confederazione degli Ordini Goliardici tra i più potenti dello Stivale e, precisamente (come si evince dagli stemmi presenti nella foto 2):
– il Sacrum Regnum Longobardorum di Pavia,
– la Sacra Goliae Conphraternita di Milano,
– il Kaliffato di Al-Baroh di Genova,
– il Dogatum Genuense di Genova,
– il Ducatus Parmae, Placentiae, Guastallae, Lunigianae et Terre limitrophae di Parma,
– il Granducato di Matutia di Sanremo,
– la Legione dei Cavalieri Erranti del Tigullio di Rapallo,
– Il Supremus Ordo Taurini Cornus atque Pedemontanus di Torino
e, non ultimo, l’Ordo Goliardicus Agae Khanis – Supremus Alexandriae.
Gli Ordini membri (più che virili) ed i nobili Goliardi che facevano parte della Confoederatio formavano un tutt’uno contro qualunque avversità di tipo Goliardico (anche Santa Madre Goliardia coltivava delle serpi… piccole, vigliacche, verminose, viscide, ma sempre serpi… in seno) e filisteo. Non è escluso che ancora oggi qualcuno, non tanto filisteo quanto ex goliarda (l’iniziale, in questo caso, non può che essere minuscola), leggendo queste righe, subisca un travaso di bile…
La foto n° 3 mostra una delle prime pagine di una spirituale pubblicazione di fine ani ’60 “I canti Goliardici“, opera che, nei prini ani ’70, in una seduta straordinaria post finem del Concilio VaticANO II, fu scelta dai Padri Conciliari come testo divulgativo del “De propaganda Fidei” ed alcune sue illustrazioni, le più sacre, furono inserite nei “Libri d’ore” delle MONAche Arrapantine, Squillarelle e Penetrate.
L’illustrazione presente nella pagina in questione è ricca di intensi significati metaforici: il mega pene raffigurato viene associato, e quindi divinizzato, deizzato, al Sommo Pene agostiniano, verso cui sono finalizzate le azioni umane.
In tempi più moderni questo colossale torcianaso (per i non alessandrini: sempre pene) è identificabile col successo, alla cui scalata tanti e tante si cimentano, ma che pochi riescono a raggiungerne il vertice.
I soliti benpensanti, i soliti baciapile saranno scandalizzati a queste parole ed a queste immagini, ma, come ho già avuto modo di dire svariate volte, si guardano bene dal criticare i loro leaders politici o i loro pastori di anime, rei, magari, di molto peggio!
Sicuramente lanceranno nei nostri confronti anatemi senza ritorno o pregheranno i loro dei affinchè la nostra anima sia dannata per l’eternità… non si preoccupino questi sepolcri imbiancati, è da tempo che la nostra anima è dannata e che sappiamo di essere destinati agli eterni tormenti delle bolge infernali… ma, come diceva Mark Twain “… forse il clima non sarà dei migliori, ma la compagnia sarà di gran lunga più interessante…”!
E poi, parliamoci chiaro il sesso, dal punto di vista prettamente Goliardico, non ha nulla di osceno, di pornografico o pornofonico, di sporco (quello portato avanti privatamente in un’alcova, in un pagliaio, contro un albero, sopra un biliardo, in un’utilitaria, ecc., è un altro paio di maniche…).
Diceva uno dei padri spirituali della Goliardia italiana, Enrico De Boccal, vissuto nella prima metà del ‘900: “Tutto ciò che è legato al sesso, se riportato in maniera sfrenata ed esasperata, perde il suo valore erotico e si trasforma in un simpatico pretesto per una sana risata!” (foto n° 4).
In altre parole, se noi citiamo un pene di due decimetri e più di lunghezza, subito facciamo pensare a misure siffrediane, con tutto ciò che di morboso ed erotico ne può seguire, ma se invece parliamo di un individuo dotato di due metri di pene o di una donna con una vagina che potrebbe ospitare la metropolitana milanese, ecco che il risultato sarebbe uno solo: un’omerica risata!
Siamo però convinti che quanto abbiamo espresso non convincerà mai i bigotti khomeinisti, le persone caratterizzate da imeni (purtroppo anche mentali… indubbiamente le più pericolose!) in acciaio temperato, i cronici sniffatori di incenso…
Ebbene, proprio per loro pubblichiamo la foto n° 5: lasciamoli sperare… chi vive sperando, muore…