In questi giorni i riflettori sono puntati soprattutto sui conti della Provincia, e sull’impossibilità di garantire, nei prossimi mesi, anche i servizi più essenziali (dalla manutenzione delle strade, alla spalatura in caso di nevicate, all’edilizia scolastica). E Gianfranco Comaschi, che all’interno della giunta Filippi ormai in proroga (e di prossima scadenza con le elezioni del prossimo 12 ottobre) ha ricoperto il delicato ruolo di ‘uomo dei numeri’, sembra quasi ‘sollevato’ all’idea di passare la mano: “di ricandidarmi non ci penso neppure, e che sia impossibile gestire un ente a fronte della mancanza assoluta di risorse lo stanno sottolineando in tanti, a partire dal commissario della vicina Provincia di Asti”. Al contrario, Comaschi si illumina se si parla di rilancio del Monferrato, e del percorso dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, di cui è presidente da alcuni mesi, ma della quale ha condiviso tutto il percorso pluriennale, che ha condotto nei mesi scorsi all’importante riconoscimento conferito a questi territori da parte dell’Unesco a Doha: “ma questo – sottolinea Comaschi – deve essere solo l’inizio del percorso: il punto di partenza su cui davvero costruire il futuro non del casalese, o dell’acquese, e neppure della provincia di Alessandria: ma di una porzione ampia di Piemonte, il Monferrato, che deve imparare a pensarsi in maniera unitaria”. Proviamo allora a capire come, attraverso quali strade, e puntando su quali priorità e risorse.
Presidente Comaschi, ora che il Monferrato, grazie ai suoi infernot, è Patrimonio dell’Umanità, grazie al riconoscimento Unesco, che succederà?
Questo dipende in gran parte da tutti noi, che in questa partita abbiamo avuto e ancor più dovremo avere un ruolo in futuro. Volendo semplificare un po’, diciamo che in questa prima fase, durata peraltro diversi anni, sono state le istituzioni pubbliche a svolgere un ruolo trainante, e non poteva essere diversamente. Ora credo che alla mano pubblica, e soprattutto all’Associazione che presiedo, tocchi il compito di continuare a gestire la cornice, creando le condizioni perché i privati possano operare, e offrendo un supporto in termini di competenze che ci sono nei nostri enti (penso soprattutto al know-how che hanno saputo esprimere le tre Province di Cuneo, Asti e Alessandria). Ma sono le aziende, gli imprenditori ha dover ora prendere in mano la situazione, mostrando di crederci, e investendo per il rilancio di tutto il Monferrato.
Che peraltro è sempre stato concetto controverso, oggetto di non poche gelosie, e rivalità interne…
Ecco, quelle vanno decisamente archiviate, e mi pare che, se pensiamo a quale fu la situazione per diversi decenni, in questi anni passi in avanti se ne siano fatti molti. Nel senso che oggi davvero, confrontandomi con amministratori locali e rappresentanti dell’associazionismo d’impresa, percepisco una sensibilità nuova. I sindaci dell’acquese, per dire, sono desiderosi di collaborare con Nizza e Canelli, e viceversa. E anche la rivalità tra alto e basso Monferrato non ha più ragione di esistere, così come dobbiamo smettere di concepire le Langhe Roero come un rivale. La carta che l’Unesco ci ha messo in mano è straordinaria, unica: si tratta di far conoscere un territorio ampio, ricco, diversificato, ad una platea non più regionale,e neppure solo italiana, ma europea e mondiale.
In questo processo, quanto può pesare l’Expo ormai alle porte? E saremo pronti, o ci faremo cogliere ancora una volta impreparati?
Pronti dobbiamo esserlo, e dipende soltanto da noi. Expo porterà a Milano milioni di visitatori, e il Monferrato è davvero ad una manciata di chilometri, e certamente deve intercettare questi flussi turistici. Ma Expo è un evento che dura alcuni mesi, dobbiamo sfruttarlo come occasione, senza però focalizzarci su quello. Vede…(Comaschi prende un foglio bianco, e disegna alcune linee mentre ci spiega la sua visione), Tortona, Acqui e Alba sono una direttrice importante, da valorizzare con una strategia unitaria. Tortona e Ovada, in particolare, sono porte di accoglienza su altrettante regioni, mentre Acqui Terme, e sottolineo Terme non a caso, è un territorio con delle potenzialità eccezionali, sul piano enogastronomico ma anche appunto del turismo sanitario e curativo, che sta a noi far decollare. E poi, naturalmente, c’è il Monferrato casalese: un altro autentico gioiello, in cui il vino può essere il biglietto da visita che consente di far decollare tutto il resto, dal turismo all’edilizia.
In mezzo, tra alto e basso Monferrato, c’è una piana depressa, chiamata Alessandria: solo una palla al piede?
(sorride, ndr) Mettiamola così: Alessandria è il baricentro, perché collega geograficamente alto e basso Monferrato, e perché naturalmente è il capoluogo di provincia. Credo quindi che il processo di rilancio del territorio intrapreso attraverso l’Unesco possa essere un’opportunità importante anche qui. Anche se è innegabile che Alessandria sembra accorgersene poco, almeno per ora.
Che ruolo possono giocare, in questo processo di valorizzazione del territorio, le enoteche regionali?
Importantissimo: le enoteche regionali attive sul territorio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato sono complessivamente sette, tra cui due in provincia di Alessandria: Acqui Terme e Vignale. E per fortuna le enoteche (queste che sono pubbliche, ma anche quelle private) fanno già sistema, e offrono tutti i migliori vini del Piemonte, non solo quelli sotto casa.
Gli infernot sono un patrimonio straordinario, e caratterizzano tanto il Monferrato casalese, quanto almeno in parte anche l’acquese e ovadese. Ma da soli bastano? I sindaci dei piccoli centri dicono: “per andare da un infernot all’altro ci vogliono le strade….”
Capisco il senso della battuta, ed è chiaro che il territorio per crescere ha bisogno anche di investimenti in infrastrutture, mentre le risorse di molti enti, a partire dalle province, sono praticamente zero. Ma ci sono anche altri aspetti: ci sono anche aree che agli infernot non ci hanno mai creduto, ad esempio. Sbagliando, oggi credo sia evidente. L’importante adesso è renderli il più possibile fruibili, e costruire attorno agli stessi un’offerta ampia, e una politica di accoglienza.
Ma lei, presidente Comaschi, come se lo immagina il Monferrato tra dieci anni? Una scommessa vinta, anche grazie al riconoscimento Unesco, o l’ennesima occasione perduta?
Io ci credo, fermamente. E percepisco attorno a me, negli incontri che faccio continuamente con amministratori e soggetti privati, Ma bisogna lavorare tanto, e senza assurde rivalità interne. Ripeto: o si decolla tutti insieme, mettendo davvero in moto il sistema Monferrato, o rimarremo qui a contemplare il nostro declino. Comunque sì: tra dieci anni sono convinto che il Monferrato sarà una scommessa vinta, e l’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato potrà svolgere un ruolo importante anche nelle prossime tappe del percorso.
Ettore Grassano