Di trasporto pubblico Daniele Coloris si occupa praticamente da sempre, e non solo per ragioni professionali (è capostazione presso Rfi-Trenitalia), ma per passione e scelta. Più volte abbiamo pubblicato sue riflessioni sul tema, e nei giorni scorsi lo abbiamo incontrato proprio nella sua veste di responsabile provinciale Trasporti del Partito Democratico, anche se in consiglio comunale ad Alessandria si occupa specificamente d’altro (è presidente della commissione Sicurezza e Ambiente: altro settore per nulla di semplice gestione). Da Atm al consorzio Scat, fino ai trasporto su rotaia, il filo conduttore in questi anni sembra essere uno solo: quello dei tagli delle risorse, e conseguentemente dei servizi. Senza che, peraltro, il trasporto pubblico locale sia mai stato reso più efficiente e moderno, tutt’altro. Con Coloris proviamo allora a capire se esistono vie d’uscita realisticamente percorribili, e quali sono.
Presidente Coloris, partiamo da una valutazione generale: il trasporto pubblico locale è ovunque mal messo come in Italia, e non resta che rassegnarsi allo stato presente delle cose, o esistono modelli diversi, e funzionanti?
Strade e modelli diversi, all’insegna di una maggiore efficienza, esistono e sono percorribili, e basta guardare ad alcuni Paesi europei anche non lontani da noi. Ma con una premessa: è illusorio, a mio avviso ma soprattutto guardando ai dati, pensare ad un trasporto pubblico che, sul piano delle risorse, sta in piedi da solo, in base a leggi di solo mercato. Anche in Inghilterra, che ha un modello di gestione sicuramente avanzato e moderno, il rapporto tra costi complessivi e incassi si aggira intorno al 50%. Che naturalmente è diverso dal 33% di media italiana, e dal circa 25% di Atm, per guardare a casa nostra. Mentre, ad esempio, GTT a Torino arriva al 40%.
La differenza, in tutti i casi, la mette la mano pubblica dunque. Che però si sta ritraendo sempre più…
Questo è il grande problema, oggi. I tagli di risorse (limitandoci ad esaminare il caso Piemonte) negli ultimi anni sono stati tali, da portare quasi alla paralisi, o comunque a tagli indiscriminati, sia nel trasporto su gomma che su ferro. Eppure investire in un sistema di trasporti efficiente, che eroghi servizi di qualità, e innalzi il livello complessivo di un Paese e di un territorio, rimane una sfida irrinunciabile. Da questo punto di vista, c’è un disegno di legge, di cui tra l’altro è primo firmatario il senatore del Pd alessandrino Daniele Borioli, che propone una riforma e un riordino della disciplina in materia di trasporto pubblico locale e regionale. Speriamo possa essere un passaggio decisivo verso il futuro del comparto.
Parliamo di casa nostra, partendo dal caso più emblematico e drammatico, ossia ATM. Come se ne esce?
(sorride, ndr) Avessi la ricetta risolutiva, l’avrei già proposta. Ma anche lì, ragioniamo sui numeri. Nel 2013 in realtà un’inversione di tendenza, sul fronte del rapporto tra costi e ricavi, c’è stato, con il recupero su base annua di circa un milione di euro. Ma nel frattempo il taglio complessivo dei contributi comunali, regionali e statali è stato di circa 3,7 milioni di euro. Ora si parla di ricerca di un partner forte, e vedremo nelle prossime settimane cosa questo potrà significare. Sicuramente però, che il partner sia GTT (il comune di Torino è già socio di minoranza di ATM) o altri, bisognerà mettere manonuovamente al piano industriale…
Anche perché i dipendenti di ATM, pur scesi di una decina di unità negli ultimi due anni, sono ancora tra i 220 e i 230: francamente uno sproposito incomprensibile, se pensiamo ai servizi erogati….
La strada lì non può che essere duplice: da un lato riconversione del personale verso le attività che più sono necessarie, autisti prima di tutto. Dall’altro lato ridisegnare i criteri del servizio. Ma approfittandone per rilanciare il trasporto pubblico alessandrino su gomma, non per affossarlo. E lì è il comune che, in primis, deve saper dare indicazioni, che coinvolgono anche il nuovo Piano del Traffico. So che l’assessore Ferralasco ci sta lavorando.
Alessandria in effetti ha due caratteristiche: è un comune molto vasto (più di Torino, addirittura), ma è anche una città che, in centro, ha un traffico e una difficoltà di parcheggio notevole, per essere di piccole dimensioni…..
Infatti credo che si debba rivedere l’intera logica delle linee di ATM. Che oggi, in autobus, ci vogliano 45 minuti dal Cristo all’ospedale, per fare un esempio, mi sembra un po’ troppo. Così come, sempre al Cristo, ci sono vie in cui, tra zona 30, divieti vari e auto la circolazione dei vecchi autobus è davvero complicata. In centro, invece, a me personalmente parrebbe sensato pensare ad una drastica riduzione dell’uso dell’auto. Ovviamente però con la possibilità di un trasporto pubblico efficiente, accanto all’uso di biciclette, e al potenziamento di zone pedonali.
Altro grande problema di ATM è un parco mezzi assolutamente preistorico: come testimoniato anche da problemi recenti…
Per fortuna sono in arrivo 10 mezzi nuovi, che sul totale di circa 90 autobus non sono pochi. Certamente però non basta, e all’interno del progetto di rilancio e del nuovo piano industriale andrà previsto anche questo aspetto: naturalmente tutto ciò in rapporto ai nuovi traguardi che ATM si proporrà di raggiungere.
Guardando al resto del trasporto pubblico provinciale su gomma, non è che lo scenario sia molto più roseo: anche lì la litania dei tagli è ormai una costante….
Però non è vero che tutte le aziende siano state gestite con la stessa leggerezza di ATM, e che siano mal messe allo stesso modo, per fortuna. Semmai lì il problema è che la logica di muoversi verso una gestione unitaria del trasporto provinciale su gomma, avviata nel 2009 con la nascita del consorzio Scat, non è di fatto mai andata oltre ad una redistribuzione di risorse (anche lì sempre più scarse, peraltro) tra i diversi soggetti che compongono il consorzio stesso.
L’altra metà della luna, nel trasporto pubblico, è costituita dalle rotaie, ossia dalla galassia Fs, RFI e così via. Pochi sanno peraltro che, nel comune di Alessandria, di stazione ferroviarie ne abbiamo diverse: ma tutte piuttosto trascurate, a partire da quella principale…
Anche lì, ci si lamenta tanto dei tagli al trasporto locale, ma Trenitalia da quel punto di vista si adegua alle direttive, e ai finanziamenti, regionali. E niente vieta di pensare ad un ripensamento della rete, e soprattutto ad una riorganizzazione delle periferie….
Partiamo dalla stazione Fs di Alessandria, e dintorni, intesi soprattutto come parcheggi. Dovremmo essere uno snodo primario ma…non siamo un po’ in abbandono?
(sospira, ndr) Ci lavoro come capostazione, conosco la realtà. Che non è tutta così nera, qualcosa si muove. Finalmente, ad esempio, dovrebbe essere in via di risoluzione il problema dell’accesso ai binari per le persone in carrozzina, grazie all’apertura di appositi ascensori: fino ad oggi, a chiamata, ci ha sempre pensato il personale Fs. Però naturalmente sussistono anche altre necessità, a partire da un sistema di parcheggi un po’ più moderno e funzionale, e dalla realizzazione di un Movicentro che è ormai realtà in tutte le altre città della provincia, e rappresenterebbe una risorsa importante anche per Alessandria: si parla dell’area centrale del parcheggio Tiziano, vedremo. Altre aree che potrebbero essere adibite a parcheggi, con opportuni sottopassi o navette, sono i terreni di proprietà delle FS in zona Cristo-Scalo Ferrovie. E poi non scordiamoci che sul terreno comunale le stazioni ferroviarie periferiche sono diverse, e assolutamente sotto-utilizzate. Le più ‘vive’ rimangono senz’altro Spinetta e San Giuliano, dove fermano i treni della linea per e da Tortona-Voghera. Ma a Valmadonna fermano invece pochissimi treni, e a Cantalupo addirittura nessuno: con il paradosso che lì, tranne che di notte, c’è ancora anche il personale con i diversi turni, per una serie di necessità tecniche. Mi chiedo se questa rete di stazioni minori (ma anche Cabanette e San Michele, dove non ci sono stazioni ma i treni potrebbero comunque effettuare delle fermate) non si possano utilizzare per mettere a punto un sistema di trasporto locale su rotaia, adeguatamente integrato al servizio bus. Ottimizzando l’esistente, senza stravolgimenti o aumenti di costi, e anzi magari addirittura risparmiando.
Poi c’è lo scalo merci, presidente Coloris: per Alessandria ormai da tempo una battaglia persa, ma che brucia, sul fronte della logistica..
E’ una struttura oggi utilizzata, al più, al 20% delle sue potenzialità, in effetti: ci arrivano, via Ovada, i container del porto di Genova che per ragioni di dimensioni non possono andare altrove, e i container della raffineria di San Nazzaro, in Lomellina. Ma quello di Alessandria rimane lo scalo merci più grande e strutturato della provincia per cui, al di là dei campanilismi e anche magari di alcune responsabilità sul piano della mancanza di proposte, credo che le potenzialità ci siano. Non solo il Terzo Valico, ma soprattutto il raddoppio della linea oggi ad un solo binario che da Genova smista le merci verso Milano e Torino potrebbero avere ricadute importanti su Alessandria. Rimango convinto che il futuro vedrà sempre più una crescita del trasporto merci su rotaia, rispetto a quello su gomma, per cui certe infrastrutture torneranno per forza di cose ad avere un ruolo strategico.
Ettore Grassano