La classe media e l’asticella della felicità [Controvento]

Felicitàdi Ettore Grassano

 
L’altra sera un amico mi spiegava: “se vendiamo tutto tra mia moglie ed io un milione e mezzo di euro li tiriamo su: e il sud America potrebbe essere una buona soluzione. Sai, bisogna pensare ai figli: qui che futuro possono avere?”. Avrei voluto chiedergli: “sì, ma vendere a chi, scusa?”, però non ho avuto il coraggio.

Un altro amico, ieri su facebook, teorizzava non senza ragione la necessità di ‘abbassare l’asticella della felicità’, o meglio di tararla su parametri non legati al nostro essere consumatori. D’accordissimo, anche perchè personalmente l’ho sempre fatto, in netto anticipo sui tempi. Anzi, pure quando era assolutamente fuori moda.

Insomma, mentre il Papa (che è rimasto l’unico vero maître à penser soprattutto dei non credenti, fateci caso: lo citano ad ogni piè sospinto, secondo me abusando) ci ricorda che la terza guerra mondiale è già in corso da tempo, la classe media italiana finge di riflettere su improbabili vie di fuga, ma nei fatti appare assolutamente imbelle, rassegnata al proprio declino storico. E questo è davvero insopportabile.

Peggio: a fare questi discorsi sono in realtà in genere persone che veleggiano verso i cinquanta, figli del ‘boom’ economico nati negli anni Sessanta, che hanno il privilegio di vivere la doppia esperienza: l’ascesa sociale percepita dall’infanzia all’età adulta, e la netta sensazione di doversi apprestare a decenni, invece, di progressivo impoverimento.

Ma i ragazzi invece dove sono, che dicono, che pensano? C’è chi sostiene che i giovani in Italia sono pochissimi, e così anestetizzati da non rappresentare sostanzialmente nulla: nè un movimento di opinione, nè un progetto generazionale. Al più tentano la fuga all’estero, travestita da progetti individuali. Anche se vorrei capire quanti lo stanno facendo con i soldi di mammà, e cosa succederà quando questi finiranno. Certamente un Paese in cui i 20-30enni tacciono, accettando in silenzio che qualcuno apparecchi per loro il tavolo del futuro, non ha granchè da dire, o da sperare.

E forse allora davvero, prima di scatenarci in rigurgiti razzisti dovremmo riflettere sugli stranieri ‘buoni’ che si muovono attorno a noi, nella quasi ‘invisibilità’. Ossia non la minoranza rumorosa di delinquenti, spacciatori e ladri che, semplicemente, andrebbe portata in alto mare e là salutata senza rimpianti, ma le tante persone perbene, povere e dignitose (e, loro sì, con tanti bambini!) che fanno i salti mortali per comprare ai figli i libri, le medicine, magari una bicicletta. Quei ragazzi lì, che hanno tutto da conquistare e da costruire, sono l’unica vera speranza di questo Paese, oggi. Il resto è spazzatura, rassegnamoci: la classe media italiana sta morendo (e non merita troppa solidarietà) non perchè derubata dei propri soldi, ma perchè non ha più sogni e progetti, e vive solo nel terrore di perdere un benessere fatto per lo più di consumi da poveri stronzi. O almeno da grandisissimi pirla.