Siamo solo alla fine [Il Flessibile]

caruso_copertinadi Dario Caruso.

Ci sono segnali evidenti che enunciano la fine di un’era antropica.
Siamo agli strappi finali di un rotolone di carta igienica, l’ultimo, quello che si cerca di far durare a lungo utilizzando ogni angolo e sapendo che non è possibile acquistarne uno nuovo.

In questa settimana tutte le testate giornalistiche mondiali hanno scritto molto di Robin Williams e del suo suicidio snocciolando la nutrita filmografia di cui il 63enne attore americano è stato protagonista.
Non esiste una sua pellicola (comica o drammatica) che non abbia lasciato traccia, un messaggio positivo, una risata, un sorriso amaro, una lacrima, un moto di compassione, un pianto, un’emozione, qualcosa insomma.

robin_williamsLo so; già è facile mitizzare un prodotto hollywoodiano; ancor più facile quando la fine avviene prematuramente e con queste modalità.
Ma io non riesco a ricordare un momento della mia vita – dai dodici/tredici anni a ieri – senza un anche lontano riferimento a quell’istrionico volto carico di vera umanità.
Ci sono parenti che distano anni-luce e sconosciuti che ti sono al fianco.
Quando muoiono i primi fingi di dispiacerti, quando accade ai secondi fingi di non soffrire.

Quando un personaggio pubblico come Robin Williams decide di farla finita sorge spontanea una domanda (certamente poco flessibile…): se anche lui non vede la luce in fondo al tunnel, chi riuscirà a vederla?

PS: scusate se mi sono permesso di parafrasare il recente titolo del “Citazionista” Andrea Antonuccio. L’impressione però è che i due pezzi appaiano lontani ma non lo siano per nulla. Grazie.