Ho appreso da una pubblica affissione che è in svolgimento, dal 10 al 16 Agosto il “Ferragosto Incisiano a Borgo Madonna”, una località del Comune di Incisa Scapaccino (AT). Tra appuntamenti enogastronomici, astrofili, sportivi, musicali, danzanti si festeggia la settimana ferragostana, come si fa in svariati luoghi in giro per l’Italia.
Purtroppo questa festa si macchia di ciò che forse Incisa Scapaccino considera un fiore all’occhiello ma che in realtà non è altro che uno degli innumerevoli aspetti dello sfruttamento animale: la “Tradizionale fiera del tacchino, del bestiame e delle macchine agricole” con esposizione di tacchini, bovini, ovini, equini e macchine agricole, tutti insieme appassionatamente, come a indicare che il valore di animali e macchine, in fondo, non e poi così diverso.
Sul manifesto si legge: “In occasione della fiera, il Comune mette a disposizione un camion per il trasporto degli animali. Inoltre ci sono premi per i partecipanti “a capo”, “a squadra”, “a gregge” e premi per gli espositori dei migliori volatili e delle macchine agricole.” Sembra il paese sei balocchi: premi per tutti e un autentico incoraggiamento a partecipare. Inoltre il Comune si premura di scrivere “I capi devono essere scortati da certificazione sanitaria secondo normativa vigente”. Quando si svolgono questi eventi che coinvolgono animali, gli enti organizzatori, proprio per meglio affrontare eventuali critiche e controlli, rivendicano i ferri del mestiere, cioè certificazioni, leggi e regolamenti che tutelino la regolarità dell’evento e il cosiddetto “benessere animale”, ma è il mestiere a dovere essere messo in discussione perché di benessere animale in simili eventi non ce n’è proprio.
Non bisogna essere esperti di comportamento animale per percepire il disagio che un animale prova nell’essere trattato al pari di una macchina agricola, con la sola differenza che l’animale della fiera finisce la sua vita nell’inferno di un macello mentre alla macchina agricola tocca la rottamazione. E’ indispensabile invertire la tendenza e prendere coscienza che gli animali non sono macchine da esporre, non sono fenomeni da baraccone e non sono ingredienti: sono compagni di vita. Che si tratti di fiere bovine, equine, avicole o di qualsiasi altro tipo, non riesco davvero a comprendere il fascino che possa esercitare sul pubblico l’esposizione di animali legati, incatenati, recintati, ingabbiati. Se provassimo noi umani a trascorre qualche ora in quelle condizioni, forse ci passerebbe quella smania compulsiva di assoggettare ogni creatura non umana al nostro volere. Ciò che mi colpisce particolarmente in questo genere di fiere è il culto della “razza pura” che considero estraneo a una cultura di rispetto degli animali, anche se esso non fosse causa diretta di concreti maltrattamenti. Spesso si promuovono queste fiere come occasioni che servono a far conoscere e tutelare il mondo degli animali, nelle loro “razze pure” ma ciò è contraddittorio poiché questo non rappresenta affatto il mondo naturale degli animali: in natura non esistono le razze pure che invece sono il frutto di una selezione operata dall’uomo nel tempo per soddisfare i propri interessi, siano essi ornamentali o economici.
L’aspetto più inquietante del manifesto è il messaggio ai bambini “I bambini di Incisa sono invitati dagli organizzatori a portare il loro animale domestico. Al termine della manifestazione sarà consegnato loro un piccolo dono”. Oltre a invitare caldamente gli allevatori, ci si rivolge ai bambini, come a dire che la fiera li “educa” fin da piccoli a portare i loro animali-oggetti in fiera e ricevere così un dono in cambio. Credo che gli organizzatori vogliano spacciare per festa degli animali una fiera del bestiame, ma i bambini non meritano un simile messaggio mistificatorio.
Fiera del bestiame a parte, mi riferisco anche alla preparazione dei menù della festa, perché anche a tavola si possono dare segni importanti di cambiamento. Molti appuntamenti enogastronomici hanno preso con successo un’altra strada, quella di dare molto spazio ai cibi vegetali, ma pare che a Incisa Scapaccino la tradizione carnista sia dura a morire con “specialità” come agnolotti, braciolata e fritto misto alla piemontese.
Considerato che il Comune di Incisa Scapaccino concede il patrocinio all’evento, invito il Sindaco Matteo Massimelli a riflettere sull’organizzazione di questa festa soffermandosi su alcuni aspetti etici che riguardano il rispetto degli animali. Mi aspetto che un giovane Sindaco come lui contribuisca a svecchiare quella granitica mentalità specista e antropocentrica che purtroppo basa sullo sfruttamento animale gran parte dei comportamenti sociali.
Forse siamo ancora lontani da una presa di coscienza che rispetti profondamente la vita animale, ma qualcosa sta cambiando perché sempre più persone trovano anacronistici questi appuntamenti che io mi auguro spariscano per sempre e che non considero affatto un vanto per Incisa Scapaccino.
Cordiali saluti.
Paola Re – Tortona (AL)
Delegata del Movimento Antispecista